Unsolved Mysteries racconta i misteri più inspiegabili degli ultimi anni

In prima istanza Unsolved Mysteries, il programma dedicato ai cold case (casi irrisolti o delitti insoluti) con una lunga tradizione – e rieusumato per un totale di 12 nuovi episodi su Netflix – cattura l’attenzione e si fa notare per la sua compatezza narrativa. Se è vero, infatti, che i casi trattati sono mediamente accattivanti – ed effettivamente dalla spiegazione misteriosa o poco plausibile, in questo gioca la parte del leone la scelta dell’episodio pilota, incentrato su un caso di omicidio o suicidio dai tratti clamorosi. Quasi sempre i protagonisti delle storie – legate spesso a fatti di cronaca – sono totalmente insospettabili, uno di noi, uno qualunque.

L’episodio presente varie teorie più o meno plausibili in merito, sfruttando lo stesso meccanismo tipico dei gialli a camera chiusa (per esclusione, una delle ipotesi sarà per forza la verità), i quali pero’, ovviamente, non conducono mai ad una risposta certa ai quesiti sollevati. Risposta che lascia rigorosamente il pubblico in sospeso ad ogni episodio, coprendo una quantità di casi differenti davvero notevole e, a mio parere, scelta con discreta cura: si parla di persone scomparse, omicidi fatti passare per suicidi, rapimenti alieni e via dicendo.

Se per certi versi il tono è lineare e composto, spesso si esaspera leggermente delle testimonianze delle persone coinvolte nei casi e dei rispettivi familiari, il che spinge da un lato verso un tono inutilmente lacrimoso e, dall’altro, alimenta una forma di complottismo abbastanza tipico, se vogliamo, in queste circostanze. È un po’ quello che avviene in Extraordinary Beliefs, quando si parla della storia di Bob Lazar, considerato una sorta di istituzione nell’ambito ufologico da alcuni. Ma in Unsolved Mysteries, oserei scrivere per fortuna, il tono è molto più razionale e gli episodi narrati parlano di reali fatti di cronaca, per quanto non sempre attendibili o documentati al 100%. Un aspetto curioso che alimenta il senso di tensione sulla verità, peraltro, è che ogni episodio finisce con i recapiti del programma affinchè il pubblico possa fare le proprie segnalazioni. Non osiamo immaginare cosa ricevano ogni giorno via email in redazione, effettivamente, e quanto questo aspetto possa essere funzionare a fare branding del sito o, magari, a fornire realmente indizi utili.

Abbiamo visto un paio di episodi a campione, a riguardo: quello di Rey Rivera, ad esempio, è uno dei più accattivanti ed incredibili, ed infatti è stato scelto (credo non a caso, a questo punto) come pilota. L’uomo lavorava per una multinazionale finanziaria come autore delle newsletter aziendali, ed improvvisamente scompare, dopo essere uscito in tutta fretta in seguito ad una telefonata. Viene ritrovato nello sgabuzzino all’ultimo piano di un hotel, dopo essere precipitato evidentemente dall’altro e spingendo la polizia a parlare di suicidio. La spiegazione pero’ viene fortemente messa in discussione, orientando il pubblico verso possibilità ulteriori tra cui, ad esempio, un suo coinvolgimento nella massoneria oppure, ancora, una vendetta da parte di qualcuno vicino a lui lavorativamente e/o incidentalmente.

Altro passaggio considerevole è quello del caso di una parrucchiera, scomparsa nei 13 minuti che danno il titolo all’episodio e poi ritrovata 600 giorni dopo in un bosco: i sospetti vanno in questo caso prevalentemente sul marito di lei, considerato vagamente geloso, oppure si prova ad attribuire la responsabilità ad un paio di noti serial killer, senza  che la prova definitiva possa mai essere messa agli atti. Stesso discorso vale anche per un caso di presunti rapimenti alieni collettivi avvenuti nello stesso momento, sempre negli USA, di cui molte persone parlano e di cui, tuttavia, non si trova traccia nelle cronache locale nè nel registro della polizia.In ultimo, impossibile non segnalare il caso del Massacro di Nantes, uno dei casi più clamorosi ed intricati sul quale, come sempre, per quanto esista un sospettato non è nettamente chiaro se lo sia davvero, se nel frattempo sia eventualmente morto anche lui e se il caso (del 2011) possa ad oggi considerarsi chiuso o meno.

In questa situazione, peraltro, come spesso accade nelle docufiction, c’è una costante legata alla contrapposizione tra chi ha indagato per lavoro sui casi (la polizia) e chi non sembra credere alla versione ufficiale, quasi adombrando il sospetto che la famigerata “ggente“, a volte, ne sappia più di chiunque altro. Se non altro, il tono della narrazione è quasi interamente giornalistico, e questo permette di mantenere il plot ancorato alla realtà, requisito fondamentale per non degenerare in forme pseudo-giornalistiche purtroppo molto in voga anche in Italia. Cosa che Unsolved Mysteries onestamente non fa, intendiamoci, ma alla lunga risulta quasi irritante constatare come le testimonianze siano in certi casi pretenziose nelle conclusioni, sulla falsariga di filosofie semplicistico-popolari della serie: “non farebbe mai una cosa del genere (un omicidio, un suicidio, ecc.), perchè andava sempre a messa“, o magari “è della polizia, non può sicuramente mentire“, “per me era una brava persona” e via dicendo. Insomma, neanche fossimo al cospetto di certe dichiarazioni sgangherate a cui spesso si da’ spazio nei TG nazionali: l’imprevisto sembra non essere contemplato, in nessun caso, e per una serie di indagine non è il massimo – per quanto sia uno dei pochi difetti che ci sentiamo di rilevare.

Unsolved mysteries è una serie estremamente orientata sul senso di sospensione, e probabilmente piacerà soprattutto al pubblico avvezzo a dare la propria interpretazione ai fatti, come una sorta di detective a distanza. Le ricostruzioni dei fatti, per mezzo di attori somiglianti e in alcuni casi mediante filmati autentici di repertorio (confessioni di veri serial killer, ad esempio) è in genere coerente con la narrazione, che pero’ nello sforzo di sembrare autentica ad ogni costo rischia di sconfinare nell’irrealistico o nel complottismo. In questo senso, diciamo, rileviamo la pecca di fondo della docuserie, che rimane comunque al di sopra della media e perfettamente godibile dei più, a differenza di molti altri prodotti analoghi molto più anonimi o peggio, concettualmente orientati a chi sia propendo a credere nelle macchinazioni e nelle teorie del complotto.

La 15 stagione, di 12 episodi, è stata presentata per la prima volta il 1 luglio 2020 È approdata su Netflix il 1° Luglio la docuserie Unsolved Mysteries. è andato inizialmente in onda dal lontano 1987 al 2010 su vari canali (NBC, CBS, Lifetime, Spike TV), ed il suo gusto per le teorie dell’irrisolto è rimasto quasi del tutto intatto. A differenza dell’epoca, tuttavia, resta il fatto che sia molto più facile documentarsi ad oggi, per cui l’alone di mistero ha finito per essere rarefatto dalla possibilità di cercare nomi e luoghi su Google per verificare da soli come stiano realmente le cose. Pur sconfinando in un vago sensazionalismo in alcuni casi (alcune interviste ad amici e parenti delle vittime, pur essendo sostanzialmente autentiche, sembrano viziate da convinzioni personali non sempre surrogate dalla realtà: ma questo, chiaramente, è per certi versi anche comprensibile) i misteri irrisolti continuano ad infittirsi, ed affascinano lo spettatore con grande compattezza ed una narrazione da cui è impossibile non rimanere affascinati.

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