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Super Mario Bros. era già uscito negli anni novanta (in versione cyberpunk)

Stando a una bella intervista al regista Rocky Morton (che ha diretto questo lavoro assieme alla compagna Annabel Jankel, a quanto pare senza troppa convinzione sul risultato), “per la maggior parte i videogame sono meglio dei film, credo. La cosa bella dei giochi è che ne fai parte, mentre un’esperienza cinematografica è passiva. Quindi, in un certo senso, il gioco è un’esperienza più completa“. Detto dal regista di un film, fa riflettere. E sembra un’affermazione significativa per approcciare ad uno dei film “cult” più celebri e citati degli anni 90, che vale la pena riesumare mentre esce un film di animazione su SuperMario nel 2023 che incassa più di 871 milioni di dollari al botteghino, mentre quello di cui parliamo ne incassò a malapena 38, a fronte di un budget di oltre 40. Tempi e modi diversi, certo, pubblico molto diverso: se quello di oggi è un film per ragazzi e per nerd di ogni età, quello di Jankel Morton è un oscuro lavoro dai tratti incerti, che accarezza l’horror metropolitano anni 90 modello Carpenter, strizza l’occhio alla cultura cyberpunk ma che non riesce a decidere cosa volesse essere.

Già il trailer è un concentrato di cafonaggine anni 90 (lo diciamo in senso buono, s’intende) di quelli che risultano irresistibili, con echi al fantasy-horror di moda all’epoca, e a quel modo oscuro e poco patinato di girare film che accomunava il primo Batman di Tim Burton.

Difficile immaginare fosse un film tratto da un videogame, in effetti, specie se visto con gli occhi di oggi – che sono gli stessi occhi che fanno sembrare August Underground Modrum più un programma stile Grande Fratello in versione trash che un horror vero e proprio, come si voleva far intendere all’epoca. E dire che addirittura Arnold Schwarznegger sarebbe dovuto essere coinvolto, nel ruolo di Re Koopa, la tartaruga che interpreta il ruolo del villain – e non sappiamo bene se sarebbe stato un film più epico, più trash o che altro. Non accettò mai, relegando i suoi ruoli preferiti a film differenti e forse, a questo punto, un po’ ci dispiace pure.

Stando alle parole del regista, l’idea di questo film corrompe quella lineare e semplicistica del videogame, che vale la pena ricordare essere un franchise di videogiochi creato da Nintendo, in cui il personaggio principale del franchise è un idraulico italiano di nome Mario, che vive nel Regno dei Funghi. Dal 1985 in poi sono nati vari giochi basati sulla sua storia, di genere platform ed ambientata in mondi popolati da tartarughe spinose, una principessa da salvare e strani esseri di ogni ordine e grado.  Un po’ come avveniva nei Griffin, per certi versi. Le intenzioni della regia sulla carta sono buone: migliorare la trama ed inserire elementi che si distaccassero dalla trama giapponese. Come purtrppo accade in certi ambiti in cui le incomprensioni la fanno da padrone, insomma, il pubblico vide questa rielaborazione “artistica” come un vero e proprio errore.

Si sa che il pubblico nerd è cinico e schizzinoso (e lo scrivo auto-ironicamente perchè, in certo qualmodo, ne ho fatto parte), per cui non sarà facile far accettare questa piccola perla che, di per sè, è piena di difetti ma non è nemmeno così brutta come si potrebbe temere. Tanto più che, se è vero quanto vociferato all’epoca dalla rivista “Spy”,  la sceneggiatura veniva rimaneggiata così tante volte durante la produzione che gli attori avevano smesso di farci caso.

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Diversi oggetti dei videogiochi compaiono, almeno di nome, in tutto il film: Bob-ombs, Thwomps, il deserto di Koopahari (la maggior parte del film è ambientata qui), ovviamente Yoshi (che nel film diventa un piccolo t-rex), poi Goomba (cittadini mutanti), Big Bertha, Bullet Bills, ma poi in fondo che importa? Non si vede Mario che fa quello che dovrebbe, o meglio lo si vede solo in parte e per mille accenni conditi di degrado metropolitano, e già questo sancì l’insuccesso paradigmatico e per definizione del film.

Non azzardatevi a chiedere a Dennis Hopper della produzione del film: “È stato un incubo, molto onestamente. Erano un marito e una moglie alla regia, entrambi maniaci del controllo: non parlavano prima di prendere decisioni. Comunque, dovevo andare lì per cinque settimane e ci sono rimasto per diciassette. Molto fuori budget“. In un’intervista del 2011 al The Guardian, Bob Hoskins stesso non ha espresso pareri differenti, senza mandarle a dire: “È stato un fottuto incubo. L’intera esperienza è stata un incubo. La regia era affidata a un team di marito e moglie, la cui arroganza era stata scambiata per talento.”

Il film fu un sostanziale fallimento al botteghino: Nintendo decise di smettere di produrre film cinematografici in live action basati sui suoi franchise di videogiochi, e la scelta rimarrà tale per molto tempo. Un trauma vero e proprio, tanto che il film su un altro videogame analogo come Metroid fu pensato, ma mai uscirà sul mercato e non andò mai oltre la pre-produzione. Sebbene Bob Hoskins abbia dichiarato che questo è il peggior film che abbia mai fatto, suo figlio Jack Hoskins è un fan di questo film e ha elogiato l’interpretazione del padre. Ha detto che era troppo giovane per capire le recensioni negative e ora che è abbastanza grande, non gli importa. L’intenzione non era quella di rovinare il classico, secondo il giovane Jack: era semmai quello di mantenere vivo in qualche modo un ricordo d’infanzia per molta generazione X attuale e per qualche boomer sparso. Facendolo in modo artistico ed assumendosi dei rischi, per quanto nessun attore ricordi con piacere lo stare sul set che si prolungò molto più del dovuto.

Il pupazzo di Yoshi era in grado di compiere 64 movimenti distinti grazie a 200 piedi di cavo stipati all’interno della sua struttura alta 3 piedi. In tutto, sono stati utilizzati non meno di 9 burattinai per manovrare il pupazzo di Yoshi.
Bob Hoskins non sapeva che il film che stava girando era basato su un gioco, finché suo figlio non gli chiese a cosa stesse lavorando. Quando Hoskins menzionò il titolo del film, suo figlio lo riconobbe immediatamente e mostrò a Hoskins il gioco sul suo Nintendo Entertainment System. Durante una scena di inseguimento, Bob Hoskins si ruppe un dito quando la portiera del furgone sbatté sulla sua mano. Per il resto del film, Hoskins indossa un gesso dipinto di rosa per sembrare una mano.

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