The Butterfly Room: uno dei migliori horror degli ultimi anni

Ann (interpretata da Barbara Steele) è una madre possessiva ed autoritaria che maltratta la giovane figlia adolescente: la sua “camera delle farfalle”, autentica ossessione che cerca di trasmettere alla giovane, sembra custodire un segreto terrificante…

In breve. Un capolavoro: rielaborando con stile gli stereotipi del cinema di genere anni 70/80, Zarantonello realizza un saggio dell’orrore notevole, ricco di emotività, mai prevedibile e con un cast da brividi (Heather Langenkamp, Camille Keaton, Barbara Steele, Julia Putnam). Il risultato è un film che resta impresso nella memoria, e sorprende per stile e contenuti.

Un film con la Langenkamp (l’avversaria par excellence di Freddy Krueger), la Keaton (Non violentate Jennifer, uno dei peggiori titoli mai scelti quando, probabilmente, andava benissimo I spit on your grave) e la statuaria Barbara Steele (l’indimenticabile protagonista del capolavoro La maschera del demonio) è certamente un invito a nozze per qualsiasi appassionato di cinema del terrore: se a questo si aggiunge una regia solida e convincente, non ci sono dubbi che la missione sia stata compiuta, programmaticamente, nel migliore dei modi. Zarantonello, italiano artefice di una pellicola che è rimasta scolpita nell’immaginario cult-trash (il film  amatoriale venduto alla Troma Medley), potrebbe far sospettare di aver girato l’ennesimo lavoro programmaticamente di bassa qualità: non è così, i contenuti sono invece quelli di un lavoro di cui – secondo il mio parere – si parlerà molto in questi anni, magari assieme all’interessantissimo Sinister ed a Smiley. La storia, scritta dallo stesso regista, è molto interessante dal punto di vista narrativo, e vive su un montaggio non ordinato temporalmente, e mai caotico, il quale finisce per essere il vero punto di forza del tutto. Il personaggio di Ann, del resto, tanto moralista e chiusa in se stessa quanto aggressiva ed irrazionale, paragonabile alla feroce Annie Wilkes di Misery, serve a conferire l’ulteriore autorevolezza a “The Butterfly Room“, opera di un regista classe 1979 che mostra di conoscere il genere e di saperci fare sul serio.

Rappresentando – proprio come nell’horror americano anni 70/80 – l’orrore della “normalità” di tante famiglie medie, Zarantonello mostra ragazzine educatissime ed irreprensibili che si “vendono” come “pseudo-figlie” a donne benestanti, giusto perchè non possono averne oppure hanno perso la propria prole. Al tempo stesso escono fuori vari tipi, tutti ben caratterizzati e perfettamente interpreati, che ognuno potrebbe aver conosciuto (la vicina di casa libertina, la donna incapace di provare amore, quella moralista e velatamente razzista e così via). Un meccanismo che cattura il pubblico proprio perchè sa trasmettere il senso di disperazione e di solitudine (non solo) di Ann, e che stritola emotivamente lo spettatore mostrando un “mercato nero”, per certi versi, quasi più feroce di quello di Hostel. Una serie di accorgimenti di sorta rendono poi il film pienamente godibile dalla prima all’ultima scena, e questo perchè non ci sono fronzoli, si arriva subito al dunque, si toglie di mezzo la roba di scarto e si consegnano allo spettatore tensione, climax imprevedibili, sorprese e colpi di scena degni del miglior Argento. Aspetti valorizzati grandemente da un montaggio da manuale che, se fosse stato più lineare, avrebbe addirittura indebolito la potenza de “La stanza delle farfalle“: uno dei migliori horror degli ultimi anni, capace di indagare con intelligenza sulla conflittualità madre-figli senza pesantezza, senza eccessi gore e senza mai degenerare in stereotipi o banalità.

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