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1997 Fuga da New York: la prima post-apocalisse di John Carpenter

“1997 Fuga da New York” è forse il post-apocalittico per eccellenza: un film che ha segnato un’epoca nel cinema di genere, pregno di simbolismi distopici e seguito da un sequelremake forse ancora meglio.

In breve: un cult post-apocalittico, pieno di azione e colpi di scena e che vanta innumerevoli tentivi di imitazione. Un Carpenter in gran forma dirige uno dei suoi migliori film non prettamente horror.

Nel 1997 New York è diventato un gigantesco carcere-città, ed il caso vuole che l’aereo del Presidente degli Stati Uniti, dirottato da terroristi anti-americani, si vada a schiantare contro un palazzo a fianco del World Trade Center (inutile dire che le coincidenze sono davvero strane, delle volte). Il Presidente (Donald Pleasance) riesce a salvarsi in extremis, ma viene catturato dai criminali del posto, i quali scorazzano nella città-carcere guidati dal ferocissimo “Duca“. Jena (Kurt Russell in una delle sue più famose interpretazioni, ma l’originale è Snake) Plinskii è un galeotto ed ex militare, al quale è stata promessa la libertà in cambio del salvataggio del presidente: ma dovrà fare in fretta, perchè l’uomo possiede un importante nastro con al suo interno i segreti della fissione nucleare, e perchè – in caso mancasse di patriottismo – gli è stato iniettato un siero capace di ucciderlo entro 24 ore.

Inizia così una folle corsa contro il tempo, nella quale “Il Duca” impiegherà i propri uomini mentre Jena sarà perennemente in fuga: tradito, catturato e financo costretto ad un incontro di arti marziali con tanto di mazza ferrata (una scena cult da perfetti gladiatori futuristici, che ispirerà non poco Lucio Fulci ne “I guerrieri dell’anno 2072“, senza contare il recente Eaters), fino ad uno dei finali più nichilisti della storia del cinema. Jena Plinskii si presenta come l’anti-eroe tipico, che lotta prima di tutto per se stesso, l’ex militare – tradito da tutto e da tutti – le cui caratteristiche saranno poi esaltate nello splendido sequel del film (ben 15 anni dopo). Paradossalmente l’unico personaggio con cui il pubblico riesca a simpatizzare, visto che è l’unico ad essere guidato da un minimo di coerenza interna, il che lo differenza dalle varie banderuole pronte a schierarsi col più forte (“Mente“). Nel cast, oltre al presidente e al mitico Jena, compare anche l’affascinante Adrienne Barbeau, all’epoca moglie del regista.

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Moltissimi i film italiani sviluppati su questa falsariga (futuro post-apocalittico, gladiatori, degrado metropolitano e via dicendo), e tra essi meritano citazione almeno due:

  • I guerrieri dell’anno 2072 (L. Fulci), un discreto post-apocalittico limitato esclusivamente dal budget, generato da una commistione di generi non annessi esclusivamente alla fantascienza.
  • 2019 Dopo la caduta di New York (S. Martino), uscito nel 1983, in cui la trama si sviluppa in modo sorprendentemente simile al capolavoro di Carpenter. Jena si trasforma in Parsifal, la missione diventa “trovare l’unica donna che puo’ ancora mettere al mondo dei figli sulla Terra“, la somiglianza di vari aspetti dell’intreccio con quello originale del regista americano è notevole. Sergio Martino ha comunque dichiarato che il soggetto venne scritto prima dell’uscita del film in questione.
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