Quella villa accanto al cimitero: di Lucio Fulci, omaggiando Lovecraft

Un ricercatore si trasferisce nella villa del titolo assieme alla famiglia: indagando sul passato alcuni orrori si sveleranno agli occhi dei protagonisti…

In due parole. Visione imprenscindibile per qualsiasi fan dell’horror, anche se parzialmente sopravvalutata dalla critica: gli eccessi irrazionali degli altri due lavori della cosiddetta Trilogia della Morte fulciana trovano qui un equilibrio, e si ricompongono in una trama di interesse, accattivante e “citazionista” nel suo impianto (Suspiria, e probabilmente Shining). Seppur con un cast non esattamente hollywoodiano (la MacColl è sempre impeccabile), questo film si colloca nei punti più alti del terrore italiano del periodo.

Costruito sulla cruenza che ha reso famoso il regista romano, “Quella villa accanto al cimitero” si avvale della nostalgica colonna sonora di Walter Rizzati, e definisce un film che coniuga al meglio la dimensione sovrannaturale con quella più realistica. Per fare questo Lucio Fulci concentra il focus sui personaggi più giovani, quei bambini inquietanti – e con maggiore sensibilità nel comprendere le situazioni – che appartengono da sempre all’immaginario orrorifico. La citazione finale dello stesso regista, del resto, sembra testimoniare questo tipo di spirito (“Nessuno saprà mai se i bambini sono mostri o i mostri bambini“).

Per quanto la qualità globale possa essere poco uniforme, non bisogna dimenticare le sequenze che sono rimaste nella storia: la ragazza trafitta da un coltello in testa (citata poi in innumerevoli opere successive), l’orribile decapitazione, le visioni sconcertanti di alcuni protagonisti e, soprattutto, la rivelazione del dottor Freudstein. Un personaggio che aleggia su tutto il film come una sorta di ombra, mostrandosi un po’ poco rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare e mettendo in evidenza, indirettamente, una sorta di lentezza di fondo che caratterizza “Quella villa accanto al cimitero“. Quest’ultima è da considerarsi come un sostanziale difetto della pellicola, fin troppo riflessiva nel suo impianto anche se, c’è da dire, per il tipo di atmosfera che crea non si tratta di una scelta completamente fuori luogo.

Privando la storia del gore ossessivo che caratterizzò “…e tu vivrai nel terrore! L’aldilà“, e tributando più l’horror classico che gli amati elementi lovecraftiani, Fulci dirige in modo magistrale una delle sue storie più complesse, arricchendole di suggestioni a volte molto azzeccate (la sequenza iniziale), a volte un po’ sottotono (l’aggressione da parte del pipistrello). Complessivamente quindi, come suggerivo poco fa, il film attraversa vari momenti fino ad arrivare a conclusioni realmente inquientanti, che rendono più che degna la visione del film per quanto, oramai, essa possa risultare vagamente datata. Il livello recitativo come scrivevo all’inizio non è eccelso, alcuni personaggi rimangono piuttosto anonimi e questo rende poco onore ad un soggetto di livello, che nonostante un ritmo un po’ allentato nel contesto dell’epoca fa davvero un’ottima figura. Adatto, per queste ragioni, più ai curiosi pioneri del genere che al pubblico generalista del terrore.

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