Vatican Girl: la scomparsa di Emanuela Orlandi in una serie Netflix


Il 22 giugno 1983 scompare a Roma Emanuela Orlandi, nazionalità vaticana e figlia di Ercole Orlandi, commesso della Prefettura della casa pontificia, residente a San Pietro con la famiglia. Le circostanze sono misteriose: le indagini proseguono tra mille dettagli contraddittori e nessuno saprà mai che fine abbia fatto, almeno al momento in cui scriviamo. A quanto pare la ragazza aveva telefonato a casa poco prima di dileguarsi, di rientro dalle lezioni di musica, riferendo di un misterioso dipendente della Avon, una ditta di cosmetici, che le avrebbe proposto un lavoro retribuito. Di lì in poi è un susseguirsi di indagini, sospetti e mezze verità, che partono dalla possibilità di un sequestro non troppo ben organizzato fino a coinvolgere il caso del banchiere Calvi, il KGB, l’attentato a Giovanni Paolo II, la banda della Magliana e/o un potenziale caso di pedofilia. Il caso Orlandi terrà banco nelle cronache per quasi quaranta anni fino ad oggi, senza che si sia riusciti a trovare una risposta alla scomparsa, senza mai trovare prove sicure di ciò che le è realmente capitato.

Vatican Girl è un prodotto internazionale pensato per quel mercato, dato che molto di ciò che vi si racconta potebbe evocare ricordi noti nello spettatore italiano di una certa età; di sicuro riporta abilmente alla luce questa inquietante storia contemporanea,  decisamente permeata nell’inconscio collettivo nostrano. In qualche modo, in effetti, il caso della Orlandi materializza le paure genitoriali nella dimensione più angosciosa (un figlio che sparisce da un giorno all’altro senza mai ridefinire il proprio status vivente), che è poi la dimensione dei significanti che cambiano in base al soggetto – un modo tecnico per evidenziare come le tante teorie sulla vicenda siano, con qualche eccezione localizzata, egualmente credibili, fino a diventare soggettive. Il che ovviamente per un’indagine di cronaca rasenta il paradosso, che poi è lo stesso de La lettera rubata, il celebre racconto del 1845 firmato Edgar Allan Poe, incentrato su una lettera che nessuno trova, nonostante le indagini accanite e per quanto sia nascosta nel posto più ovvio.

Quel racconto potrebbe a nostro avviso una chiave di lettura della vicenda interessante, a patto che si rigetti  la sua interpretazione più naive: non si tratta solo di constatare che il modo più efficace per nascondere una cosa sia quello di metterla bene in evidenza in mezzo ad altre simili, come vorrebbe la teoria secondo cui la ragazza non sarebbe più in vita e sarebbe stata sepolta nell’unico luogo possibile, in un cimitero vaticano. Si tratta di evidenziare come il caso rappresenti una delle “lettere rubate” su cui l’opinione pubblica si interroga da decenni, con tanto di manifestazioni periodiche sistematicamente irrisolte, sulle quale l’unico lavorio che sia valido, in mancanza di ulteriori rivelazioni (sulle quale scommettiamo, prima o poi), sia quello di decidere quale versione della storia ci convinca (o ci “piaccia”) di più.

Il caso di Emanuela Orlandi nasce (e probabilmente muore) nel Vaticano stesso, poco interessato e poco collaborativo da sempre, in materia, come ribadito dal lavoro più volte – documentario che cita en passant, in modo tutt’altro che incidentale, come il Vaticano abbia risposto picche alle richieste della produzione di partecipare alle interviste. La narrazione cronachistica è efficace e accattivante, nonostante la lunghezza non banale; per come viene presentato in questa docuserie il tutto assume, perlopiù, i toni della ricostruzione televisiva, non tanto una vera e propria indagine ex novo. Il tono è uno di quelli anti-dolaniani per eccellenza: il rasoio di Occam sembra, per assurdo, non funzionare. Non basta scegliere la storia più semplice, a parità di altri fattori, anche perchè non è agevole stabilire quale lo sia. Non è abbastanza eliminare l’impossibile per pervenire alla verità: eliminato l’impossibile ciò che ne resta sono, nel caso della Orlandi, più di una possibile verità.

Diretto da Mark Lewis (produzione con la durata complessiva di circa tre ore e mezza in quattro episodi), Vatican Girl è la storia accattivante e ben realizzata della scomparsa della ragazza, insinuando il potenziale coinvolgimento, a vari livelli, del Vaticano e ricca di interviste che seminano dubbi e si dilettano a costruire teorie più o meno plausibili. Gran parte del documentario è doppiato in italiano (con alcune parti in lingua originale) e risulta piuttosto intricato, data la complessità dei temi trattati ed i vari livelli sotto-narrativi ispirati a scandali realmente avvenuti: da Vatileaks al caso di Calvi, passando per le attività della banda della Magliana e l’educazione rigidamente cattolica che avrebbe impedito alla vittima, secondo un’amica anonima dell’epoca, di essere credibile nel denunciare di essere in pericolo (con riferimento all’ennesima teoria che vedrebbe una ennesima storia di pedofilia nel Vaticano, con la ragazza come vittima).

Nella volontà di analizzare tutte le tantissime possibilità tipicamente tirate in ballo, la docufiction si attarda su lunghi panorami romani, quasi sempre mediante riprese aeree e di Google Earth, per poi spezzattare e montare abilmente la cronaca dell’epoca, con filmati e registrazioni autentiche. Una storia che si protrae da quasi 40 anni, che si presta a fin troppe interpretazioni: tanto è vero che molte testimonianze si rivelano fake e non sembrano reggere alla prova del rasoio di Occam di cui sopra. La Orlandi sparisce nel nulla, senza preavviso e da un giorno all’altro, senza informazioni ufficiali mai trapelate sul fatto che sia viva o morta: non sappiamo se risieda ancora in Italia nè se, come sospettato in un passaggio specifico, abbia vissuto fino agli anni novanta in un college femminile londinese.

La vera storia della scomparsa di Emanuela Orlandi, del resto, si colloca nel contesto di un altro rapimento misterioso, avvenuto poco prima del suo: quello di Mirella Gregori, citata in un passaggio della serie e al centro di un potenziale scambio di ostaggi, a quanto pare nell’ambito di complesse situazioni politiche ricollegate, tra gli altri, al caso dell’attentatore al papa, Ale Agca. Ampio spazio è dedicato poi alla figura controversa di Marco Accetti, sospettato di essere uno dei telefonisti (“l’Americano”) dei sequestratori per sua stessa ammissione, ma la cui credibilità è stata oggetto di un’ampia perizia psichiatrica che ne avrebbe messo in discussione i presupposti.

Del resto il leitmotiv della docuserie, nel raccontare uno dei casi di cronaca tra i più complessi mai vissuti dal nostro paese, è sempre quello di mostrare storie che si montano e si rismontano, che si creano e si distruggono pilotate da informazioni parziali, farlocche, a volte veri e propri depistaggi altre, anche qui in teoria, figlie di un pregiudizio. Non è difficile immaginare (e va tenuto presente, nel farsi un’idea su questa storia) che il caso sia diventato sempre più intricato e carico di sovra-informazioni: anche la più sincera ricerca ossessiva della verità, in mancanza di prove certe, finisce in mancanza di certezze per diventare convinzione “a naso”, poco dopo credenza – e a quel punto, semplicemente, ognuno avrà la propria post-verità, che sia essa anti-clericale, geo-politica o sociale. Cosa tutt’altro che anomala, purtroppo, nei tempi infodemici in cui viviamo.

Tutti gli spettatori dopo aver visto il lavoro stabiliranno la propria verità – tranne, ovviamente, i familiari che ancora si interrogano sul destino della ragazza, o chiunque pensi che la ragazza sia stata oggetto di un complotto politico, che fosse testimone scomoda di qualcosa e via dicendo. Alla lunga, a ben vedere, il rischio è quello di costruire docuserie che dirottano impropriamente sulle docufiction, o sui documentario come quello su Bob Lazar, per cui non si riuscirà mai a decidere come siano realmente andate le cose, tanta è l’abitudine ad altalenare tra le teorie. Il che è banalizzante quanto terribile, in sostanza, data la realtà della storia e la sofferenza causata ai familiari per anni. Per quanto l’autorevolezza e la preparazione in materia di Andrea Purgatori suggerisca che prima o poi, per quanto si rinvii il momento della rivelazione, la verità verrà fuori, viene il piccolo dubbio che questo stallo possa durare per sempre, anche in ragione del fatto che, come sostenuto verso la fine del lavoro, il caso di Emanuela Orlandi ha fatto leva soprattutto sul tempo che è trascorso, che continua a trascorrere facendo invecchiare e sparire un po’ per volta testimoni e fonti preziose.

Vatican Girl è disponibile da qualche giorno su Netflix per tutti gli abbonati.

Il nostro voto

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