Il cinema ha spesso esplorato le complesse sfaccettature dell’identità di genere attraverso una vasta gamma di generi, tra cui il thriller. Attraverso storie intense, misteriose e spesso sorprendenti, i thriller cinematografici hanno fornito un terreno fertile per esplorare i confini fluidi e le sfide della rappresentazione dell’identità di genere. Questo sottogenere del thriller, con la sua capacità di creare suspense, tensione e rivelazioni inaspettate, ha affrontato tematiche sull’identità di genere in modi audaci e provocatori. Nel caso dell’identità di genere, nello specifico, la provocazione (naturalmente) è intesa solo nei confronti dei pregiudizi di genere, che purtroppo ancora oggi fanno discutere e dibattere, dimenticando e trascurando le identità dei singoli e creando ghetti reali o simboli in cui confinarli, arrivando a negare l’esistenza del problema.
Final girl
Ci muoviamo sulla falsariga di un celebre saggio di Carol J. Clover, docente universitaria di Berkeley la quale, analizzando il cinema horror da una prospettiva femminista – il saggio è ovviamente “Men, Women, and Chain Saws: Gender in the Modern Horror Film” pubblicato nel 1992 – analizza in profondità il ruolo del genere nei film horror, concentrandosi principalmente sulla rappresentazione di uomini e donne nei film del genere. “Men, Women, and Chain Saws” è un testo significativo nel campo degli studi cinematografici di genere, poiché offre un’analisi approfondita delle dinamiche di genere nel contesto specifico del cinema horror, contribuendo alla comprensione delle rappresentazioni di uomini, donne e identità di genere all’interno di questo genere cinematografico.
Clover esamina come i film horror, in particolare quelli degli anni ’70 e ’80, presentino una serie di stereotipi e convenzioni di genere per cui spesso sono pervenute accuse di razzismo e misoginia, smentendoli del tutto. Uno dei concetti chiave del suo lavoro, del resto, è la teoria dello “spettatore final girl” (la ragazza finale), in cui sostiene che molti film horror coinvolgano un personaggio femminile, la “final girl”, che sopravvive alla fine del film dopo aver affrontato il pericolo rappresentato dal mostro o dal cattivo.
La “final girl” (termine coniato dall’autrice stessa in questo saggio) è tipicamente descritta come una ragazza intelligente, virtuosa e spesso sessualmente repressa, che alla fine del film sfida e/o batte il nemico, diventando un’icona di forza e resistenza/resilienza femminile. Clover analizza come questi film siano strutturati in modo da mettere in risalto la centralità del personaggio femminile e la sua forza interiore nella lotta contro il male. Inoltre il saggio esplora anche il concetto di “scopofilia“, ovvero il piacere derivante dalla visione del pericolo, spesso associato alla prospettiva maschile nei film horror. Clover sostiene che il genere nel cinema horror non sia semplicemente una questione di ruoli sessuali stereotipati, ma un modo per esplorare la complessità delle identità di genere, delle dinamiche di potere e della rappresentazione delle paure sociali e culturali.
Cosa si intende per identità di genere
L’identità di genere si riferisce al senso interno e personale di essere maschio, femmina, entrambi o nessuno dei due. È diversa dall’aspetto biologico del sesso e si basa più sulla percezione individuale, sulla propria esperienza e sulla relazione con il concetto di genere all’interno della società.
Ecco alcuni punti chiave sull’identità di genere:
- Indipendenza dal Sesso Biologico: L’identità di genere non è necessariamente legata al sesso biologico di una persona. Alcune persone possono identificarsi con il genere assegnato alla nascita (cisgender), mentre altre possono identificarsi con un genere diverso da quello assegnato alla nascita (transgender).
- Spectro di Identità: L’identità di genere non è binaria. Esistono molte identità di genere diverse al di là di “maschio” e “femmina”, come genderqueer, non-binario, genderfluid, ecc.
- Esperienza Personale: È un’esperienza individuale e può variare notevolmente da persona a persona. Alcune persone possono sperimentare un’identità di genere stabile nel tempo, mentre altre possono avere un’identità di genere più fluida.
- Riconoscimento Sociale: L’accettazione sociale e il riconoscimento dell’identità di genere sono importanti per la salute mentale e il benessere delle persone che non si identificano con il genere assegnato alla nascita.
- Espressione di Genere: L’identità di genere può influenzare anche l’espressione di genere, ovvero il modo in cui una persona sceglie di presentarsi e comportarsi in base al genere con cui si identifica.
- Diritti e Rappresentanza: Le persone trans e non binarie spesso lottano per i loro diritti, inclusa la rappresentanza, la parità di trattamento e l’accesso a cure mediche e servizi appropriati.
In sintesi, l’identità di genere riguarda come le persone si percepiscono e si identificano rispetto al concetto di genere, che può essere diverso o indipendente dal loro sesso biologico. È un concetto complesso e vario che influenza l’esperienza individuale e il modo in cui le persone si relazionano alla società e alla cultura in cui vivono.
Attenzione: il resto dell’articolo può contenere spoiler e dettagli molto (molto!) rilevanti sul film che trattano la questione e che afferiscono al thriller.
Psycho
“Psycho” di Alfred Hitchcock, sebbene sia principalmente noto come un thriller psicologico e horror, contiene elementi che possono essere interpretati come riflessioni sull’identità di genere. Il film esplora sottilmente la complessità dell’identità attraverso il personaggio di Norman Bates, contribuendo alla discussione sulle rappresentazioni di genere e sulla percezione nella società.
Il punto centrale di interesse nell’analisi dell’identità di genere in “Psycho” è rappresentato da Norman Bates. La caratterizzazione di Norman è strutturata in modo tale da sollevare questioni su diversi aspetti dell’identità di genere, sebbene il film non ne parli esplicitamente.
La relazione di Norman con la madre, che è rivelata solo più avanti nel film, è un elemento chiave per comprendere la sua identità. Norman ha sviluppato una personalità divisa, assumendo a tratti il ruolo della madre, che è morta tempo prima. Questo processo di identificazione e impersonificazione di un altro genere è stato interpretato come un elemento centrale sull’identità di genere del personaggio.
Il personaggio di Norman Bates rappresenta una complessa sfida alle tradizionali norme di genere. La sua ambiguità e la sua identità divisa evidenziano la fluidezza delle identità di genere e la complessità dell’auto-percezione, suggerendo che l’identità può essere frammentata e sfuggire alle convenzioni binarie.
Sebbene “Psycho” non sia stato originariamente concepito come un film specificamente centrato sull’identità di genere, la sua rappresentazione complessa e sfaccettata di Norman Bates ha dato spazio a diverse interpretazioni che hanno contribuito al discorso sull’identità di genere e sulla sua rappresentazione nel cinema.
Leatherface
È chiaro che il genere thriller fornisce un quadro parziale su un problema molto complesso, che non possiamo affrontare in chiave riduzionistica nè tantomeno, all’eccesso opposto, rigettarlo completamente. Il finale del film Leatherface di Bustillo-Maury, che propone un rehash di Non aprite quella porta su un singolo villain, al punto di prefigurarsi come saggio del genere. Sfruttando la consueta iconografia realistica e grottesca al tempo stesso, Leatherface propone la nascita e la genesi del personaggio che in seguito diventerà il sadico personaggio con la motosega dei film successivi: vediamo pero’, sulle prima, un ospedale psichiatrico in cui sono presenti più ragazzi. Non sappiamo, di fatto, quale di loro diventerà Leatherface, e l’unico modo che abbiamo per scoprirlo è vedere il film.
Per quanto il film non sia stato generalmente troppo amato dagli amanti di Hooper, vale la pena spoilerare il finale: Leatherface è inseguito dallo sceriffo in cerca di vendetta e quasi ha stabilito un legame emotivo col personaggio di Lizzy. Jedidiah Sawyer (il vero nome del villain, secondo questa saga) non avrà pietà, ucciderà entrambi e si costruirà una maschera di pelle umano per metà col viso dello sceriffo, per l’altra metà con quello della donna.
Le due persone più importanti della sua esistenza, con l’ulteriore ambiguità del sesso, metà maschio metà femmina, che lo caratterizzerà mentre si trucca con il rossetto, rompendo i suoi equilibri interni e segnando la sua nascita come mostro, che spacca lo specchio come simbolo di rottura interiore ma anche di sostanziale sfida alle norme sociali e culturali. Le stesse norme della società in cui ci pregiamo indebitamente di vivere, a volte, che discriminano e ghettizzano quelle che considerano mere diversità.
Sleepaway camp
il film “Sleepaway Camp” del 1983 presenta tematiche legate all’identità di genere. Il film è noto per il suo finale sorprendente che affronta la questione dell’identità di genere in modo inatteso e controverso.
Nel film, il personaggio principale, Angela Baker, è una ragazza timida e riservata che trascorre l’estate in un campo estivo. Durante il film, il suo comportamento è spesso descritto come strano o inquietante dagli altri campeggiatori. Alla fine del film, viene rivelato che Angela è transgender.
Il colpo di scena finale mostra che Angela è in realtà Peter, il fratello gemello di Angela, che è morto in un incidente quando erano bambini. Angela è stata cresciuta come Angela dalla sua eccentrica e disturbata zia, che voleva creare una figlia dopo la perdita del figlio. Angela/Peter è stata costretta a vivere come ragazza dalla zia, causando una grande confusione identitaria.
La rivelazione finale sul vero genere di Angela/Peter è stata audace e controversa per l’epoca in cui è uscito il film, poiché ha affrontato tematiche riguardanti l’identità di genere e la percezione sociale del genere in un modo insolito e inaspettato per un film horror del periodo.
La rappresentazione dell’identità di genere in “Sleepaway Camp” è stata oggetto di discussioni e analisi per il modo in cui il film ha affrontato questi temi, sebbene in modo controverso e con alcune critiche per il modo in cui è stata trattata la questione dell’identità transgender.