Digressioni

Filosofem è il quarto disco di Burzum

Immagine tratta da https://www.discogs.com/it/release/1084039-Burzum-Filosofem/image/SW1hZ2U6ODIzNzE2MQ==

Dissonante, minimalista, saturo di una sofferenza introspettiva e difficile da sintetizzare; relegato alla dimensione sperimentale, naturalmente. Un lavoro atipico e diverso da qualsiasi altro, oltre ad essere in grado, come spesso accade in queste circostanze, di attrarre e repellere in egual misura l’ascoltatore medio.

Per molti versi Filosofem rimane un disco complesso, fatto di sonorità insolite, almeno di primo acchito, e che risultano difficili da cogliere nella loro essenza. Un disco, a suo modo, unico nel suo genere, che vanta molti (vani, per lo più) tentativi di imitazione, tipicamente nel black metal più oltranzista. Un’essenza che si scopre primordiale, primitivista, lo-fi, che nelle intenzioni di Varg Vikernes voleva risuonare come diversa da qualsiasi altra produzione black metal esistesse all’epoca. Ciò che si dimentica è soprattutto che Filosofem mescola in quasi egual misura elementi black metal con altri dark ambient o elettronici, in grado di riferirsi a più riprese all’affascinante sottogenere dungeon synth, di cui Burzum e Mortiis sono considerati padri fondatori.

Per molti versi con Filosofem troviamo in un mood black metal norvegese anni Novanta inconcepibile – e (quasi certamente, per quanto ne sappiamo) mai creato da nessun musicista prima di allora – il quale, al netto delle controversie legali legate alla figura di Varg Vikernes – colloca questo quarto album nel più puro vuoto aptico, arrivando probabilmente a sfiorare ciò che – nella rilettura di Hunter Hendrix – si trova ad essere l’irragiungibile ideale livello massimo di intensità del genere. Non per modo di dire, bensì a titolo di ideale inaccessibile che guida il genere nella sua variante più estrema. È una metafora di qualcosa che si sente, di cui avverti l’angoscia ad ogni nota, ma che non solo non si può raggiungere ma diventa anche difficile da descrivere in una recensione.

Basti sapere, senza avventurarsi in un improbabile studio track-by-track, che Filosofem è stato registrato in condizioni volutamente lo-fi per mantenere il suono grezzo e poco curato, al punto che non è stato utilizzato neanche un amplificatore per la chitarra e sono stati utilizzati esclusivamente pedali fuzz (probabilmente saturi ad ogni livello). Per la voce, a quanto riportato nel sito ufficiale, sembra che il musicista abbia fatto uso del microfono di una vecchia cuffia per elicotteri (!). vale solo la pena di citare il brano xxx, ovvero Beholding the Daughters of the Firmament (Guardando le figlie del firmamento), che annovera (piaccia o meno) uno dei testi più introspettivi e poetici mai incisi:

mi chiedo come sarà l’inverno

con un’estate che non vedrò mai

mi chiedo come sarà la notte

con un giorno che non vedrò mai

mi chiedo come sarà la vita

con una luce che non vedrò mai

con un dolore che dura per sempre

ogni notte possiede un nero differente…

Filosofem (termine norvegese per indicare il philosóphēma, ovvero “sillogismo” dal greco antico) del 1996 è uno dei lavori più iconici del black metal, anche se pochi fan del genere concordano sul fatto che sia davvero il disco migliore dell’artista, tantomeno che si tratti di un vero e proprio masterpiece. Varg Vikernes, da sempre noto per il suo interesse in tematiche filosofiche, mitologiche e simboliche (e naturalmente per idee politiche il più delle volte discutibili, e non da oggi), probabilmente fa uso di “Filosofem” per evocare un senso di profondità e di pensiero oscuro, dai tratti naturalistici, sicuramente mai banali.

La musica di Filosofem introduce una forte (e per certi versi imprevedibile) sperimentazione musicale di Vikernes con il minimalismo, pattern ripetitivi e ambient contaminato con il black metal. Se è impossibile descrivere l’album traccia per traccia, come accennavamo, è sicurmente possibile descriverlo come un mix equilibrato di queste due tendenze, in cui la prima parte appare come rabbiosa e oscura mentre la seconda cede il passo ad un sentimento più introspettivo. Il lungo brano di 25 minuti “Rundgang um die transzendetale der singuraritat” (letteralmente: camminare attorno al racconto trascendente della singolarità) è stato incluso nella colonna sonora del film sperimentale Gummo.

La copertina del disco – come tutto l’artwork di Filosofem – è opera di Theodor Kittelsen, ed è intitolata Op under Fjeldet toner en Lur (in norvegese: “Su per le colline risuona un richiamo”).

Immagine tratta da https://www.discogs.com/it/release/1084039-Burzum-Filosofem/image/SW1hZ2U6ODIzNzE2MQ==
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Non vedo alcuna contraddizione nel fatto che una persona sia fascista e individualista allo stesso tempo, e naturalmente non vedo alcun conflitto tra lo spirito del Black Metal originale e l’NSBM. Vedo invece un conflitto tra lo spirito originale del Black Metal e la stupidità, la codardia e la debolezza di chiunque abbia un’ideologia politicamente corretta come il liberalismo. I politicamente corretti sono troppo stupidi per pensare con la propria testa. Troppo codardi per essere veramente diversi dagli altri. Troppo deboli per stare in piedi da soli. I ragazzi del NSBM, d’altra parte, sono più Black Metal di chiunque altro mi venga in mente. Dissentite da ciò che hanno da dire se volete, ma ammirateli anche. Camminano controcorrente. Da soli in un mondo ostile.

(fonte)

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