
Postal Dude è un ragazzone imbranato, tradito dalla moglie ed irritato dalla società: un bel giorno si imbottisce di armi e decide di aiutare lo zio Dave a compiere un furto di bambole inguinali (sic) da rivendere su Ebay per farci una fortuna (quanto di preciso, non è dato sapere, perchè gli affaristi in erba non sono proprio delle cime in matematica). A complicare il tutto arriva una cellula terroristica di Al Quaeda, che ambisce al medesimo obiettivo…
In due parole. La frase di lancio del film è forse la sintesi migliore: “Alcune commedie esagerano. Questa va oltre.“ Ultra-trash, fuori dalle righe, stupida, gratuita, di pessimo gusto e con una delle peggiori trame degli ultimi anni; serve conoscere la “Running With Scissors” (emblema del videogame omonimo) per goderselo appieno, in caso contrario rimane una discreta scemenza, in larga parte evitabile.
“Postal” è un film low-budget che si lascia guardare alle giuste condizioni: il regista prende l’ennesimo videogioco e si diverte a modo proprio. E’ bene sapere che Boll è considerato uno dei peggiori registi moderni (lanciò una raccolta firme, provocatoriamente, per far chiudere la sua carriera registica, e ne raccolse oltre 150.000!); ricordo ancora gli improperi lanciati contro il suo pessimo “House of the dead“, e degli altri film pare nessuno riesca davvero a brillare. Tranne forse, per qualche lampo, in questo. C’è da dire che Boll è consapevole della sua fama di “regista di serie Z“, e lo dimostra ironizzando su sè stesso, auto-rappresentandosi come un tizio che realizza pessimi horror tratti da videogiochi sfruttando denaro nazista per finanziarsi (in realtà i soldi li trova mediante la casa di produzione che dirige). Sempre della serie “quadretti cult“, l’uomo viene aggredito dentro “Little Germany” da Vince Desi, che è il game-designer di Postal. “Running with scissors” si è occupata direttamente di definire la sceneggiatura, rendendolo volgare e cinica come poche, mentre a quanto pare Boll avrebbe voluto orientarla più come una satira alla Borat (e qualche traccia dell’idea è rimasta).
“Mmm… ho avuto un’idea… no, mi è passata.”
Secondo me il film non è completamente da buttare, anche se la trama barcolla, troppe cose non convincono ed il vero problema è che l’aspetto demenziale – la cosa che conta più di tutte dentro il videogioco – è troppo poco incisivo rispetto ai deliri assoluti della versione digitale. Probabilmente in mano a qualche “ceffo” della Troma questo film sarebbe decisamente più riuscito: ma così non è, e quindi dobbiamo accontentarci di un Postal Dude modesto, con l’aggiunta di personaggi strambi, qualche ragazza formosa e poco vestita, un capufficio che impala le teste di tutti quelli che ha sottomesso, il classico nanetto perfido e presuntuoso e così via.
Frullando praticamente a casaccio le componenti del videogame si ironizza su un grosso bagaglio di paure insite nella società occidentale, a volte con toni demenziali alla South Park (il nascondiglio con su scritto “vietato l’ ingresso agli infedeli“, “l’inno aziendale di battaglia” oppure Bin Laden che frequenta il corso “117 gradini per dominare i tuoi impiegati“), altre volte con trovate di humor nero evitabili (su tutte, l’aereo dirottato che si schianta sul palazzo: qualcuno che voleva demolire l’opera, della redazione del New York Post, mostrò ai familiari delle vittime degli attentati del 2001 la scena introduttiva, giusto quei 7 secondi, per mettere il regista in cattiva luce). Postal sarà semplicistico e sgradevole quanto vi pare, ma non ho trovato il film noioso, anche se alcuni buchi non mancano ed il tono è a volte insostenibile, specie per un pubblico abituato ai tormentoni bambineschi e alla comicità edulcorata della televisione. In mancanza d’altro, Boll si sofferma sul trash più classico, casinaro e corporale (peti, palpate, sesso e violenza puramente riempitiva). La trama è soltanto un pretesto, e trovare letture politiche o meno che mai sociali in essa è ridicolo almeno quanto il film stesso, perchè il punto non è questo: Postal è intrattenimento, ancor più per il fatto che si tratta di un film tratto da uno dei videogiochi più noti e controversi tra gli appassionati. Quindi guardatevi bene dal fare moralismo con “Postal” – soprattutto in Italia dove l’accusa di qualunquismo è quasi all’ordine del giorno, nel cinema e non solo.
“Uwe Boll: quasi un Ed Wood partorito dalla generazione di Pac-Man” (MoviePlayer)
Sono cose da tenere presente, perchè altrimenti vedere un poliziotto che fa fuori una signora ferma ad un semaforo senza una vera ragione può creare un effetto straniante. Di sicuro di film così non ce ne sono molti in giro: poco ma sicuro. Probabilmente nella redazione di Wired, a suo tempo, si infastidirono per il modo facilone con cui veniva trattato il nazismo dentro al film (e non avevano torto), suscitando la reazione di Boll che scrisse una “sbroccata” rimasta nella storia, con tanto di insulti alla madre del recensore ed un epico finale: “le persone come te sono il motivo per cui i film indipendenti non hanno più alcuna chance”.
Chi ha una certa familiarità con il videogioco “Postal” potrà invece godersi questo modesto tributo, fatto trovate molto trash, una trasposizione da videogioco sufficente, belle figliole discinte completamente a casaccio, atti casuali di violenza insensata (cit. Anthrax), una sceneggiatura di pessimo gusto ed il mitico gatto usato come silenziatore (sic): una trovata, quest’ultima, fedele al videogioco e costata da sola 45.000 dollari. Vederlo? Fate voi, ma non abbiate aspettative; e se proprio volete avvicinarvi al cinema indipendente e da cazzeggio, c’è tanta altra roba demenziale da gustare in giro.