Massacre Mansion: l’horror anni 70 da riscoprire
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Uno stimato chirurgo e docente universitario nasconde un terribile segreto: la figlia è diventata cieca dopo un incidente da lui causato, e sta valutando di effettuare trapianti di occhi direttamente da esseri viventi.

In breve. Semplice quanto nerissimo horror settantiano, che si incentra su un brutale mad doctor, deciso a restituire la vista alla figlia cieca a qualsiasi costo.

Noto con vari titoli alternativi tra cui Massacre Mansion sul mercato inglese, Terrore nel buio è un horror diretto da Michael Pataki (noto per altri horror tra cui Halloween 4), che si focalizza su una figura davvero nota nell’ambito dei villain classici: il mad doctor, lo scienziato pazzo che si ispira (in questo ambito) al Dottor Phibes, che sarebbe disposto a qualsiasi cosa pur di fare del bene ai propri cari. Nel caso specifico si tratta della figlia, resa disgraziatamente cieca da un incidente, evento per cui si sente in colpa: inizia così, allo scopo di fare del bene, ad eseguire il massimo del male, ovvero braccare più gente possibile, e con gli stratagemmi più infidi, al fine di avere nuovo occhi di esseri viventi da trapiantare. Perchè le cose non vanno così bene: i primi trapianti falliscono miseramente, e anche una ragazzina e la sua stessa moglie finiranno nelle sue mire di chirurgo assassino. La sequenza con l’adescamento della giovane ragazza, peraltro, riesce nella sua semplicità a mettere realmente i brividi: questo per un film che presenta curiosi effetti gore abbastanza al di sopra della media, e che si focalizza sui sopravvissuti agli interventi, ciechi, grotteschi, tenuti in gabbia ed ovviamente sempre più inferociti.

Se è plausibile che Tom Sixxx possa essersi ispirato a questo film per il suo Human centipede, c’è anche da rimarcare che si tratta di un b-movie di buona fattura, forse un po’ troppo scuro nelle tonalità (alcuni passaggi rischiano di risultare fastidiosamente poco comprensibili) per quanto, al netto di tutto, si tratti di un discreto horror da vedere ancora oggi. Ogni tanto infatti emergono discrete trovate che mantengono il livello qualitativo abbastanza alto, per quanto poi lo script sia prigioniero ed ossessionato dalla sua stessa narrazione, che difficilmente esalta (ed è un peccato perchè sulle figure degli operativi si sarebbe quasi potuta costruire una saga: sono una sorta di People under the stairs in attesa della ribellione). In questo senso, Pataki sembra ispirarsi all’horror “socialista” e sociologico alla Wes Craven, abile ad evidenziare come le vittime finiscano per allearsi, per solidarizzare tra loro e cercare la più feroce, quanto ovvia vendetta possibile nei confronti del chirurgo.

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