Monty Python e il Sacro Graal: un Re Artù fuori dalle righe

Re Artù ed il suo fido scudiero partono per un lungo viaggio, assieme ai valorosi cavalieri della Tavola Rotonda alla ricerca del Santo Graal…

In breve. Una parodia alla Mel Brooks (almeno in parte) di uno dei miti più famosi della tradizione britannica. Forse non i migliori Python mai visti su uno schermo, tuttavia non mancano i motivi per riscoprire (in lingua originale) questa piccola perla, zeppa di umorismo surreale e paradossi. Gli sketch dei Python vengono trasposti in una sceneggiatura vera e propria, condotta con il consueto stile anarchico: il risultato è in parte altalenante, ma tutto sommato gradevole.

Film girato nel periodo di massimo splendore del celebre gruppo inglese, le cui parodie non furono mai semplicemente parodie: i nostri, infatti, riuscirono ad inventare un vero e proprio stile di comicità, in grado di contaminare tra loro più generi e mostrare doti attoriali non indifferenti. In questo film, ad esempio, Michael Palin arriva ad interpretare ben 12 personaggi diversi, e trova massimo sfogo anche lo stile cartoonistico di Gilliam (una trovata decisamente insolita, per un film di questo genere). Lo stile è infatti quello delle saghe epiche medievali, che si potrebbero ricondurre almeno in parte a quelle di Robin Hood – Un uomo in calzamaglia (una parodia brooksiana tra le più celebri del suo genere). I nostri, qui, spingono ben oltre il discorso, azzardando situazioni spassose ad accostamenti irreali ed illogici, oltre ad un uso particolare dell’anacronismo (cioè degli accostamenti temporali tra situazioni e personaggi che mai si sarebbero potuti incontrare nella realtà), che viene usato per immaginare varie situazioni demenziali (ad esempio un contadino anarchico che discute animatamente con Re Artù) e addirittura per risolvere il finale.

Nonostante la trasposizione del musical tratto dal film anche in Italia (Spamalot è stato rappresentato recentemente nel nostro paese da Elio e Rocco Tanica), Monty Python and the Holy Grail non ha mai goduto di una fama troppo elevata nel nostro paese, soprattutto per via di un doppiaggio abbastanza inconsueto (per non dire peggio) rispetto allo stile del gruppo. L’unica opportunità è quindi di gustarselo in lingua originale, cosa peraltro agevole se già si conosce un minimo il Flying Circus (lo stile è molto su quella falsariga). L’idea dell’epoca, per la sfortunata versione italiana, fu quella di doppiare i personaggi secondo lo stile “boccaccesco” in voga per molto cinema di serie B, con un risultato straniante per lo spettatore e stravolgendo, in molti casi, battute e senso delle stesse. Doppiaggio discutibile che persiste fino ad oggi, e che ha contribuito a non elevare la fama di un film comunque lontano dal capolavoro (ovviamente lo scrivo rispetto al resto della produzione del gruppo). Resta la considerazione che i Python rendano meglio sull’unione di sketch sconnessi, che dentro una storia classica: ma anche qui si possono trovare momenti memorabili e situazioni surreali quanto divertenti.

In modo abbastanza inconsueto, poi, i nostri giocano con effetti speciali da b-movie puro, mostrando ferimenti e uccisioni in primo piano, divertendosi a combattere loro stessi (molte scene sono girate senza stuntman) e creando mostri completamente paradossali (come il feroce coniglio a guardia della grotta, dentro la quale dovrebbe essere custodito il Graal). Il gioco di stereotipi è anch’esso garantito, a cominciare dai soldati francesi che sbeffeggiano gli inglesi per quasi tutto il film, insultandoli e lanciandogli addosso vacche, capre e varie tipologie di animali.

Non c’è dubbio che le trovate siano tipicamente pythoniano, in ogni senso: a cominciare dall’assenza di cavalli, mimati da fidi scudieri dotati di noci di cocco (un espediente sonoro per imitare il passo degli zoccoli utilizzato in radio, a quanto sembra), a finire su certi dialoghi verbosi ed incartati su se stessi tipici dei Flying Circus, lo show inventato dal gruppo qualche anno prima – che qui viene ripreso più volte, adattato ad uno stile medievaleggiante quanto delirante. I nostri non riescono a rimanere sui binari della coerenza nemmeno temporale, dato che inseriscono elementi di ogni genere all’interno della storia (inclusa la moderna polizia inglese che … irrompe letteralmente sul set) confidando nel proprio istinto per le gag surreali. Probabilmente il risultato finale potrebbe spiazzare più di qualcuno, e risulterà gradevole soltanto per i fan (e, forse, neanche tutti): del resto il loro umorismo è sempre stato di questa natura, e non sempre è agevole o scontato riuscire a mantenersi a livelli elevati.

Nonostante questo, il pubblico anglofono sembra amare parecchio questo film (su IMDB le recensioni utente sono quasi tutte da 10/10, una cosa tutt’altro che comune per qualsiasi film), per cui considerando il contesto e la storia tradizionale britannica forse certi dettagli si sono gustati, semplicemente, al meglio solo lì. Comunque da riscoprire e vedere – ribadisco, in lingua originale sottotitolata – almeno una volta nella vita.

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