Un militare, dopo gli orrori della guerra in Iraq, si reca nel bel mezzo della natura incontaminata per praticare la sua passione, il biking: lì incontra una ragazza con cui lega immediatamente e due cinici cacciatori di frodo, con i quali i rapporti si incrineranno quasi immediatamente. A breve una oscura forza della natura farà la propria comparsa …
In breve. Vive su un script molto solido e ben studiato, e recensirlo parlandone a fondo rischierebbe di diventare un’operazione di mero spoileraggio. Molto meglio guardarlo direttamente – piacerà agli appassionati di horror puro e non solo – e restare sorpresi (presumibilmente) dalle buone capacità registiche di Zampaglione, oltre che della sua profonda conoscenza del cinema di genere (italiano e non solo).
Credo che con questo film Federico Zampaglione abbia dimostrato che il cinema horror all’italiana è tutt’altro che defunto e riesce a rifarsi apertamente anche agli stereotipi di quello più mainstream che possa esistere, senza pero’rinunciare al tocco di personalità soprattutto nella creazione di effetti analogici come solo Argento e Fulci avrebbero saputo durante gli anni d’oro. Insomma si tratta della linea seguita in parte da Boni e Ristori con Eaters – che pero’ usano maggiormente effetti digitali – atta sostanzialmente a recuperare una dignità rispettabile ad un genere troppo spesso “massacrato” da numerosi “dilettanti allo sbaraglio”: creare atmosfere di tensione D.O.C., e riuscire a farlo senza scatenare l’effetto sgradevole (che molti provano, evidentemente) quando vedono un film dell’orrore recitato da attori italiani. Sarà l’effetto straniante di vedere interpreti che solitamente recitano altri ruoli come Paolo Sassanelli – visto in serie TV alquanto “commerciali” e capacissimo di rendere personaggi tosti e cattivi come Ubaldo Terzani – che non riescono complessivamente a farci liberare, almeno non del tutto, del pregiudizio che i prodotti esteri siano sempre e comunque migliori. Sarà un effetto collaterale del doppiaggio, ancora non l’ho stabilito per certo: sta di fatto che in Shadow non ci sono scuse, per come si presenta dall’inizio potrebbe essere un film alla pari con buoni prodotti quali Allucinazione perversa (da cui l’opera eredita più di qualcosa, sia come forma che come sostanza).
Zampaglione effettua un’operazione di sostanziale rielaborazione sul cinema di genere, e si nota fin dalle prime situazioni le quali ricalcano un indefinibile “già visto” senza scopiazzature, con grande abilità concettuale e notevole capacità di esasperare i contrasti tra i personaggi. Molte situazioni sono apertamente ereditate dai classici revenge movie – quelli con pochi personaggi in conflitto tra loro in ambienti ostili, per i quali i rapporti umani sono portati ad essere affinati, parzialmente ridefiniti o del tutto ribaltati. Altre sequenze – tipo quella gelida all’interno del laboratorio di Mortis – ricalcano invece le dinamiche del classico torture porn alla Hostel, con la differenza fondamentale (e qui sta il bello) che il sottotesto è differente e solo gli spettatori più navigati se ne accorgeranno da subito. Le piccole apparenti anomalie che si rivelano all’interno dell’intreccio, di fatto, non sono un mero esercizio di stile ma servono a ridefinire un’atmosfera unica, che rende questo film un vero gioiello che omaggia – forse involontariamente, ma nei fatti mi pare così – lo spirito di un cult del passato come “E Johnny prese il fucile“. Da non perdere per nessuno motivo.
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