[Internet] Antiautoritari fino al midollo!


Internet è stata risaputamente progettata in modo tale da poter resistere ad un attacco nucleare (o forse no: venne progettata da giovani ingegneri e studenti universitari che rifiutarono di andare in guerra contro il Vietnam, che difficilmente avrebbero accettato di lavorarci con presupposti bellici). Forse sì, forse no: le fonti sono contraddittorie a riguardo.

La rete, di per sè, non è messa meglio di quanto non fosse all’inizio: certo l’evoluzione tecnologica è stata spaventosa e sostanziale, ma i problemi di sicurezza su Internet permangono – una semplice e-mail e facile da falsificare oggi come quarant’anni fa, e questo per il semplice fatto e non è sembrato prioritario renderla tale. Ad oggi l’architettura della rete rende difficile controllare o tracciare i pacchetti che sfrecciano attraverso i suoi nodi – sicuramente non impossibile. Gli anni dei crescenti attacchi hacker solleva la questione se sia auspicabile creare meccanismi che consentano agli utenti di scegliere di far parte di una Internet nuova, che offra al limite meno anonimato a costo di una maggiore verifica dell’identità dell’utente, del certificato e dell’origine del messaggio. I sostenitori delle libertà digitali, come sempre, non saranno d’accordo, e i reazionari alimenterano questo argomento come vitale per la sopravvivenza.

La questione se Internet sia nata o meno per scopi militari è squisitamente ideologica, se consideriamo nel suo insieme. Se guardiamo la questione da un punto di vista informatico, di fatto, emerge la contraddizione di cui sopra: il fatto di aver reso la rete resistente a eventuali danni fisici distribuiti sulla stessa, grazie al sistema della commutazione a pacchetto, ha finito indirettamente per renderla vulnerabile da un punto ad ogni genere di script malevolo, di malware, di dispositivo di spionaggio e via dicendo. Questo perché la valutazione del rischio è stata fatta in un’epoca in cui gli attacchi informatici non esistevano neanche, motivo per cui il rinnovamento avvenuto soltanto in parte e soltanto da parte di alcuni attori commerciali commerciali, se si pensa che per molti anni anche molti nazionali molto grosse hanno continuato a fare uso di certificati HTTPS fallati, e che gran parte delle componenti su cui si poggiano l’architettura online non vengono neanche mantenuti perché magari sono progetti open source semi abbandonati o gestiti in maniera amatoriale. Un effetto collaterale non da poco, per cui non è da escludere che possa uscire fuori prima o poi una pezza a livello globale che cambi le regole di connessione per tutti.

L’idea che Internet sia nata in un ambito militare, ad ogni modo, è generalmente data per buona dalla maggioranza delle fonti, e serve anche a guidare una logica paranoica di cui oggi non si può non tener conto: questo perché Internet è uno strumento che utilizziamo tutti, e soprattutto perché gli squilibri geopolitici a livello mondiale ormai non si contano ed è impossibile non farsi venire un brivido di paura pensando che la stessa internet in cui sguazziamo tutti è nata in un contesto militare in cui, potremmo dire, ci troviamo nostro malgrado.

La storia di ARPANET (Advanced Research Projects Agency), la “nonna” di internet attuale, è ben nota / ribadita allo sfinimento: nasce nel contesto del Ministero della Difesa USA, e sembra realistico pensare che venne abbondantemente finanziata per scopi dichiaratamente bellici. Nella migliore delle ipotesi questo avvenne perché la storia insegna che è facile farsi dare soldi per finanziare guerre presenti o future, per potenziare le difese o gli attacchi di una nazione, e lo è molto più che farsi finanziare sanità e scuola. Che internet sia uno strumento puramente “nazionalistico” ad ogni caso sembra una forzatura, e basta andare a vedere la storia – raccontata ad esempio in un bell’articolo presente nell’archivio del Time – per rendersi conto che l’origine di ARPANET si diluisce in una cronaca contraddittoria e ideologica, forse contraddittoria proprio perché ideologica.

In pochi sanno, ad esempio, che l’inventore delle rete pacchetto sull’inizio degli anni 60 fu un ricercatore di nome Paul Baran, uno di quei nomi assieme a Robert William Taylor tendenzialmente dimenticati o sottovalutati dai libri di storia, che è un po’ lo stesso fenomeno per cui tutti ricordano Elon Mask o Steve Jobs e quasi nessuno ricorda Tim Barners Lee eBjarne Stroustrup, nonostante il contributo di questi ultimi sia stato onestamente più decisivo per lo sviluppo successivo delle tecnologie (il primo ha solo inventato il WWW, il secondo il linguaggio C++ sul quale si basano gran parte delle architetture informatiche).

Per rispondere alla domanda se Internet sia stata intenzionalmente progettata per sopravvivere a un attacco nucleare (il che come accennavamo potrebbe essere stata una cattiva scelta, e aver determinato tragicomicamente la sua facile attaccabilità da parte di malware, script e virus) bisogna considerare esistenza di un articolo del 1990 o giù di lì in cui il time riferiva l’aspetto militare legato allo sviluppo della tecnologia ARPANET come imprescindibile per il finanziamento della stessa.

Questa fonte secondo l’articolo citato era Stephen Lukasik, che ha diretto l’ARPA dal 1967 fino al 1974, e che sostiene che il personale che era all’opera per definire lo standard della commutazione pacchetto poteva non essere pienamente a conoscenza degli scopi del progetto stesso. L’idea era quella di creare una rete che fosse resistente a eventuali guasti, cosa che effettivamente si è avverata perché anche un comune disastro naturale può invalidare il funzionamento della rete ma poi diventa facile ripristinarlo e mai nessuno rimane totalmente senza Internet oggi, in effetti, anche per questo motivo.

Robert William Taylor fu uno degli informatici che aveva avuto l’idea di creare creare un protocollo che fosse in grado di comandare un computer a distanza, e da quello che sappiamo una lettera di protesta al giornale per aver presentato il progetto cui aveva lavorato come puramente bellico. Purtroppo non disponiamo dell’articolo originale almeno ad oggi, e dalle fonti online che ho trovato non sono riuscito a reperirlo, ma non è difficile immaginare che la verità che portava quell’articolo fosse comunque pilotata da un credo ideologico, che serviva nell’intenzione ideale di un direttore del progetto a fare in modo che il progetto fosse finanziato, e non fosse eventualmente sminuito in seguito.

D’altro canto i laureati che avevano lavorato ad ARPANET vengono definiti dall’articolo come “antiautoritari fino al midollo“, una definizione che non lascia spazio a equivoci: difficilmente degli studenti che avevano rifiutato anche di andare in guerra in Vietnam, e che sicuramente risentivano del clima della contestazione, avrebbero accettato di lavorare a un progetto militare, a meno che ovviamente non gliel’avessero nascosto. Il che sembra più che altro una trama di un X file, un ennesimo complotto nella nostra storia a cui non ci viene molto facile credere da un certo punto di vista: soprattutto oggi che il complotto è ovunque, se non riesco a uscire con una ragazza è un complotto, se non riesco arrivare a fine mese è un complotto, se non finisco di leggere questo articolo è perché mia suocera complotta contro di me. Non è che sia impossibile, ma ad oggi una risposta definitiva non può essere data.

Il coordinatore del progetto, peraltro, era uno studente dell’UCLA di nome Steve Crocker, che aveva deciso di armonizzare il lavoro di gruppo inventando quelli che sarebbero poi diventati gli RFC, i documenti Request For Comments che servivano a valorizzare il lavoro cooperativo nella definizione di uno standard di comunicazione, e che vengono utilizzati ancora oggi per definire “strumenti del mestiere” come: DNS, HTTP, FTP e via dicendo.

La prospettiva da acquisire è puramente parallattica o dipende dal punto di osservazione, ricorda l’articolo: “Come ha spiegato Lukasik a Crocker, “io ero sopra e tu eri sotto, quindi non avevi davvero idea di cosa stesse succedendo sul serio.“. Crocker ha risposto, con un pizzico di umorismo e saggezza, “Io ero in basso e tu in alto, quindi non avevi idea di cosa stesse succedendo sul serio.

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