Il porno non è un mostro da combattere
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Chi ha paura del porno tende a descriverlo come genere alienante che non dice nulla sulla realtà della sessualità e delle relazioni. Si tratta di un falso problema, a nostro avviso, perché la pornografia non ha affatto questa ambizione nè, probabilmente, mai l’ha avuta. La guida perversa al cinema di Slavoj Zizek illumina, da tanti punti di vista, e mostra come sia agevole per un recensore descrivere un film sfruttando la terminologia psicoanalitica e gli schemi che la caratterizzano; se l’analisi è acuta e lungimirante su vari film più o meno noti, va clamorosamente fuori strada – a nostro avviso, s’intende – sul discorso del genere porno.

Il che sembra un po’ il paradosso – che capita, effettivamente, nella realtà – di chi riesce a risolvere gli integrali tripli uno dietro l’altro e poi perde la bussola, misteriosamente, di fronte ad un’equazione di secondo grado. Per Zizek il porno è un po’ lo  strano caso della pornografia, che viene definito come un genere

profondamente conservatore. Non è un genere in cui tutto è permesso, perché si basa su un divieto di fondo. Si varca una soglia, si vede tutto, primi piani e così via, ma ad un prezzo ben preciso: la narrativa che giustifica l’atto sessuale non può essere presa sul serio. Gli sceneggiatori porno non possono essere così stupidi. Quelle trame dozzinali con la casalinga sola in casa, l’idraulico ripara il buco, arriva la casalinga e gli fa: scusi, avrei un altro buco da riparare,  può aiutarmi? C’è chiaramente un certo tipo di censura in atto.

Chiunque sia consumatore di pornografia passivo – o addirittura attivo – sa bene che questa analisi risulta profondamente riduttiva, parziale (non considera il porno amatoriale, evidentemente, che in realtà ha sancito il successo del genere, senza contare che solo in Italia ci sarebbero oltre 120 mila sex worker semi-anonimi; la stima è probabilmente al ribasso. Senza contare che, nel novero degli attivi, ci potrebbero essere quelli inconsapevolmente finiti, durante qualche gioco erotico privato, dentro il dark web).

Dal boom pornografico degli anni 70, in cui si ha l’esplosione del genere soprattutto con Gola profonda (ma anche con Behind the green door, dove le bellezze di Marilyn Chambers colpirono l’immaginario erotico al punto che David Cronenberg la volle a titolo di presenza iconica, quasi vampiresca, sulfurea quanto tenebrosa, dentro Rabid – Sete di sangue), fino ad arrivare all’esplosione del genere grazie ad internet, l’espansione del genere non ha conosciuto limiti. Il divieto di fondo poteva essere valido più o meno fino agli anni 90, che è probabilmente il periodo a cui si riferisce il filosofo sloveno, dove la cosa più strana che ti poteva capitare prevedeva comunque la presenza di una pornostar di professione. Oggi non è più così. Con l’avvento del web, e soprattutto della sua variante cosiddetta 2.0, chiunque può essere una pornostar, l’uomo e la donna qualunque sono diventate pornostar e gran parte del genere amatoriale affascina, di fatto, perché si basa su fantasie sessuali che accomunano l’umanità a prescindere da genere e sesso. La pornografia è un genere tendenzialmente inclusivo, e non più legato necessariamente all’oggettificazione della donna – per quanto questo approccio permanga in alcuni generi, ovviamente, e la questione non si possa liquidare in poche righe.

Le regole di internet inventate su 4chan parlavano chiaro, del resto: se esiste qualcosa esiste anche la sua versione porno; se non esiste ancora, esisterà presto. In un certo senso è inquietante, perché ci pone in un calderone di passività pornografica nostro malgrado in cui molti avranno ribrezzo, orrore e sdegno far parte: però colpisce come una affermazione del genere, tipicamente no copyright perché è stata scritta su internet, e si è diffusa come se fosse un meme, da anonima, riesce a cogliere meglio il senso della pornografia di oggi più di quanto faccia qualsiasi altra analisi. Ho preso spunto dall’analisi di Zizek perché sembra calzante – quando in realtà non lo è, e per una volta finiamo per contraddire uno dei nostri filosofi preferiti.

Gli sceneggiatori porno non possono essere così stupidi! Un attimo, pero’. C’è da dire che gran parte della pornografia che è disponibile nei tube video sia liberi che a pagamento, di fatto, NON si basa su un’idea così stereotipata come quella dell’idraulico o dell’analogia pene-tubo. Va molto, molto più di moda l’idea generale di cercare qualcosa che possa esserci familiare, segretamente familiare, che possa fungere da coadiuvante, virando su mille sfumature di gioco di ruolo, e anche a costo di immaginare l’impossibile (sesso con lo specialista in maxillo-facciale, sesso orale con l’avvocato canadese, petting col chirurgo di Massa Carrara, threesome col giudice ateo, rough sex con il proprio analista). Long tail, dicono quelli bravi in economia 3.0: la coda lunga dei micromercati iper-specializzati. A quanto pare se cerchi su Google una parola qualsiasi seguita dalla stringa pornhub, per intenderci, uscirà comunque fuori una pagina di risultati in ogni caso. Il porno non è un mostro da combattere proprio perchè si colloca tutto sommato nell’ottica paritaria di cercare di accontentare chiunque.

Qualche esempio tra le ricerche più comuni aiuterà a capire di che cosa parliamo sul serio, al netto del nostro amatissimo plumber: nel rapporto stilato da Pornhub nel 2022, per intenderci, le ricerche del sottogenere reality porn sono aumentate del 169%, con sfumature diversissime tra loro, ma legate all’idea di un porno finalmente realistico. Sesso fatto in casa, reale, come davvero si fa nel nostro privato, senza mugugni improbabili e con dialoghi in italiano, magari: real amateur homemade (+310%),homemade threesome, homemade swingers, “real orgasm”, “real couple”, “real massage” (+42% dall’anno precedente).

Poco sorprendentemente, del resto, al secondo posto della classifica si pone il sottogenere gender, che ha a che fare essenzialmente con la transessualità, e per cui l’Italia si piazza al terzo posto nel mondo, a livello di popolarità mondiale. Esempi possono essere “non binary”, “gender x”, “androgynous”, FTM” (female to male), “MTF” (male to female), “transgender threesome”, “transgender surprise”. Nel seguito troviamo, in ordine sparso: sesso all’aperto, sesso di gruppo, femdom, incentrato su posizioni specifiche (scissoring molto popolare, pare), feticismo dei piedi. Senza contare i feticismi in senso ampio, ancorati ad un senso di realismo sempre più impellente: per esempio i video di donne e uomini che accettano di farsi prima intervistare senza filtro, per poi mostrare come realmente si masturbano o come fanno sesso in privato, senza lesinare particolari sulle preferenze, sulle posizioni o sulle zone erogene preferite. Tra i roleplay preferiti, abbiamo hentai (un sottogenere intramontabile), MILF e naturalmente stepmom.

Già il sottogenere stepmom meriterebbe un trattato psicoanalitico: rappresenta infatti situazioni erotiche in cui un figliastro fa sesso con la matrigna, il più delle volte sfruttando situazioni ambigue di condivisione del letto o di erezioni improvvise a cui “provvedere”. Tra le situazioni più strane c’è il feticismo del solletico, ad esempio, che viene spesso seguito da un climax orgasmatico, ma potremmo citare i porno voyeur, incentrati sui centri massaggi, sulla segretaria in upskirt, sulla collega di smartworking che cerca un diversivo dopo il lavoro. Di fatto sono tutte situazioni accomunate dal non essere patinate, sono situazioni in cui è stato abolita la pornostar maschile con pelo in vista e catena d’oro, magari un po’ stempiato e con cui il boomer d’epoca potesse identificarsi: questi prodotti sono spesso anonimi, non vengono inquadrati volti per cui ognuno può immaginare chi preferisce. E se consideriamo la possibilità di sexing e videochat erotiche (sesso in diretta, ma a distanza), nonchè l’esplosione di deepnude – il porno fabbricato da algoritmi – il quadro diventa ben più ampio di quanto potessimo immaginare all’inizio.

Sono tutte situazioni che tengono al minimo il supporto fantasmatico, l’ideologia sottostante, l’idea che il più delle volte quando ci troviamo in situazioni intime con qualcuno, in generale, qualche grado di simpatia di empatia o di coinvolgimento emotivo ci sarà sempre. Queste nuove forme di porno travalicano il problema e riescono, di fatto, a piazzarsi sulla coda lunga dei nostri desideri, la long tail che rappresentava, in origine, i piccoli micromercati specializzati in cui si andavano a scaglionare (e scoglionare, in alcuni casi) i consumatori: fan di Apple, fan di Android, fan di Xbox, fan di PlayStation, fan di guerre stellari, di Donald Trump, di Joe Biden, …

Il porno è connaturato alla nostra realtà, e lo dimostra il livello di sovrastimolazione a cui siamo nostro malgrado sottoposti, nella misura in cui si fantastica eroticamente su qualsiasi cosa non tanto per l’ormai consolidata sessualizzazione pubblicitaria e massmedia, ma perchè è plausibile che molti di noi (annegati tra scadenze, scalette, impegni tra amici e reunion tra amici di Facebook) non abbiamo il giusto tempo da dedicare al sesso. La pornografia un po’ attenua questo bisogno, per quanto ovviamente non possa sostituire in toto proprio nulla: può essere un supporto fantasmatico facile da reperire, ma tanto basta. Ecco perché secondo me qualsiasi crociata contro la pornografia è molto poco logica, mentra la sua dipendenza va combattuta, al limite, a monte: se si vuole combattere la pornografia siamo già nella situazione di chi ne ha bisogno morbosamente per andare avanti nella vita, non di chi lo usa come valvola di sfogo.

Ed è per questo che il porno non potrà mai essere un mostro da combattere, a meno di non aspirare ad auto-decapitarci virtualmente.

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