Madre e sorella di Jonathan Parker vengono uccise da un misterioso killer dall’andatura zoppicante; il ragazzo sembra aver sognato nitidamente l’avvenimento la notte in cui è avvenuto l’omicidio.
In breve. Un classico dell’horror ottantiano, con il quale Wes Craven devia leggermente dalla sua produzione dedicandosi al thriller a tinte surreali-fantasy. Neanche più di tanto, per la verità, visto che il confine tra sogno e realtà era stato già ampiamente sviscerato in Nightmare.
Cult nelle videoteche e nei cinema al tempo dell’uscita, è stato quasi irreperibile in lingua italiana prima che lo editasse la Pulp Video (peraltro a prezzo stracciato). Sotto shock (Shocker) è stato concepito come spin-off / franchise del primo Nightmare, dal quale effettivamente eredita parecchio del feeling – la presenza oscura e minacciosa che sembra arrivare dal mondo dei sogni, i ragazzi che lo combattono, l’oscurità e l’odio (l’elettricità, in questo caso) che lo rendono quasi invincibile. La citazione di Freddy Krueger è talmente spudorata che l’incipit stesso la suggerisce: invece di vederlo fabbricarsi l’artiglio, vediamo Pinker intento ad aggiustare una televisione.
Certo, visto oggi, alcune trovate sono effettivamente notevoli ed altre fanno sorridere, ma per l’epoca fu un discreto horror, forse poco capito – oltre che passato sottogamba rispetto al resto della rinomata produzione di Craven. Shocker, in tal senso, è un film da riscoprire con tutti i tipici pregi (e certe forzature romanticheggianti) che potevano avere i film ottantiani.
Un regista che ha diretto film praticamente di ogni genere, dall’exploitation delle origini ai classici del terrore anni 80 e 90, e che qui mostra una vena registica sublime a livello di tempi (l’assassino che compare all’improvviso) e di modi (siamo a fine anni ’80, e c’è tutto quello che compone e realizza un buon horror dell’epoca). Ulteriore motivo di pregio è legato al fatto che il film sia costellato di una certa vena di dark-humour, visibile soprattutto nella spettacolare parte finale (il duello finale dentro la televisione). Girato in sole 10 settimane con un piccolo cast di attori, con un plot scritto interamente da Craven stesso, a quanto pare in risposta alla qualità decrescente dei seguiti della saga del suo Freddy (Nightmare 3 era stato, all’epoca, l’ultimo a cui aveva collaborato). Le trovate originali sono il principale motivo di interesse per un film che, visto oggi, mostra incredibili sprazzi di modernità e sembra quasi anticipare cose che si sarebbero viste nella realtà solo 30 anni dopo (ad oggi potremmo definire Shocker un film incentrato su una sorta di realtà aumentata ante-litteram).
Horace Pinker è il villain protagonista, un riparatore di TV dall’anima oscura dotato (prima che di una forza sovrumana) di un cinismo ed una cattiveria senza eguali: espressione di malvagità assoluta, che effettua dei grotteschi riti pseudo-satanici incentrati sul mezzo televisivo e sulla corrente elettrica, killer spietato senza un reale movente, si muove con disinvolutura tra un corpo e l’altro delle vittime, come una sorta di fantasma digitale. È chiaro che la metafora di Craven sia dichiaratamente anti-televisiva e contro le sue degenerazioni, tanto che nel film compaiono più volte fanatici predicatori religiosi ed anchor-men in cerca di scoop facili. Del resto ci voleva poco per rendere il film fiacco, cosa che non succede – visto che la trama è zeppa di trovate originali e di un livello di interpretazione al di sopra della media: basterebbe guardare i corpi posseduti da Pinker che zoppicano e si comportano esattamente come lui per rendersene conto. In questo senso e per le sue molteplici influenze, Shocker è naturalmente debitore sia de La cosa che naturalmente di Videodrome.
L’idea di un assassino che sopravvive alla sedia elettrica, per la verità, non è nemmeno nuovissima: almeno altri tre film avevano già proposto l’idea, anche se con scarso successo in termini di popolarità (IMDB cita La casa 7, Prison e L’occhio della morte).
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