Una ragazza viene perseguitata da un’entità sovrannaturale subito dopo aver fatto sesso con un ragazzo.
In breve. Un buon film, anche parzialmente sottovalutato. Non dice granchè ad una prima visione, forse, ma è ricco di dettagli e scelte registiche che lo rendono meno banale di quello che possa sembrare.
Girato con un budget di 1.3 milioni di dollari nello stato del Michigan (ne guadagnò circa 20 al botteghino), It follows (che significa letteralmente “lui ti segue“) è un horror americano sulla falsariga di vari modelli narrativi analoghi, che riesce a colpire fin da subito l’attenzione dello spettatore. Il film sa costruire la tensione su una semplice situazione base – la persecuzione come idea pura, ossessiva quanto semplice nella sua costruzione – senza ricorrere a splatter o violenza esplicita (che, seppure a sprazzi, è presente e decisamente shockante).
Il concept dietro IT follows si basa su un incubo ricorrente del regista David Robert Mitchell, ovvero una figura minacciosa, lenta a muoversi ed inquietante che continuava a seguirlo ovunque, nei suoi sogni. Esattamente la medesima figura che perseguita la protagonista, e sulla quale si potrebbero sprecare parallelismi, riletture e simbolismi di ogni natura. È chiaro, quindi, che la figura in questione potrebbe definirsi una sorta di Nightmare impersonale e multiforme, nello specifico simbolo dei rimorsi e dei sensi di colpa che perseguitano alcune persone, dopo degli incontri di natura sessuale.
Ed il fatto che si tratti di una vittima molto giovane, che “passa” con disinvoltura a “seguire” persone diverse in seguito ad un amplesso, sembra rendere lecito, almeno in parte, il parallelismo col capolavoro di Wes Craven. Non è da poco, del resto, osservare come il mondo degli adulti sembri del tutto indifferente alle problematiche dei ragazzi della storia, consolidando così la coerenza del parallelismo – tanto che, in pochi hanno notato, la madre delle due sorelle Jay e Kelly non si vede mai troppo chiaramente sullo schermo (quando parla al telefono, ad esempio, il viso viene nascosto dai capelli, e in altre occasioni viene inquadrata fuori fuoco, solo per pochi secondi, senza mai parlare o parzialmente fuori dallo schermo): un’idea inquietante, brillante quanto semplice.
Del resto Mitchell ha citato Romero e Carpenter (le musiche di It follows, per la cronaca, sono tastiere tipicamente carpenteriane) come sue maggiori fonti di ispirazione, per cui si possono scomodare analogie di ogni genere con quel cinema ottantiano e settantiano, e anche (per non dire soprattutto) con il primo Halloween. Non c’è dubbio che il villain camaleontico di It follows, infatti, possa avere ulteriori analogie con Michael Myers, anche perchè sembra colpire le proprie vittime punendole, in qualche modo, per aver fornicato. Le stesse atmosfere del film (il quartiere periferico e a misura d’uomo in cui si ambienta la storia) richiamano in modo abbastanza chiaro quelle di Haddonfield.
Che poi l’”it” del titolo possa rappresentare l’incubo delle malattie sessualmente trasmissibili è una lettura tanto immediata da apparire ovvia, per quanto il focus non sia incentrato esclusivamente su questo aspetto: la “cosa”, il villain, lo spirito maligno o comunque lo si voglia chiamare perseguita senza essere visto da altri, costruendosi come vera e propria ossessione mentale, prima che fisica.
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