Nel vasto teatro delle competizioni e dei confronti, un’intrigante parola inglese si erge imponente (e torna spaventosamente di moda oggi): Underdog. In un mondo ossessionato dalla competizione non poteva non succedere, effettivamente, che un underdog – uno “sfavorito” – diventasse un personaggio cinematografico, fosse maccheronicamente un “cane”. Sotto l’occhio attento dello spettatore, questa parola traccia il destino di coloro che vengono percepiti come svantaggiati, o, ineluttabilmente, meno probabili di trionfare. Dalle arene degli sport alle urne delle elezioni, dagli scacchi della politica alle sfide della vita, l’etichetta di “Underdog” si aggrappa come un’eterna stella errante, proiettando la sua influenza nei cuori e nelle menti di coloro che ne sono investiti. In un turbine di percezioni distorte, l’ombra dell’inferiorità si espande, irrigando le radici della disuguaglianza e alimentando la fede nell’inevitabilità delle sconfitte.
“Underdog era un beagle parlante che – nel lontano 2007 – diventava il supereroe “Underdog” (espressione gergale che indica lo sfavorito alla vittoria, in generale), giusto dopo un incidente in laboratorio. Shoeshine – questo il nome del protagonista – acquisisce dei poteri sovrumani, come la superforza, la velocità e la capacità di volare, assumendosi l’incarico di combattere il crimine come un novello Batman cagnesco. La commedia di Frederik Du Chau viene ricordata da pochissimi, probabilmente, o forse soltanto dai bambini dell’epoca che videro questo film al cinema. L’ispirazione nasce da una serie TV anni 60 che portava lo stesso nome, Underdog, mentre Shoeshine diventa il letterale “vincitore inaspettato” della situazione, mixando elementi di commedia, azione, avventura e film di supereroi. Alla base, ovviamente, giace l’aspetto ontologico della debolezza, la contrapposizione tra buoni e bulli che ha costituito mezzo cinema americano (una dinamica usuale che ha contaminato addirittura l’horror), all’ombra perenne del confronto, della sfida, del dover dimostrare qualcosa a qualcuno: noi salveremo il mondo. I flutti delle competizioni sospingono verso lidi incerti, in cui la vittoria appare utopia remota, mentre la disfatta è un’incombente realtà canina.
Peter Dinklage interpreta il villain Simon Barsinister, mentre Underdog è coadiuvato dal giovane Alex Neuberger (Jack) e da Alex Pietrangelo che interpreta il personaggio di Polly. Il film mescola momenti di azione e avventura con elementi di commedia, fornendo spettacoli divertenti per un pubblico essenzialmente giovane. Benché il film non sia mai stato un grande successo critico, è stato comunque ben accolto dai ragazzi e da coloro che apprezzano il genere di film adatto a tutta la famiglia. All’epoca i film per supereroi non erano certamente una moda, come sarebbe diventata negli ultimi anni, e probabilmente un film del genere sarebbe stato considerato dissacrante dai più. Eppure, alla lunga, rimane la sensazione che film del genere da un certo punto di vista manchino, proprio per il loro potenziale demitizzante; dall’altro, i film con animali parlanti sono diventati la norma, e non c’è da meravigliarsi che questo possa annoverarsi tra gli ennesimi.
Dopo questo film, Du Chau si ferma per molti anni, stando a IMDB, per poi tornare alla ribalta con l’altrettanto misconosciuto The Krostons (2014), interpretato da Jean Reno e Salma Hayek.
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