Il trucido e lo sbirro: Umberto Lenzi alla regia, tra violenza e sarcasmo

Camilla è una ragazzina che deve essere operata, e che viene rapita da un gruppo di gangster intenzionati a chiedere un riscatto al ricco genitore.

In breve. Cult immancabile nella collezione di qualsiasi appassionato di poliziesco all’italiana; un taglio inconfondibile che, col tempo, avrebbe fatto scuola.

Il tema dell’alleanza tra bene e male, ovvero tra un ladruncolo (non uno qualsiasi, ma uno di una città criminale, romanzata da decine di film dell’epoca) ed un poliziotto che usa metodi propri per fare giustizia, è un leitmotiv di buona parte del cinema americano. Un tema tutt’altro che nuovo che è solitamente relegato alle grandi distribuzioni estere, e che in realtà esiste (ed è esistito) anche in Italia. Grande è, peraltro, l’ironia con cui l’improbabile alleanza tra lo sbirro che cerca, con metodo non convenzionali, di salvare una bambina rapita ed un gruppo di rapinatori traditi dal loro capo: nonostante vari momenti di tensione “Il trucido e lo sbirro” è caratterizzato anzitutto da una forte vena sarcastica, che sottolinea le contraddizioni della società italiana e ne esalta l’esasperata violenza dell’epoca.

Certo è che – nonostante alcuni limiti e qualche forzatura – molte parti del film delineano, tutto sommato, un incalzante sequela di avvenimenti, oltre a presentare personaggi caratterizzati ed azzeccatissimi: a partire dalla splendida Nicoletta Machiavelli nella parte della compagna di Henry Silva (non più il poliziotto cinico di “Milano odia…” bensì il boss che ha sequestrato la ragazzina) a finire al mito assoluto di Milian, “Er monnezza” – che sa mostrare la sua parte “buona”, dotato di un’etica da anti-eroe che non si smentisce mai. A livello di intreccio, inoltre, il film si configura come una sorta di western moderno, tant’è che si apre con un film di questo tipo che viene visto dai galeotti di Regina Coeli. E anche se Monnezza compare sostanzialmente in questo ed in un’altro film nella sua idea originale (di Dardano Sacchetti, sceneggiatore anche di molti film di Fulci), il pubblico identificherà erroneamente (e per molti anni) anche il poliziotto Nico Giraldi (ancora una volta, Thomas Milian) nel medesimo personaggio.

Il trucido e lo sbirro“, primo episodio della nota saga del ladruncolo borgataro, dall’inconfondibile parlata romanesca, è un cult assoluto nella storia del cinema di genere, qui delineato per la prima volta. Il successo del film, certo non stellare e riservato agli adepti-cultuali del genere, si deve essenzialmente ad una solida interpretazione da parte di tutti i protagonisti, ad una regia che è una garanzia oltre che allo svilupparsi incalzante, cinico e ben bilanciato della trama. Certamente uno dei migliori tributi al poliziesco all’italiana, con un finale meno scuro del solito, e che fa (aspetto quasi incredibile in questo genere) addirittura sorridere.

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