Oscar Insanguinato: una metafora sul mondo del teatro e dello spettacolo

Lionheart, attore delle principali opere di Shakespeare, decide di prendersi una feroce vendetta nei confronti della critica che l’ha stroncato…

In breve. Cult del terrore anni ’70, con un Vincent Price particolarmente ispirato. Un classico del genere condito della giusta dose di ironia: da non perdere.

Considerato da molti un eccellente esempio di equilibrio tra horror girato alla perfezione e gusti del grande pubblico, è un film a cui bisogna premettere, prima di qualsiasi altra cosa, la superba interpretazione di Vincent Price, uno dei migliori attori del genere di sempre, per quanto la sua interpretazione abbia notevoli punti di contatto con un altro cult quale L’abominevole dottor Phibes.

Oscar Insanguinato (traduzione approssimativa per Theatre of Blood, “teatro di sangue”, un titolo che per una volta avrebbe reso meglio letteralmente) del regista Hickox è un horror inglese nel senso più classico del termine, in grado di conciliare l’inconfondibile stile attoriale degli interpreti (costantemente teatrale) con una storia cruenta fatta di omicidi sempre più fantasiosi. Lionheart è il folle protagonista della storia, interpretato da un Price in grandissima forma (forse all’apice della propria carriera) in grado di creare un personaggio dalla molteplice identità, in grado di camuffarsi nelle maniere più diverse come si addice, del resto, all’impersonare un attore di teatro classico, vittima del proprio stesso istrionismo ed appassionato di Shakespeare. In questo, le opere del Bardo vengono esaltate nei suoi aspetti più cruenti, passando per le opere che ne hanno formato la fama nei secoli: Re Lear, Otello, Giulio Cesare, Cimbelino, Enrico VI, Troilo e Cressida, Riccardo III e Tito Andronico. L’ambientazione parte in un vero teatro del primo Novecento, il Putney Hippodrome, già all’epoca del film abbandonato, e si declina in vari frammenti delle succitate opere, in cui è sorprendente riscontrare una coerente lettura in chiave puramente horror.

Che il personaggio di Lionheart abbia qualcosa di allegorico dovrebbe poi essere scontato, in quanto finisce da fare da feroce contrappasso alla critica teatrale, risaputamente brutale nelle proprie valutazioni. Non si può fare a meno di notare che anche un capolavoro del genere non sia, a bene vedere, esente completamente da difetti, dato che la trama è uno scheda predefinito in cui i delitti devono succedere e basta, anche a costo di qualche forzatura sulla logica e sulla ragionevolezza (e le immancabili ingenuità delle vittime). Del resto, in termini di ritmo, ambientazione e contenuti, siamo al cospetto di uno dei migliori cult horror di tutti i tempi, in cui i personaggi interpretano un intreccio in perfetto bilico tra la realtà e la finzione, vivendo le proprie vite in funzione delle trame di Shakespeare ed esaltandone gli aspetti più cruenti. In questo, Oscar Insanguinato non perde mai la propria vena di black humour e ironia inglese, senza per questo svuotare di significato la duplice figura del protagonista, romantico idealista quanto feroce killer incompreso dalla critica.

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