Zombi Holocaust: il primo horror di Marino Girolami del 1980

In un ospedale di New York vengono trafugati alcune parti di cadaveri: molto presto si scopre che il responsabile è un inserviente che li usa per cibarsene, il quale non appena viene scoperto si suicida gettandosi dalla finestra e sussurrando prima di morire “Kito”. L’assistente del primario dell’ospedale, appassionata di antropologia, contribuisce alle indagini sfruttando i propri studi sulla mitologia di una popolazione primitiva delle Moluche, dedita a sacrifici umani e cannibalismo.

In due parole. Girolami è al suo primo horror, proviene dalle commedie all’italiana e, pur non essendo un “terrorista” dei generi, mostra di cavarsela discretamente. La maggioranza della pellicola è basata su situazioni già viste in altre opere (Fulci e Deodato in primis, pare per esplicita richiesta della produzione), mentre la recitazione non sempre è all’altezza. Senza pretese.

Zombi Holocaust“, anche se appare riduttivo dirlo, è l’ennesimo splatter-cannibalico all’italiana molto violento e con discreti effetti speciali curati da Giannetto De Rossi: complessivamente non è un brutto film, per quanto forse eccessivamente celebrativo verso altre opere “cugine”.

Girolami punta sull’effettaccio fin dall’inizio, sfruttandolo necrofilia e cannibalismo in chiave sociologica un po’ spicciola, proponendo considerazioni per bocca dei personaggi che Deodato – sia detto per correttezza e giusto tributo – aveva già proposto circa dieci anni prima (“Pensa che siamo poi così diversi, nella New York di oggi, da un branco di selvaggi?“). Non mancano gli eccessi visivi – sangue ed organi ben in vista – e anche quelli concettuali, come la pretenziosa rielaborazione del mito del Dottor Moreau contaminata con la rappresentazione di uno degli “scienziati pazzi” più sadici mai visti su uno schermo (sempre inferiore alla lucida follia ammirata nel centipede umano, ad ogni modo). Probabilmente l’effetto pauroso risulterà soggettivo, e sarà quasi nullo su chi è abituato alle crudeltà del cinema estremo moderno e ne coglierà solo i vari difetti trash.

Dunguanghe-dungà, dunguanghe-dungà …” (la voce degli indigeni secondo il ridicolo doppiaggio italiano)

Il risultato è poco efficace nell’impatto globale: alcuni effetti appaiono un po’ spartani rispetto alla media dell’epoca, il sanguinolento da macelleria è eccessivo e quasi sempre poco funzionale, e la trama sembra in più riprese la copia fedelissima di “Zombi 2” di Lucio Fulci (dispiace ammetterlo). In questo caso ci sono almeno due “colossi” del genere che fanno ombra su tutto il resto: ovviamente il succitato del regista romano, ed il cinico Ultimo Mondo Cannibale, senza contare Cannibal Ferox e Cannibal Holocaust. Per la cronaca non si perde occasione di mostrare la sexy Alessandra Delli Colli nuda (lavorò anche con Fulci ne “Lo squartatore di New York“), così come si illustra un efficace contrasto tra la frivola Sherry Buchanan e la fine atroce che le viene riservata. Le due, ssieme ai colleghi Ian McCulloch e Peter O’Neal, non avrebbero sfigurato in nessun altro film del genere, senza che questo sia un vero e proprio pregio di per sè.

Chissà chi erano quegli esseri mostruosi… gli indigeni ne erano terrorizzati.

L’intreccio di “Zombi Holocaust“, b-movie non troppo originale e con alcune trovate curiose dal punto di vista splatter-gore,  rappresenta la più tipica sottovalutazione delle conseguenze da parte degli occidentali: i protagonisti vengono in qualche modo “puniti” proprio perchè considerano “inferiori” i selvaggi. Sarebbe quindi un esempio di horror con un minimo di spessore, ma purtroppo alcuni dettagli mettono in secondo piano questa interpretazione: questo dipende dai troppi dettagli un po’ approssimativi, come lo stesso trafugare pezzi di cadavere da un ospedale che viene giustificato come una banale “bravata da studenti”, neanche fosse il furto dei registri scolastici o di scritte sui muri. Difficile in effetti immaginare delle matricole di medicina che, tra uno scherzo al compagno di stanza ed un gavettone al college femminile della porta accanto, si dedichino a tagliuzzare corpi umani defunti per divertimento o per “approfondire i loro studi“.

Nonostante tutto – le “licenze poetiche” sbrigative dei low cost italiani le conosciamo bene – Girolami non realizza un’opera da buttare, arriva subito al sodo e a tratti entusiasma gli appassionati, rinunciando alle noiose ed autoreferenziali introduzioni nelle quali si deve aspettare un terzo di film prima di passare all’azione vera e propria. Ovviamente questo implica che, splatter a parte, rimane poco o nient’altro.

Kito ha ordinato…

Tra le scene cult, il machete nella testa dell’indigeno (presente nella copertina del DVD), la chirurgia senza anestesia praticata alla povera Susan, l’altra celebre sequenza delle viscere ed occhi strappati e l’elica di un motoscafo usata come motosega per abbattere uno zombi (una trovata degna della Troma). Si può considerare in definitiva che – tra qualche premessa intrigante e qualche ingenuità di fondo, “Zombi Holocaust” sia obiettivamente da relegare al pubblico dei fedelissimi “feticisti” del genere.

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