La polizia ringrazia: in bilico tra poliziottesco ed eversivo
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Nella Roma anni ’70 una rapina ad una gioielleria finisce con un duplice omicidio: il commissario Bertone indaga sul caso, osteggiato per i propri metodi poco convenzionali, si trova alle prese con una serie di misteri annessi al caso. Il primo di questi avviene quando uno dei rapinatori diventa vittima di una vera e propria esecuzione. Anche i delitti successivi sono di natura simbolica, tanto da evocare la serialità di un killer ma che nascondono, di fatto, un’associazione segreta infilitrata nelle fila delle autorità, che cerca di strumentalizzarli.

Il film esce lo stesso anno di Milano calibro 9 e non poteva, di fatto, che condividerne il sostanziale mood. In genere pero’ La polizia ringrazia – titolo dal sapore amaro quanto sarcastico – viene considerato uno dei primi polizieschi all’italiana, ed è per molti versi un unicum del suo genere. Se infatti l’opera di Steno (che qui si firma Stefano Vanzina per evitare accostamente impropri con le commedie a cui istintivamente, forse, il nome Steno era associato) è formalmente un poliziottesco a tutti gli effetti, il suo concepimento ed il suo ritmo sono tutt’altro che allineati alla norma. Il genere del resto abbiamo imparato a conoscerlo: fortemente radicato nella realtà e nelle città italiane dell’epoca, caratterizzato da trame imprevedibili, inseguimenti motorizzati interminabili oltre che da uno spiccato cinismo (Milano odia), che a volte degenerava in un mood giustizialista o reazionario (tipico, peraltro, del cinema di questo genere a qualsiasi latitudine).

In un certo senso, La polizia ringrazia è altresì considerato un primo esempio nazionale del genere, ma (scavalcando per una volta il puzzle dell’attribuzione archetipica) è soprattutto un poliziesco dall’atmosfera ragionata, certamente molto più della media. Se è vero, infatti, che in più occasioni si cede ad un giustizialismo inevitabile per il genere (il poliziotto che è costretto ad operare ad il sopra della legge, per via di un burocratese astruso di cui qualsiasi criminale è odiosamente a conoscenza, e se ne approfitta), il personaggio del poliziotto (il commissario Bertone, Enrico Maria Salerno) sembra quasi tratto da un film di Elio Petri. Questo soprattutto per il cammino che lo accompagna, e che ne evidenzia una torrenziale e temutissima integrità morale.

La denuncia sociale è vivida ed emerge fin da subito – anche solo dall’atteggiamento ipercritico della stampa (viene anche citato il delitto dell’anarchico Pinelli, all’epoca non ancora chiarito, verso il quale Bertone mostra una certa elasticità mentale), ma emerge anche dai dialoghi dei personaggi, ai quali (al netto di un paio di scene d’azione considerevoli) viene dato ampio spazio. La sensazione generale che fornisce la sceneggiatura di Vanzina e De Caro è di un profondo senso di intrigo, intrigo dovuto a motivi di oscura collusione tra politica e crimine, con i poliziotti integerrimi messi ingloriosamente in mezzo a mediare e (spesso e volentieri) prendersi la colpa. Lo zenith viene raggiunto nel finale aperto del film, amarissimo, che riserva un discreto twist e si conclude con un personaggio condizionante, mai inquadrato, alla base di tutto.

La regia di Vanzina è intrigante, oscura oltre che focalizzata sul punto di vista del commissario, che si troverà sempre più isolato nel combattere un mostro burocratico e tentacolare forse tra i più strabilianti mai concepiti in un film di questo genere. La singolarità della trama risiede proprio in un mood politico e sociale: l’idea di fondo è la rivelazione di una trama eversiva alla base di una catena delittuosa, la cui valenza è profondamente simbolica e di natura reazionaria. Per questa intuizione Bertone viene messo in un angolo ma che, in realtà, vorrebbe porre le basi per instaurare un vero e proprio regime autoritario. Se normalmente sarebbe il poliziotto protagonista a chiedere di avere le mani libere, di fatto, in questo caso l’assunto si capovolge, perchè è qualcuno tra le autorità a chiederlo. Viene anche da chiedersi, infine, se il titolo non possa ricollegarsi, per assonanza, alla pseudo-pellicola La polizia s’incazza di fantozziana memoria: Il secondo tragico Fantozzi da cui è tratta quella citazione è successivo a questo film, essendo uno del 1972 e l’altro del 1976.

Il film è disponibile in streaming su Prime Video.

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