Un gruppo di ragazzini (di nuovo…) va in weekend nei pressi di un lago assieme ad una coppia di hippy: Jason non si farà attendere, a lui non piacciono i campeggiatori e lo sappiamo bene. Vi è anche la protagonista dell’episodio precedente, tornata sul posto dopo due anni… forse con aspirazioni suicide?
Terzo episodio della saga slasher di Jason Voorhees, e tanto basta: soliti personaggi, trama deboluccia, immancabile machete (chiedere a Rodriguez per maggiori informazioni) e unica nota davvero interessante legata alla maschera da hockey del protagonista, che fa la prima apparizione ufficiale. Qualche momento di azione e tensione nel finale, come sempre, il resto è un vuoto contenitore che Jason riempie poco, e troppo spesso si tratta di vaghe suggestioni. Insomma, fate un po’ voi: per una serata grindhouse va più che bene, ma siamo piuttosto lontani dalla perfezione.
Dovrei chiamarlo per onestà “horror adolescenziale” e denigrarlo crudelmente, ma siccome c’è zio Jason di mezzo… respect. Questo è uno dei tanti film in 3D usciti negli anni 80: ormai difficile da reperire, a quanto pare, e proiettato storicamente ad ogni Halloween nel Royal independent movie theater di Toronto. Per la cronaca il locale è stato chiuso nel 2006, e lo dico prima che al prossimo ottobre vi venga l’ idea di prenotare un volo low-cost per provare l’ebbrezza del tridimensionale vintage.
Del resto non varrebbe comunque la pena di imbarcarsi, perchè si tratta di una variazione sul tema gradevole e non troppo originale, orientata su temi, personaggi e sequenze già viste (un paio di esse clonano fedelmente gli omicidi cult del primo capitolo). È davvero incredibile come le fondamenta di una saga così famosa siano così ripetitive, ma tant’è. Film che, nonostante qualche rappresentazione “avanti” per l’epoca, è tipicamente scarno ed essenziale; ammettendo che non siate fan incondizionati del terrore, di conseguenza, è difficile che possa piacervi sul serio.
C’è poco spessore in questo Venerdì 13 Parte III, anche se bisogna aggiungere che il regista Steve Miner si impegna con dedizione a mantenere la pellicola quantomeno sui giusti binari: a scene splatter di livello vario (uno schiacciamento della testa di una vittima con fuoriuscita delle orbite troppo “plastificata”, ad esempio) si alternano irritanti teenager come sempre dagli appetiti sessuali da pornostar. Questi ingredienti non possono fare di questo episodio un buon film, quanto un fiacco e prevedibile spin-off per oltre metà del suo svolgimento. Sembra essere un problema di soggetto (vedi la banda di motociclisti, credibile come un gruppo di nerd ubriachi), ma di certo le interpretazioni non sono state molto d’aiuto – tranne forse per la sola Dana Kimmell (che non recita più oggi, perchè non sopporta le scene di sesso sullo schermo, dice). Contrariamente alle aspettative il finale è invece niente male, se non fosse per la sua consueta illogicità di fondo (e mi riferisco a Jason: vedere il film per rendersi conto). Atmosfere di altri tempi, film di altri tempi: non è un capolavoro, ma nel contesto della saga ha un suo perchè, ed è probabilmente tra i seguiti più accettabili.
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