The Great Hack racconta di una macchina per la propaganda basata sui social

Il documentario (incentrato sul caso Cambridge Analytica) The Great Hack: Big data for propaganda attraverso le storie ed i punti di vista dei diretti protagonisti.

In breve. Un film che arriva a definire una nota ex azienda di big data una vera e propria “macchina per la propaganda“, e che riporta dati e fatti realmente accaduti qualche tempo fa. Da non perdere.

Con uno stile da docu-film navigato, e che vede i diretti protagonisti interpretare se stessi, si rivisita la storia dell’azienda Cambridge Analytica,  la società di consulenza britannica che usava il data mining sulle informazioni personali degli utenti (mediante Facebook, in particolare, sfruttandone la politica di protezione dei dati piuttosto “permissiva”) ai fini di propaganda elettorale.

Due sono i casi in cui l’azienda è stata direttamente coinvolta, secondo il documentario (e buona parte dell’opinione pubblica, del resto): una ai fini di manipolare i risultati dell’elezione di Trump, l’altra in occasione del referendum per l’uscita del Regno Unito dall’Europa (Brexit). il documentario, da pochissimo disponibile su Netflix, indaga sulle tecniche di guerrilla marketing e di inserzioni fasulle (fake news) con le quali indurre le persone a pensarla in un certo modo: spesso si tratta di far votare un canditato, di screditare un avversario politico o di indurre odio razziale. Niente male, insomma, per una rete internet nata per unire tutto il mondo e che avrebbe dovuto essere libera, gratuita e paritaria.

La storia ruota attorno ad almeno tre figure chiave, tra ex dipendenti di Cambridge Analytica (Christopher Wylie, Carole Cadwalladr, Brittany Kaiser) e lo stesso fondatore di Facebook, Mark Zuckenberg. Le interviste e le dichiarazioni in merito alla vicenda si susseguono con ritmo lento ma costante, numerosi dettagli e massimo realismo: molto intrigante (per quanto non il massimo dell’originalità, forse) l’idea di sovrapporre digitalmente degli smile alle immagini di passanti per le strade, ad esempio – fino a comporre veri e propri spaventosi frattali, in grado di evocare una specie di nebulosa in continuo movimento. Dati personali che le aziende di big data fagocitanom e di cui si nutrono ogni giorno, tanto che la Kaiser ci ricorda che il costo dei dati personali ha finito, da qualche anno, per superare quello del petrolio.

Viviamo in tempi contraddittori e cupi, per molti versi: se il prossimo è a portata di click, viviamo comunque un assurdo senso di alienazione e solitudine, indotto proprio dai social network e dal loro uso – ormai parte della vita quotidiana di chiunque. Del resto, come se non bastasse, la privacy dei singoli viene spesso sottovalutata quando non svilita del tutto: se non ho nulla da nascondere, cosa me ne importa se spiano quello che faccio e lo usano per mandarmi pubblicità mirate? Falkvinge del Partito Pirata, ad esempio, ci ricorda che questa mentalità è pericolosa: e non solo perché i dati possono essere comprati e venduti a terzi, ma anche perchè le regole possono cambiare nel frattempo, perchè quei dati potrebbero, ad esempio, essere acquisiti da un governo dittatoriale futuro e perchè, come se non bastasse, un giorno potremmo essere schedati sulla base dell’assunto che i dati che abbiamo condiviso con le piattaforme siano esatti (cosa non vera, in molti casi). Argomenti  complessi e dibattuti per circa due ore che The Great Hack, con grande gusto narrativo e visuale (e soprattutto senza degenerare in paranoie complottiste senza senso) porta avanti, e lo fa mostrando altri due casi in cui le elezioni sono state manipolate via campagne social: in un caso inducendo i giovani all’astensionismo (sfruttando il simbolo delle braccia incrociate che usava anche Pink nel film The Wall), in un altro alimentando l’odio razziale contro alcuni gruppi religiosi.

I vari leoni da tastiera, pertanto, farebbero bene a dare un occhio a questo film, disponibile su Netflix da qualche giorno, e che offre spunti di riflessioni aperti a tutti, non solo ai tecnici o ai fanatici.

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