I guerrieri dell’anno 2072: il post-apocalittico secondo Fulci

Noto con un’infinità di titoli differenti (2072, les mercenaires du futur, Die Schlacht der Centurions, Fighting Centurions, Roma, año 2072 D.C.: los gladiadores, Rome 2033: The Fighter Centurions, Rome, 2072 A.D., The New Gladiators, Warriors of the Year 2072) e ristampato di recente dalla Troma (quella del vendicatore tossico), “I guerrieri dell’anno 2072” è il film di Lucio Fulci che segna un ennesimo cambio di genere. A quell’epoca il regista romano ha già toccato western, commedia, horror e giallo/thriller: in effetti questo nuovo tassello non fa che confermare la versalità (secondo i fan) o un tasso di improvvisazione superiore alla media (secondo i maligni detrattori).

In breve: Fulci divaga sul post-apocalittico con discreti risultati. E’ necessario premettere che quest’opera deve moltissimo a “Fuga da New York”, e cita dal panorama letterario-cinematografico varie opere molto diverse tra loro:Videodrome” (istigazione alla violenza mediante schermi televisivi),  il computer come espressione di disumanità (“2001 Odissea nello spazio“), un noir-poliziesco come “Milano odia…” (scena dell’omicidio della moglie della protagonista) e naturalmente “Il pozzo ed il pendolo” di Edgar Allan Poe.

“Loro vogliono uno spettacolo: lo spettacolo della nostra morte. E allora dato che dobbiamo morire, che ci perdiamo a ribellarci? (Drake)”

L’azzardo di Fulci è incisivo: immaginare Roma 90 anni dopo l’uscita del film come ipertecnologica (mitici i modellini in scala per ricostruire la città), ma assurdamente ancora legata alle nomenclature ed alle caratteristiche dell’antico (e sanguinario) impero, non deve essere stato semplice. Nè per lui, dunque, e nemmeno per il pubblico cosiddetto colto, che non potrà fare a meno di notare qualche piccola discrepanza nella storia e nella sceneggiatura. Peccati perdonabili, dunque, dato che non è semplice girare film a basso budget e deve essere stato molto complesso convincersi a farlo. Nei B-Movies del resto vige la regola: il buco nella sceneggiatura, il non-sequitur, la cazzata buttata lì e persa nei meandri della storia, è assimilabile ad una sorta di “licenza poetica”. Ammesso che il film, come nel caso in questione,faccia tutt’altro che schifo.I gladiatori, ovvero i condannati a morte che devono dare spettacolo – assieme all’innocente protagonista – all’interno dell “Nuovo Colosseo” della città eterna sono i veri protagonisti della vicenda: storia narrata con le consolidate tecniche fulciane, fatte di horror al punto giusto, suspance, introspezione dei protagonisti. Gli sprazzi degni di Carpenter poi, uniti  ai crudeli Pretoriani (vestiti da nazisti) che li sottopongono costantemente a torture fisiche ed umiliazioni psicologiche, rende il film appetibile a tutti gli appassionati di b-movie che cerchino qualcosa di non ancora visto. Salvo che poi Tarantino si accorga anche di quest’opera e non serva essere lettori di Nocturno per apprezzarlo una volta per tutte, senza pudore.

Analizzato assai superficialmente da certa cosiddetta critica, merita di essere rivisto ed apprezzato.

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