Tre persone su un treno hanno un destino intrecciato e non ne sanno nulla, fin quando non incontrano un misterioso ipnotista…
In breve. Stivaletti è a suo agio con gli effetti, un po’ meno con intreccio (scritto assieme ad Antonio Tentori) e regia. Pochissimi mezzi, per un film che poteva essere molto meglio; commovente il revival pre-settantiano, ma la sostanza resta poca cosa. Tre episodi non indigesti, ma il risultato lascia lo spettatore a bocca asciutta.
Premessa: a Sergio Stivaletti si deve secondo me un rispetto irrinunciabile, essendo un artista old-school di grande esperienza ed artefice dei trucchi di film mitici (Phenomena e Opera di Argento, ad esempio) nonchè di meno riusciti cult (Maschera di cera, Il fantasma dell’opera o La setta di Soavi). Ma una rondine non fa primavera, e non basta un grande nome per riuscire sempre e comunque nell’intento: del resto, per fare un’analogia musicale, i Five Young Cannibals rimangono piuttosto diversi dai Cannibal Corpse, nonostante le suggestioni splatter che potrebbero entrambi offrire – in apparenza – a chi non li conosce.
Sul fatto che si sia cimentato come regista di questo low-budget in digitale ho avuto qualche perplessità dall’inizio, e la visione del film non ha fatto che confermare i miei dubbi: i difetti si riscontrano essenzialmente nel tipo di attori scelti (problema che storicamente affligge anche Argento) e nella realizzazione delle scene, globalmente poco convincente o se preferite poco credibile, da serie TV di second’ordine. Se invece volessimo focalizzare gli aspetti positivi (che non mancano di certo) oscurando per qualche istante quelli negativi, parlerei di una produzione emula di grossi successi del passato (in fondo, la scuola italian b-movie è sempre stata molto coerente nella tradizione rip-off). Non si può non notare il tocco di classe sugli effetti speciali, punto di forza del film e ai limiti dell’esercizio di stile: tra i migliori effettacci il cervello tagliato a metà ancora pulsante sangue, un po’ di insana chirurgia splatter e la trasformazione di un licantropo (la mitologia di riferimento è – in modo molto originale – quella etrusca). I tre episodi sono “L’anello della luna“, “Dr. Lifting” (forse il migliore dei tre) e “Il guardiano del lago“, collegati in modo insospettabile solo per lo spettatore meno smaliziato, e globalmente troppo poco convinti per poter urlare al miracolo.
Le tre trame ricordano, per fare un esempio recente, quelle dei celebri corti di Romero, Carpenter o Hooper, soprattutto nel secondo episodio delle “donne rifatte” e nell’idea di legare le tre storie con un incontro casuale tra i personaggi, neanche fossimo dentro “Incubi notturni“. Il titolo evoca chiaramente un classico del genere, ovvero il celebre “I tre volti della paura” del grande Mario Bava (e anche “Le cinque chiavi della paura“): tuttavia il paragone per età, contenuti e stile rischia di risultare un azzardo. Idee neanche malaccio nell’insieme, ma molto penalizzate dal tipo di riprese e dalla recitazione per nulla convincente del cast utilizzati: gli attori sono una vera dannazione in questo film, dato che spesso sembrano distratti (!), poco convinti di quello che dicono e finiscono per risultare decisamente fiacchi – per usare un eufemismo.
Meno male che John Phillip Law (il Diabolik di Bava) risolleva la media recitativa, che sarebbe altrimenti davvero surreale. Vaghi sprazzi lovecraftiani nel finale (ma giusto per accenni), e qualche citazione da mero grindhouse – come la ragazza che sfugge al mostro, con tanto di tentata fuga in auto che pare ripresa giusto da Halloween – faranno la gioia forse di un appassionato su dieci, così come il cameo del vero Lamberto Bava, la comparsata di Simonetti in piscina o la gita sul lago che evoca un tale Jason. Ma, come dicevo all’inizio, si sconfina e si sguazza nella prevedibilità, e anche la sorpresa finale convince molto poco. Davvero agghiacciante, per la cronaca, la tagline scelta per il DVD, che recita testuamente “Non aprite le porte dell’inferno“, il che compete con lo stra-cult “Pregateddio di trovare occupato”.
Nella media degli appassionati di horror, e sulla base delle aspettative che si hanno per i nomi in gioco, temo che “I tre volti del terrore” abbia convinto davvero poche persone.
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