Digressioni

L’appartamento numero 1 (Creepypasta)

Nascosto in un glitch di strada di una cittadina italiana, c’era un edificio che sembrava esistere fuori dal tempo, come se qualcuno avesse dimenticato di aggiornare il suo codice. Tre piani di mattoni consunti, ogni fessura una riga di un linguaggio antico, compilato con errori che nessuno aveva mai corretto. Al centro, l’appartamento numero 1. Il suo nome rimbalzava nei thread locali, nei forum sotterranei, nei racconti scambiati nei bar con sguardi sfuggenti. Chiunque avesse abitato lì ne usciva… diverso.

Marco e Sofia erano il tipo di persone che non credevano alle storie. «Solo bug nella matrice della superstizione», diceva Marco, con la sua mentalità da programmatore. Lei rideva, ma nei suoi occhi si accendeva una scintilla di cautela. Presero l’appartamento. La serratura scattò con un suono che non sembrava meccanico, ma biologico. Dentro, il Wi-Fi andava e veniva, come se qualcuno intercettasse i pacchetti di dati prima di restituirli mutilati. Le prime settimane furono normali. Poi, i processi in background iniziarono a consumare troppe risorse.

Marco si immerse nel lavoro, codice dopo codice, righe infinite che si accavallavano nella sua mente anche a occhi chiusi. Sofia, invece, iniziò a isolarsi, a guardare il monitor spento per ore, come se qualcosa le rispondesse. I vicini notarono il glitch nella loro routine. Le luci lampeggiavano a intermittenza, come se qualcuno eseguisse una scansione della realtà. Di notte, sussurri emergevano dai muri, pacchetti di suoni corrotti che formavano parole senza sintassi.

Poi, il vicino curioso. Un tipo prudente, ma curioso. Sfruttò un momento di assenza della coppia per forzare la porta. Dentro, le pareti erano un dump di dati impazziti: parole scritte ovunque, stringhe di codice che sembravano non avere senso, ma che, lette nella giusta sequenza, evocavano qualcosa di sbagliato. Al centro della stanza, un’unica immagine: Marco e Sofia, ma i loro volti non erano più umani. Gli occhi erano neri, pozzi di un errore di sistema, finestre aperte su qualcosa che non doveva essere visto.

Il giorno dopo, l’appartamento era vuoto. Nessun segno di Marco e Sofia. La loro presenza cancellata come un file corrotto. Gli hard disk dei loro PC erano formattati. Nessuna traccia nei log del condominio, nessun segno nei backup della memoria collettiva della città.

Ma ogni tanto, nei server DNS della zona, appare un indirizzo sconosciuto, un pacchetto dati fuori posto. E se qualcuno lo apre, se qualcuno segue la traccia di quel link spezzato, la connessione si chiude improvvisamente. E nel riflesso dello schermo spento, per un istante, ci sono due figure con gli occhi vuoti che guardano indietro.

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