Digressioni

Nella città di Trivium (creepypasta)

Nel cuore del Lazio, dove il Wi-Fi non arriva e il silenzio è assordante, c’è Trivium. Un nome che non è mai solo un nome. Tre strade, tre vie che non portano da nessuna parte. O forse da tutte le parti. I suoi abitanti, ancorati a una realtà che sembra sfumare come un pixel difettoso, parlano di numeri. Ma non di numeri qualsiasi. Il 3. Un numero che ha qualcosa di malato, che pulsa nei dati sotto la superficie, che non può essere ignorato. Trivium non è una città. È un codice. E nel suo cuore pulsa un errore che nessuno ha mai potuto correggere.

La città era piccola, ma l’eco delle voci che circolavano tra le strade desertiche era amplificata. Si parlava di tre ombre. Nessuna descrizione precisa. Eppure, era sufficiente. Tre ombre in una notte di luna piena, un presagio. Ma chi stava scrivendo la storia? Cos’era questo codice che si ripeteva? I bit sono più pericolosi di quanto sembri, e il numero 3 non era mai un semplice numero.

Marco, uno dei pochi che non temeva di stare troppo a lungo dentro la rete di Trivium, aveva sentito i colpi. Tre colpi secchi. Un suono che ti perfora l’anima, ti fa entrare in una zona di disturbo, un glitch nella realtà. E poi, la luce. I lampioni, uno a uno, si spengono. L’ultimo che resta acceso sembra ancora fissarlo. Un luccichio distratto prima del reset. Niente spiegazioni logiche. Solo fratture. E un brivido che parte dalla base della colonna vertebrale, come se stesse tentando di disconnetterti dal sistema.

Le storie si moltiplicano, come file che duplicano all’infinito, fino a diventare impossibili da fermare. E gli scettici, quelli che cercavano di fare debug, si ritrovano a fare ping ai loro stessi incubi. Tre ragazzi, tre menti spinte dall’ossessione, scavano nel passato, connettono i punti. E trovano una rete di coincidenze, oggetti scomparsi in gruppi di tre, risate sussurrate a intervalli di tre, venti che arrivano in trio. Non è più una coincidenza. È un algoritmo che non può essere fermato. La programmazione della paura è stata eseguita con successo.

E poi arriva la scoperta. Una notte, mentre l’ombra delle case sembra espandersi in un loop di angoscia, i ragazzi si trovano davanti a tre bambole. Appese a un albero come marionette senza fili, come glitch corporei. Ogni bambola con un volto deformato, come se fosse stata estratta da un frammento di realtà corrotto. E sulla fronte di ognuna, un 3 inciso a mano. Un segno, un comando. Un avviso. Ma quando tentano di inviare il file alla polizia, le bambole spariscono, come se mai fossero esistite. Un altro log che non appare nei registri.

I poliziotti si trovano ad affrontare il protocollo dell’inspiegabile. Ogni volta che provano a risolvere l’errore, la questione li riporta al 3. È un loop infinito. Tre passi da una porta che non si apre mai. E così Trivium diventa qualcosa di più di un semplice luogo. È un bug. Una città di bit distorti dove la realtà non si allinea mai completamente con ciò che è visibile.

Poi arrivano i visitatori. Persone che vogliono conoscere il segreto, ma Trivium non è un luogo da esplorare. È un nodo irrisolto, una rete senza fine. Ogni volta che qualcuno cerca di entrare, qualcosa dentro di loro cambia. Come un aggiornamento che non vuoi installare, ma che comunque viene applicato. L’enigma del numero 3 rimane, sempre più denso, più pressante. Alcuni lo chiamano superstizione, altri lo vedono come una verità nascosta. Ma la realtà è che non c’è soluzione. E Trivium continua a respirare sotto il peso di un numero che non riesce a staccarsi dalla sua carne.

Trivium non è una città. È un codice. E nel suo cuore pulsa un errore che nessuno ha mai potuto correggere.

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