Don’t look up: quattro passi spensierati verso l’Apocalisse

Due astronomi scoprono che una cometa di enormi dimensioni è destinata a distruggere ogni forma di vita sulla terra. La presidente degli USA, informata direttamente, si limita a minimizzare il problema.

In breve. Lanciato da una tagline che è tutto un programma (“basato su eventi realmente possibili”)

Il titolo Don’t look up – letteralmente “non alzare lo sguardo” – fa riferimento alle istanze negazioniste annesse alla rivelazione della cometa Dibiasky (dal nome della sua scopritrice), che abbiamo potuto constatare in vari stati mondiali annessi alla pandemia, e che diventa il cavallo di battaglia della parte “minimizzatrice” (o “sottoguardista“) della popolazione. Al giorno d’oggi, del reso, è ovvio che si tratti di istanze estendibili a molti altri ambiti, dal riscaldamento climatico alle pandemie, banalizzate e mai affrontate in modo sostanziale per un’umanità che sembra, ormai, votata ad un’estinzione più che meritata.

Scritto da Adam McKay e David Sirota (e diretto dal primo), si presenta come una satira ben formalizzata della società americana, più interessata all’ennesimo giocattolo tecnologico che alla sopravvivenza della propria specie. Un’umanità tecnologicamente evoluta ma, al tempo stesso, futile e superficiale nella gestione degli eventi, persa nel narcisismo delle proprie convinzioni e abile a minimizzare gli elementi catastrofici, ridicolizzando la scienza e negandone la portata. C’è anche spazio per ridicolizzare le fanta-tecnologie portate avanti dalle startup, senza verificare le fonti, entusiasmandosi per semplici illazioni e ammettendo l’impotenza della scienza di fronte alle decisioni più ottuse. In tutta la tragedia in corso, solo alcuni personaggi avranno tempo e modo di recuperare la propria umanità, e solo pochissimi altri si affideranno ad improbabili calcoli per provare a ripopolare il pianeta.

Il problema è che la storia raccontata dai due scienziati non è ritenuta abbastanza “spettacolare”, o meglio: lo è considerata, ma solo nella misura in cui il personaggio di Di Caprio possa essere sessualizzato sui social come AILF (Astronomer I’d Like to Fuck), oppure la dottoranda possa essere oggetto di meme senza che nessuno badi alla sostanza di quello che ha esplicitato. Oppure, ancora, nella misura in cui uno startupper filo-presidenziale possa strumentalizzare la missione spaziale solo per far crescere il valore delle proprie azioni. La psicologia di base di ogni personaggio, alla lunga, diventa spaventosa quanto significativa, perchè ciò che conta è la convinzione innata di ognuno e non, più semplicemente, la realtà delle cose.

Su questo paradosso, e sull’uso dei social abili ad amplificare ciò che fa comodo al conformismo più mainstream, si fonda l’intera trama di Don’t look up, che riprende ironicamente argomenti tipici della fantascienza apocalittica oltre al classico topos del protagonista incompreso, che afferma una verità inaccettabile per la maggioranza e non viene, ottusamente, creduto da nessuno (basterebbe citare Indipendence Day, Soylent Green e anche Invaders from Mars di Tobe Hooper).

La politica USA, oggetto di satira e amari sarcasmi di ogni genere, si prodiga per agire contro l’arrivo della cometa solo quando gli fa comodo, al fine ad esempio di occultare un caso di cybersex che ha imbarazzato il partito o magnificare un goffo patriottismo di comodo. E a quel punto il tritacarne dei social è già partito: si sparla degli aspetti legati al gossip, della cometa che sarà in grado (secondo il classico settarismo negazionista) di “creare nuovi posti di lavoro“, mentre si avviano varie shitstorm contro la dottoranda da parte di complottisti che “non credono” all’arrivo della cometa. La questione della credenza è in effetti al centro di ogni teoria del complotto mai circolata, a ben vedere, ed è questo che rende, in definitiva, il film estremamente interessante da un punto di vista psicologico e sociologico. A fare da sfondo sono, inoltre, anche le vicende umane dei protagonisti, che non prendono mai il posto della narrazione primaria e si riducono al massimo ad efficaci siparietti.

Noi abbiamo cercato di dirvelo…

La polarizzazione tra pareri (pro-cometa e no-cometa, espresso in italiano dai “sovraguardisti” e dai “sottoguardisti”) a cui si assiste nel film emula un comportamento ben noto sui social, noto da libri come Misinformation, e che consiste in un fenomeno dai tratti inquietanti: sui social network non c’è spazio per le sfumature, conta solo la polarizzazione dei pareri opposti (ogni fatto ha la propria “versione”, positivista e negazionista, in un bias personalistico e narcisista, oltre che completamente avulso dalla realtà) e  in questo processo non ha alcuna importanza la ricerca della verità. La ridefinizione delle priorità umane passa per un impopolare risveglio delle coscienze, per l’inebetimento collettivo indotto dai media, mentre le notifiche push distraggono e addebitano subdolamente costi sulle carte di credito, e la dimensione sessuale e relazionale è tragicamente banalizzata, forse definitivamente.

Leonardo Di Caprio e Jennifer Lawrence interpretano i due astronomi, per un originale (quanto forse, come unico difetto, troppo diluito temporalmente) mix di commedia, fantascienza apocalittica e dramma, assolutamente da non perdere. Con un finale sopra le righe, tra l’altro, che ironizza sulle utopie di rinascita e ripopolamento della terra da parte di (improbabili) nuove generazioni.

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