Il thriller “Alta tensione” merita davvero una visione, ecco perchè

Marie ed Aléx si recano a casa della seconda per studiare assieme: in zona sembra pero’ aggirarsi un maniaco che, guarda caso, fa il proprio ingresso nella dimora con intenzioni molto poco amichevoli…

In breve. Thriller moderno, semplice e (a suo modo) geniale, con tanto di sentiti omaggi al cinema di genere anni 70/80. Imperdibile, finale capovolgi-fronte incluso.

Il leitmotiv di una presenza estranea che colpisca un’abitazione qualsiasi è uno degli stereotipi più diffusi di svariati horror e thriller: basti pensare alle minacce di A l’interieur oppure ai “ragazzini terribili” di Funny Games, tanto per citarne due celebri. Il problema di questo genere di “filoni”, di solito, è che fanno scattare facilmente l’effetto “saga venerdì 13”, ovvero rendono difficile, in certi casi, anche solo distinguerli, specie qualora le idee migliori le abbiano già avute gli altri. Alta tensione non ricade in questo genere di trappole, e – grazie alla buona conoscenza del genere da parte di regista e sceneggiatore – riesce ad estendere l’idea stessa di slasher, rendendo la sua visione compatta e stimolante.

Girato in 36 giorni, scritto e diretto da Alexandre Aja (regista tra l’altro dei remake di Maniac e Le colline hanno gli occhi), “Haute tension” ha il pregio di delinare uno dei film di esordio di un’esaltante (per gli appassionati) ciclo di horror francesi”old school“, quella che – nel succitato A l’interieur, nel discreto Frontiers oppure in Martyrs strizza l’occhio alla migliore produzione orrorifica del passato senza perdere di vista, quasi in nessun caso, l’originalità che dovrebbe essere propria di qualsiasi pellicola. In effetti i due sceneggiatori (Grégory Levasseur ed il regista) sono due amici di vecchia data che, con questo lavoro, hanno voluto rievocare la gloriosa tradizione settantiana/ottantiana con cui erano cresciuti: Hooper, Craven, Carpenter, Lusting e chi più ne ha, ne metta. Nel farlo, pero’, hanno rielaborato astutamente alcuni luoghi comuni del genere, rinnovando l‘eterno gioco del cinema di genere e valorizzando, di fatto, uno script piuttosto solido per quanto (almeno apparentemente) essenziale come pochi. Numerosi sono i momenti davvero di culto di questa pellicola, tra i quali non posso esimermi dal citare la protagonista che si nasconde in un armadio identico a quello in cui, circa 30 anni prima, cercò scampo da Michael Myers Jamie Lee Curtis: c’è tutto il tempo perchè la donna, dall’interno del mobile, debba assistere all’omicidio dell’ennesima vittima, senza poter fiatare per non farsi scoprire. Questa sequenza, nella sua diretta semplicità, rende l’idea di cosa sia “Alta tensione“, anche se – lo ribadisco – appare fuorviante definirlo l’ennesimo scontro tra villain e scream queen perchè qui, di fatto, c’è davvero qualcosa in più. Anche solo la capacità di cambiare ambiente e ridefinire gli stessi stilemi (la casa prima, la stazione di servizio, la serra nel finale) crea una trama dinamica e coinvolgente, e questo nonostante i dialoghi si contino – incredibilmente – quasi sulle dita di una mano.

Il tocco di fino presente nel finale, in effetti, rende questo film qualcosa di più di un semplice horror con, in omaggio, un serial killer (come qualcuno, frettolosamente, ha voluto scrivere). “Alta tensione“, a dispetto della minacciosa superficialità che potrebbe suggerire dal titolo, presenta un agghiacciante e spietato villain dal volto oscuro, di cui sappiamo poco o nulla, che uccide con crudele efficacia e mostra chiaramente il proprio viso ma, al tempo stesso, senza che il pubblico ne sia troppo spiazzato, pur non sapendo nulla di lui e delle sue motivazioni. Un gioco di equilibri e, in un certo senso, punti di vista differenti, che rende questo film davvero meritevole di una visione. Il tutto rende “Haute tension” particolarmente intrigante fin dalle primissime scene, nelle quali la normalità di una ragazza che ospita un’amica nella propria casa diventa teatro di un ferocissimo body count, con sviluppi e conseguenze difficili da prevedere volta per volta. Un’ambientazione del tutto ordinaria, un teatro della follia nel quale chiunque potrebbe immedesimarsi: un solo sospiro può portare alla fine della tua esistenza, e non sembra essere una buona idea dormire con i tappi alle orecchie. Il maniaco, nel frattempo, potrebbe essere già in agguato e trovarsi nella tua casa, minacciando te ed i tuoi cari. Ma cosa c’è da sapere, a parte questo? Qualcosa che alberga, in modo cupo e insospettabile, all’interno della trama stessa: vedere per credere.

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