I significati delle espressioni verbali possono cambiare, e in molti casi va bene così: sono magari figlie del loro tempo, legate ad eventi specifici e si sa, il tempo passa e si evolve come umanità (nel bene o nel male, ancora non ne siamo troppo sicuri). In questo articolo ho pensato di catalogare 5 “cose” che hanno un senso completamente diverso oggi, che siamo tutti immersi nei social network, rispetto a quello che avevano in precedenza – oltre che in maniera molto netta.
Humour nero
Quando si accusano certe battute o vignette di essere pessime, non azzeccate, poco divertenti e “ve la potevate risparmiare“, la classica strategia difensiva prevede l’uso della frase in questione come scudo: è humour nero, noi lo facciamo per farci due risate, non prendeteci sul serio. E non si tratta di una questione di semplice de-responsabilizzazione, in effetti, così come non si risolve la questione appellandosi al “cattivo gusto” (che è il più delle volte soggettivo, ed apre ad un scontro di cattivi gusti che non finirebbe mai). La questione è complessa, perchè non puoi delegittimare il genere e la sua sublimazione (con Billy Hicks, Lenny Bruce e via dicendo), ma non puoi neanche accettare che humour nero diventi un paravento per fare qualsiasi battuta insultante verso chiunque.
Nell’origine lo humour nero era una tecnica comica finissima e da utilizzarsi con cura, attenzione e precisione, non certo un modo per bullizzare il prossimo come è diventata su internet. In un certo senso, quindi, humour nero rischia di non significare quasi più nulla.
Satira
Apriti cielo: ormai qualsiasi cosa è satira, è il paravento per poter dire qualsiasi cosa, è lo scudo del bullo scoordinato che vorrebbe darsi un tono, ed i social hanno consolidato l’uso di questa parola come sinonimo di “battuta“. Poveri noi: in realtà se questo ennesimo travisamento è anti-storico di per sè (e non è il caso di fare una disanima su cosa era davvero la satira, partendo da Lenny Bruce e andando a ritroso), alcuni se ne sono accorti da anni che il termine fosse travisabile, notando come si parlasse di “satira” in molti casi anche da parte del conformismo e del Potere, per darsi un tono e schermarsi. Succedeva anche in Italia, vedi La guerra civile fredda di D. Luttazzi, in parte profetico sulla situazione attuale.
La satira è un genere letterario complesso e dalle mille sfaccettature. La satira autentica nelle opere teatrali, musicali e cinematografiche è spesso talmente raffinata rispetto al gusto medioa che non è neanche agevole, per certo pubblico, accorgersi che esiste o distinguerla da una boutade, da una freddura o addirittura da un semplice insulto.
Post verità
Nella Guida pratica alla post-verità ci eravamo divertiti a delineare molte delle contraddizioni insite nei social, che giustificano l’avvento della soggettività esasperata, del fatto – detta in modo semplice – che se un fatto resta un fatto, io posso “decidere” di vedere un fatto diverso da quello che è.
Sembra un gioco di parole da svitati, ma è ciò che succede con la diffusione conspiracy theories (che dopo aver letto Wu Ming 1 non chiamerei più teorie del complotto, al limite fantasie), terrapiattisti e bastian contrari annessi – con l’affermazione del “difendere le proprie idee“. Per estensione, significa anche polarizzare i pareri sempre e comunque, sentire il dovere di contrapporsi all’altro per forza.
Se la post verità anni fa era riservata solo ai fan più convinti di Donald Trump, oggi ha dilagato a qualsiasi livello nel dibattito pubblico.
Politicamente corretto
Significa improntato al pieno rispetto dell’identità politica, etnica, religiosa, sessuale, sociale, ecc. di altri soggetti, per definizione. Eppure, anche qui, un “bel” mix e ribaltamento etico-sociale è in atto. Anche qui la logica è negazionista, in qualche modo: negli anni ’80 si usava il termine politically correct per biasimare, negli USA, il dilagare di idee di sinistra all’interno dei campus americani (ricorda un bell’articolo di ValigiaBlu). Ed è lì che dilaga e diventa un argomento destrorso da contrapporre, buttato lì, contro il resto del mondo. Basta prendere un campione casuale di titoli che contengono questa espressione per rendersene conto:
Il termine si associa spesso a parole come “vittima”, “imposizioni”, “regime”, dittatura”, “censura”, termini dispregiativi che fanno colpo ed entrano, in certi casi, nel linguaggio anche di persone non di destra. Si entra in un frullatore per l’ennesima volta, un mondo contorto che vorrebbe si cambiasse significato: se un tempo essere politicamente corretti aveva una valenza importanza per conferirsi dignità (quasi a prescindere dalle opinioni politiche), oggi politicamente corretto è trasmutato magicamente, in modo “diagonalista” (da destra a sinistra), in una non meglio identificata rottura di coglioni. Basta leggere una qualsiasi osservazione sul femminismo, ad esempio, per rendersene conto.
Il problema è che, anche qui, internet ha reso il politicamente corretto (più velocemente e subdolamente di quanto l’esportazione del termine non avesse già fatto a suo tempo) un qualcosa di ancora più (falsamente) mostruoso, quasi un impedimento per l’uomo della strada a fare quello che gli pare (e ci mancherebbe altro), mentre quest’ultimo si lamenta “e mma un ze po’ più dì gnente“.
Eppure politicamente corretto significherebbe solo, lo ribadiamo, improntato al pieno rispetto dell’identità politica, etnica, religiosa, sessuale, sociale, ecc. di altri soggetti.
Snuff
Orrore e violenza reali in TV? Nessun problema, purchè a farlo sia qualcuno in cerca di clickbait che faccia parte dei media ufficiali. Ormai gli snuff dei terroristi e i filmati di tragedie di ogni genere vengono snocciolati dai TG e dai giornali come se nulla fosse, e questo ha finito per normalizzare il “genere” anche grazie alla diffusione sempre più coatta degli anfratti del dark web.
Per uno strano meccanismo, poi, la stessa gente che inorridisce pubblicamente per la violenza nelle fiction potrebbe, in molti casi, essere la stessa che manda in tendenza su Google ricerche inequivocabili, dai contenuti parecchio discutibili (non fiction, peraltro).
Storicamente parlando, lo snuff è un genere che non si sapeva nemmeno se esistesse davvero (almeno fino alla storia del macellaio di Montreal); in qualche modo lo snuff era sospeso tra mito e realtà, costituito da filmati “ordinati” da inquietanti ricchi che ordinavano su commissione video con morti e torture reali di esseri umani al loro interno.
Photo by Anne Nygård on Unsplash