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800A

A fine 2017 divenne celebre e citatissima la tesi di laurea “S-word. Segni urbani e writing“, incentrata tra le altre cose – secondo il sacrosanto e non contraddicibile riduzionismo giornalistico – sui sottosignificati della parola “suca“. Sì, proprio quella che imperversa a livello virale in questi giorni, non soltanto in Sicilia, con il significato che conosciamo o dovremmo conoscere. Un significato che è pure un po’ esoterico, a ben vedere.

A Palermo, città d’origine di una laureanda d’epoca, si sospettava avere tutto un altro significato – cosa c’era dietro quell’improvviso e grottesco invitare non troppo cortesemente a praticare sesso orale? Il riferimento è al verbo sucari, di origine siciliana, innestato anche nel linguaggio comune (come alternativa al prototipale “attaccarsi al tram“, per intenderci: se uno chiedesse un prestito esoso ad un conoscente, ad esempio, è nell’ordine delle cose che questi possa rispondere “suca“), il tutto a prescindere da quale fosse il dialetto di origine, in modo universale quanto affascinante. Suca è una parola universale popolare in provincia di Palermo come a Nuova Delhi.

Sucare, quindi, era diventato col tempo un sinonimo non troppo letterale non di praticare fellatio o cunnilingus (almeno, non nelle intenzioni del parlante) quanto di contraddire l’interlocutore, di opposizione pura, di non fare una certa cosa, come se questa parola fosse diventata l’epitomo dei bastian contrari a ogni latitudine.

I significati di suca sono variabili: se ne registrano alcuni, ad esempio, in politica, ma anche a livello di hashtag d’epoca (gli hashtag si consumano e dimenticano col tempo, specie su Twitter – ormai X – ma di fatto rimangono impressi se ancorati ad un politico specifico, ad esempio), e mentre registriamo come difficilmente si possa fare uso del termine in un contesto di passione amorosa (anche se considerando la diffusione esponenziale quanto occulta di parafilie sessuali, non ci sentiamo di smentire l’idea al 100%) siamo affascinati da come questo termine possa essere jolly, adattabile al contesto, mutevole nel significato, sempre con l’intenzione sberfetto, forse sarcastica, addirittura satirica per certi versi, di contraddire l’interlocutore in modo diretto, prendendolo in contropiede (senza dimenticare che lo stesso potrebbe prenderla a male).

Di recente, del resto, ha fatto notizia lo scontrino con la scritta “suca”, emesso ad un cliente dopo un conto probabilmente inatteso o troppo salato. Molti si sono interrogati sul significato dell’episodio, di cui non sappiamo troppo se non che non è capitato in Sicilia: sarebbe avvenuto in Liguria, da tutt’altra parte, probabilmente in un bar nella città di Spotorno. Suca torna alla ribalta senza un programma ben definito, all’improvviso, dal nulla, ed è tutto quello che sappiamo. Alessandra Agola, nel 2017, notò più volte la scritta “suca” sui muri di Palermo e si chiese, in definitiva, da dove venisse questo fenomeno così capillare. Ne uscì fuori quella tesi citatissima, ovviamente incentrata su un tema più ampio e ridotta a fenomeno di folklore o grottesco dalle solite approssimazione giornalistiche acchiappa click(se ne parla qui, ad esempio: ed è uno dei relatori a discuterne). Virale, diremmo, se si trattasse solo di internet. Del resto non è mai solo questione di internet: reale e virtuale collimano e si confondono, soprattutto oggi, ed è una cosa di cui restiamo fortemente convinti a dispetto delle apparenze contrarie.

Notando anche la curiosità ulteriore, che la parola fosse mascherata (o addirittura censurata, per certi versi) come “800A” mediante apposita correzione sulle lettere (S diventava un 8, U e C diventavano due zeri) al fine di edulcorare o mascherare il concetto. Così ha scritto la tesi di cui sopra, tornata improvvisamente di moda oggi: all’epoca aveva analizzato il significato semiotico (legato al segno) della parola e come cambiava a seconda del contesto e del supporto. Una tesi molto interessante, del resto, tanto da essere uno dei pochissimi casi di tesi citate dai media generalisti (a cui fa gola più l’aspetto gossipparo che altro, purtroppo) e con significati legati alla semiotica come alla street art, sottolineando l’importanza della curiosità e dell’entusiasmo nell’approccio all’università e nella ricerca. Curiosità, alla fine. Non semplicemente il fatto di scrivere la parolaccia e godersi il fetish (eccallà, di nuovo) di averla pronunciata. Un qualcosa che si dovrebbe ripescare dalle profondità dell’accademia non solo italiana, del resto, con il sospetto che dall’altra parte non siano di questa idea e possano rispondere, inaspettatamente: 800A.

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