Motorpsycho!: donne, motori e road movie

Tre motociclisti vagano in California alla ricerca di coppiette da aggredire: sono il silenzioso Brahmin (reduce del Vietnam), il narcisista Dante e l’esaltato Slick. Dopo qualche tempo le loro storie si incrociano con quelle di alcune loro vittime sopravvissute…

In breve: un road-movie in bianco e nero, forse non eccezionale ma semplice e diretto. La componente erotica, consueta dei film di Mayer, cede qui il passo ad un thriller classico, con vari spunti che anticipano celebri pellicole a seguire.

Anticipando Easy Rider di qualche anno, e puntando più alla spettacolarizzazione del contenuto piuttosto che ai suoi risvolti sociali, Mayer realizza un buon film artigianale, girato quasi tutto in esterni desertici, sporchi e polverosi. Se è vero che molte scene richiamano pellicole cult – un esempio su tutti: lo stupro di Arancia Meccanica –  bisogna riconoscere che la trama è quella di un road movie puro, e dopo averlo rivisto la mia sensazione è che sia stata la principale ispirazione del recente “Grindhouse – A prova di morte” di Quentin Tarantino. In effetti la storia dei motociclisti di per sè è solo collaterale, in quanto l’elemento preponderante non è tanto la motocicletta quanto il motore stesso, lo strumento che permette il “mordi e fuggi” che permea l’intera pellicola.

Anche se il film non è troppo incisivo nel suo incedere, è essenziale per comprendere i punti di contatto con il cinema alla Pulp Fiction: la sensazione è che la storia sia quasi indotta dal destino, e che gli attori siano delle semplici marionette che si comportano di conseguenza e si difendono come possono. Quel destino che, con la stessa probabilità, è capace di farti incontrare una donna bellissima con cui avere un’avventura quanto un maniaco criminale che ti uccide senza una ragione. Mayer dimostra di essere un regista di culto a ragione, non tanto perchè citato spasmodicamente un po’ da chiunque negli anni a seguire, quanto per il suo evidente nichilismo, per la soppressione degli elementi non essenziali, per il suo richiamarsi ad un cinema che aveva un senso anche per il tipo di donne che lo interpretavano: mi riferisco chiaramente alla prorompente Ruby Bonner (interpretata da Haji- Baby Girl Downes), che Mayer sfrutterà – tra l’altro – nel celebre Faster Pussycat.

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