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L’ultimo treno della notte: la vendetta sul treno notturno di Aldo Lado

Vigilia di Natale: due balordi si imbattono casualmente in una signora e due ragazze a bordo di un treno notturno. Sarà l’inizio di un incubo ad occhi aperti…

In breve. Uno dei fondamentali del genere rape’n revenge, diretto ed interpretato magistralmente. Un cult che ha fatto scuola: controverso, insostenibile ed imprevedibile fino all’ultimo, quanto amaro nelle conclusioni. Macha Meril interpreta uno dei villain più realistici e crudeli mai visti sullo schermo.

Uno dei motivi ricorrenti del cinema di genere anni 70 italiano è senza dubbio la rappresentazione esplicita della violenza, ed in questo l’opera di Lado ha finito per fare scuola. “L’ultimo treno della notte” racconta la storia di due ragazze che, durante un viaggio in treno, vengono a contatto con due balordi ed una signora apparentemente molto distinta. Le due ragazze – che potrebbero essere parenti di quelle dei primi film di Wes Craven, sono le vittime-protagoniste della storia, che si colloca nel filone stupro e vendetta molto in voga all’epoca, e nel quale la priorità di shockare lo spettatore finisce a volte per cedere il passo ad efferatezze sostanzialmente gratuite. L’incubo si materializzerà durante la notte, poichè i due uomini abuseranno delle ragazze (uccidendole dopo una crudele agonia), mentre la donna borghese (Macha Meril, la medium di Profondo Rosso) si troverà a collaborare ai misfatti, istingando la violenza sulle due innocenti e stringendo alleanza – per pura convenienza – con i più forti. Non sembra difficile leggere una sorta di simbolismo sociale in questa scelta, su cui sicuramente è stato molto scritto ma che lo spettatore di oggi può tranquillamente ignorare, seppur messo brutalmente di fronte al consueto dilemma morale sull’idea di vendetta.

La critica dell’epoca, comunque, pare non riuscisse a cogliere le metafore sesso/potere e violenza/governo (che oggi sembrano quasi ovvie), e parlò di “lezione presunta (che) si trasforma in esaltazione della violenza” e addirittura di “pornografia della violenza che raggiunge […] espressioni davvero fastidiose” (fonte). Rifiutato dalla censura italiana (n. 66277) nel 1975 per “indecenza e violenza eccessiva“, fu classificato come video nasty l’anno successivo, negli anni ’80 circolò in VHS in versione uncut (mercato australiano-italiano). La successiva edizione del 1986 circolò in seguito col titolo TORTURE TRAIN (in versione presumibilmente tagliata almeno in parte). A chiudere la sequela di censure, una confisca del film in Australia nei primi anni del 2000, ancora una volta come Night Train Murders. Nel 2008 la Shameless (e nel 2011 la CG Enternainment) hanno pubblicato il DVD del film con il titolo originale Night Train Murders.

L’esplosione di efferatezze (lunghissime, insostenibili e filmate magistralmente) avviene quindi all’interno del mezzo, completamente deserto ed autentico teatro di follia e claustrofobia. C’è spazio per digressione e violenze anche del tutto inattese, che confermano un lugubro nichilismo sull’uomo (e sulla donna) in genere. Nel frattempo siamo giunti proprio alla stazione, dove i genitori di una delle ragazze sono in attesa delle figlie: c’è tempo per ulteriori ramificazioni della trama e, naturalmente, un colpo di scena finale che lascerà stupefatti e shockati per le conclusioni. Un cocktail cinematografico perfetto, in definitiva, di cinema di genere (spesso accusato di essere reazionario, specie dalla critica d’epoca) e denuncia politica spinta (e secondo alcuni un po’ spicciola).

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Nonostante qualche difetto contenuti – ma dovremmo parlare più di sbavature nel senso di elementi che servono, di fatto, a direzionare la trama – L’ultimo treno della notte” si presenta ancora oggi come uno dei capolavori del cinema di genere italiano, carico non solo di scene agghiaccianti, cinismo e claustrofobia, ma anche di accenni e simbolismi socio-politici che potrebbero dare da riflettere in seguito. In definitiva, uno dei migliori (e meglio interpretati) film italiani di genere di sempre; ovviamente non per tutti.

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