Un architetto famoso viene invitato a casa di un uomo, ma una volta conosciuti gli ospiti della sua casa ha la sensazione di averli già incontrati in un proprio sogno. Ascoltando una storia incredibile da ognuno di essi, egli ricostruisce un puzzle di morte dal quale sarà difficile sottrarsi.
In breve: un cult onirico a episodi adatto a qualsiasi amante dell’horror, imperdibile per i suoi contenuti (che sembrano quasi anacronistici per l’epoca) e che ispireranno innumerevoli seguiti, derivazioni e storie terrificanti. Nella media degli episodi, un film che vale la pena conoscere.
Il film è composto da cinque storie parallele, ognuna delle quali corrisponde ad un fatto inspiegabile narrato da uno dei protagonisti, suggestionati dalla sensazione di deja vu dell’architetto. Alla fine il ritratto globale che viene descritto è quello di una sorta di “burattinaio” superiore, che asseconda le volontà delle persone che non possono sfuggire al proprio destino con la loro esclusiva volontà. Le conclusioni della storia, che si ricollegano alla ben nota tematica del sogno premonitore (sfruttata nell’horror tra gli altri da Tobe Hooper), fanno intravedere una spiegazione inquietante ai fatti che sono avvenuti:
“Il vero ed il falso, la realtà e il sogno, il normale e il paranormale, sono tutti figli del disagio che governa l’esistenza di ogni individuo… e regola le aspirazioni e lo conduce verso la sua fine”
Il conducente del carro funebre. Sopravvissuto ad uno spaventoso incidente, il pilota di automobili ha delle incredibili visioni che sembrano preannunciarne la morte. Assecondando le stesse una volta uscito dall’ospedale, l’uomo avrà salva la vita scampando ad un destino avverso.
Il ricevimento natalizio. La ragazza racconta un’incredibile storia avvenuta da piccola: giocando con altri bambini avrebbe incontrato un ragazzino in una stanza, che poi si rivela essere un fantasma ucciso brutalmente dalla sorella. Una storia talmente popolare nell’immaginario collettivo che ha contaminato alcune leggende metropolitane sui fantasmi.
Lo specchio incantato. Si narra di una coppia – in particolare del marito della donna che si dichiara scettica all’inizio – che turba il proprio normale rapporto coniugale a causa di un oggetto regalato (classico stereotipo dell’orrore, un po’ come la macchina da scrivere di Zeder). Nella fattispecie si tratta di un antico specchio che pare aver assorbito tutto il male proveniente dai vecchi proprietari, ovvero un’altra coppia di coniugi il cui marito si era spinto ad uccidere la consorte. Le conseguenze saranno prevedibilmente pericolose per il mite marito della donna, e si richiamano in parte alla “dimensione altra” contenuta nello specchio che, ad esempio, sarà evocata scientificamente da John Carpenter ne “Il signore del male”. Particolarmente evocativi, poi, sono il monologo dell’uomo – che racconta di essere attratto ed al tempo stesso terrorizzato dalla propria immagine riflessa – e la suggestiva scena della donna che non riesce, invece, a “vedersi” in esso.
Una storia di golf. E’ un episodio evidentemente parodico ma, a mio parere, fuori contesto. Si narra di due giocatori di golf che si contendono con una partita una donna: si scopre che il vincitore ha barato, mentre lo sconfitto si suicida tuffandosi nel lago per tornare da fantasma per vendicarsi. Dopo aver spiegato le sue ragioni, pero’, lo spettro non riesce più a tornare nell’aldilà perchè ha dimenticato come farlo: questa insolita circostanza si rivelerà inaspettatamente favorevole ai suoi sogni passionali. I siparietti tra i due potevano risultare pure divertenti per l’epoca ma, come scritto in precedenza, non sono troppo adatti all’atmosfera inquientante del resto.
Il pupazzo vetriloquo. Si tratta dell’episodio più famoso di tutti, e probabilmente anche del migliore dal punto di vista dell’intreccio e dell’interpretazione. La storia è quella di un ventriloquo che ha tentato di uccidere un collega e che sta per essere processato. Il professore scettico si occupa del caso ricostruendo un tipico sdoppiamento di personalità: l’impressione esterna, non chiarita dai fatti, è che il pupazzo sembra vivere una volontà propria, e addirittura pare soggiogare il proprio “burattinaio” ordinandogli cosa fare. Un’eredità, quella dei comuni pupazzi che diventano mostri assassini, che tutta una tradizione di horror di quarant’anni dopo saprà cogliere alla grande – il più delle volte per trovate piuttosto “commerciali” come Bambola assassina.
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