“The front line” è un film di guerra che riguarda la tragedia della guerra coreana degli anni 50 vista attraverso il filtro stilistico dei classici del passato (probabilmente Platoon su tutti): una contrapposizione, quella rappresentata da Jang Hun, tra nordisti e sudisti che si rivela, col trascorrere dell’intreccio, decisamente meno marcata di quanto possa sembrare. Questo nonostante il punto di vista della pellicola sia sostanzialmente orientato in qualche modo “dalla parte” dei sudisti, veri protagonisti della vicenda e tutti splendidamente caratterizzati (soprattutto dal punto di vista umano), con qualche sprazzo molto crudo dedicato al ferocissimo cecchino al femminile dell’esercito comunista.
La vera tragedia rappresentata in “The Front Line” è, alla fine, annessa al fatto che i due eserciti sono entrambi manipolati dai rispettivi governi, e sono in realtà più simili di quanto possa sembrare – vedi, ad esempio, la scena in cui entrambi intonano la stessa, nostalgica, canzone. La collina occupata dai due schieramenti a fasi alterne, in attesa di una resa che arriverà soltanto tre anni dopo e che viene continuamente richiamata come se fosse imminente, da’ inizio ad una fase inaspettata: infatti i due eserciti inizieranno a scambiarsi regali (tra cui del rarissimo vino) all’interno di una cassetta di legno sepolta sempre nello stesso punto. Tale punto di congiunzione fa sì che si delinei, agli occhi dello spettatore, una trama dalle caratteristiche molto curate, con una fotografia spesso alquanto cruenta e altrettanto incisiva e indelebile nella memoria dello spettatore.
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