Le cronache dei morti viventi: l’horror mockumentary modello Cloverfield di George Romero

I morti si risvegliano improvvisamente, ed uno studente di cinema coglie l’occasione per filmare tutto quello che vedono: ne esce fuori un mockumentary a tema morti viventi inaspettatamente divertente, cupo, originale e fuori dal coro.

In breve. Una discreta opera horror, per un regista che aveva ancora qualcosa da dire.

“La bella notizia è che lei ha vinto un milione di dollari, quella cattiva è che domani si risveglierà un morto!”

Jason è il regista protagonista di questo nuovo film di Romero, in una sorta di gioco meta-cinematografico girato in stile “The Blair Witch Project” (uno degli esperimenti meglio scopiazzati dal cinema di genere italiano, estremamente debitore di “Cannibal Holocaust” di Ruggero Deodato): ovviamente molti anni sono trascorsi da entrambe le due pellicole citate, ed il tutto è stato ottimizzato sia a livello visivo che scenografico. Il nome di George Romero compare soltanto alla fine, poichè quello che stiamo per vedere deve passare esclusivamente come il film di un giovane studente di cinema, improvvisato cineasta di una realtà orribile (quella degli uomini che ci cibano di altri simili). In certa misura, quindi, Romero ha scelto la strada del mockumentary alla Cloverfield: riprende sempre in soggettiva saccheggi, crudeltà e sadismo  con una videocamera amatoriale, alimentando la consueta ossessione naive del Grande Fratello televisivo di riprendere tutto (Deodato, come detto poc’anzi, espresse tale malessere da “società dello spettacolo” già molti anni prima). Come già avvenuto per [REC] di Balaguerò, il risultato romeriano è superiore alla norma anche solo per la qualità delle riprese, tutt’altro che amatoriali o raffazzonate o troppo traballanti; permane pero’ quell’effetto da “video amatoriale”, che forse farà storcere il naso ai fan degli horror più tradizionali anche per via di una specie di aria “da videogioco” che sembra pervadere l’intera pellicola (paradossalmente i vari Resident Evil non fanno che ispirarsi alle idee di George Romero…).

Si chiama sciacallaggio! – No signora… si chiama sopravvivenza!

Un gruppo di studenti di cinema, assieme ad un loro professore, assiste all’invasione di zombie sulla terra: è questa in definitiva l’idea di Romero per questo nuovo capitolo della sua saga sui non-morti. Ed è subito una brutale lotta per la sopravvivenza, nella quale il meglio dei film precedenti del celebre regista viene riproposto in chiave moderna, senza autocompiacimento o autocelebrazioni ma col cuore, con tutta l’anima e naturalmente con il consueto sottotesto sociale. I personaggi positivi sono sempre gli emarginati, gli oppressi, gli indifesi, mentre l’attacco è questa volta rivolto alla superficialità dei media oltre che, in qualche misura, all’utilizzo dello strumento internet come fattore spersonalizzante e – a suo modo – anch’esso oppressivo. Nulla di nuovo sotto il sole, dunque, ma il film si assesta su una sostanziale longevità di fondo, e questo nonostante un genere piuttosto “fermo” da quarant’anni, che mostra comunque un George Romero incredibilmente lucido ed in forma, per quanto le sue scelte – su tutte quella di voler filmare tutto o quasi in modalità reality-show – non risulteranno condivisibili da tutti.
E’ strano come guardando le cose, vedendole attraverso una lente, o un vetro, magari colorato di rosa oppure annerito, alla fine diventi… immune. Dovresti essere coinvolto, ma non lo sei. Pensavo la cosa valesse solo per voi che guardate, ma non è così. Vale anche per noi, quelli che riprendono le scene. Siamo diventati immuni anche noi. Vaccinati. Cosicchè qualunque cosa accada attorno a noi, non importa quanto orribile, noi tiriamo dritto e basta.

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