Hong Kong; la polizia indaga sull’omicidio di un notissimo cantante, padre possessivo e geloso della propria figlia. Sembrerebbe che il responsabile sia un criminale muto appena uscito di galera sulla parola, ma la verità emerge fuori in modo alquanto inatteso…
In breve. Grande prova di cinema thriller con la giusta dose di azione, senza eccessi nè nell’uno nè nell’altro e con uno script intricato e altrettanto solido. Sebbene non sia particolarmente eclatante la doppia sorpresa finale (quantomeno per lo spettatore “navigato”), Nightfall lascia veramente il segno: ed è un solco del tutto positivo.
Appena proiettato al Far East Film Festival di Udine, “Nightfall” si presenta come un thriller piuttosto ordinario dai risvolti decisamente imprevedibili: in esso si narra la storia di un’indagine su un caso di omicidio, apparentemente intentato da un criminale appena uscito dal carcere ai danni dell’odiato padre di una delle sue vittime. Giocando sapientemente con richiami suggestivi e violenti – specie nella spettacolare sequenza iniziale: una lotta che riprende l’omologa sequenza nella sauna del cronenberghiano La promessa dell’assassino – il regista Roy è riuscito a mettere insieme un puzzle di grande livello, che avvince, soddisfa e riesce addirittura a commuovere nel finale senza risultare per questo vuotamente sentimentalistico. Un lavoro di gran classe, che riprende il tema della vendetta ultra-decennale – già tema, ad esempio, di Old Boy – e ne costituisce una validissima variazione sul tema. Sebbene molti personaggi siano costruiti su calchi ben noti – vedi, ad esempio, la squadra di polizia che ricorda una sorta di CSI orientale – rimangono scolpite nella memoria dello spettatore sia la figura del poliziotto dal volto umano che quella del galeotto, muto e silenzione come si addice ad una sorta di guerriero-asceta.
Nightfall, per questi e numerosi altri dettagli, e per la sua capacità di rielaborare temi classici senza annoiare o riciclare, diventa così un film da non perdere per nessun motivo.