Formulare un mondo (fortemente) connesso
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Qualche tempo fa abbiamo scritto che ci siamo svegliati in un mondo impazzito, che se non altro era interconnesso. Magra consolazione, in effetti: non ci basta essere connessi per raggiungere un equilibrio vitale e, soprattutto, la nostra rete di relazioni e di conoscenza, sia virtuali che di persona, è finita sullo stesso piano ed influenza l’umore e l’andamento delle nostre giornate, mentre ci troviamo quasi del tutto impossibilitati dal poterla controllare appieno.

Del resto già nel 1999 David Cronenberg, con il suo film eXistenZ, immaginava un mondo iperconnesso a livello organico, in cui i personaggi usavano appositi “pad” per nutrirsi di appagamento virtuale all’interno di una realtà virtuale, quasi del tutto indistinguibile da quella reale, dai confini sfumati e le medesime potenziali conseguenze di addiction (intesa come dipendenza da stupefacente in grado, alla lunga, di danneggiare i tessuti organici) ispirate al romanzo capolavoro Neuromante di William Gibson. Oggi, nel 2023, guardiamo ancora serie come Il mio amico in fondo al mare, in cui ci raccontano come sia possibile estendere la propria rete di contatti ad un animale acquatico. Siamo ossessionati dalla connessione al punto che potremmo dirci parte integrante, attiva e passiva, di una società intersoggettiva in cui siamo tutti (disperati in amore o meno) potenzialmente connessi a chiunque altro, seppur a volte in maniera indiretta o imprevedibile.

Società fortemente connessa, dicevamo. L’avverbio “fortemente” non sarà in questo contesto dotato di banale interpretazione letterale e merita, se possibile, un piccolo approfondimento.

Definizione: grafo fortemente connesso

Д.Ильин: vectorization, CC0, via Wikimedia Commons

Dato un grafo G definito come insieme di nodi N collegati da un insieme di archi A (per cui G=(N,A)), si parla di grafo fortemente connesso a condizione che per ogni coppia di possibili nodi (ni, nj) esista un cammino (sequenza di nodi che parte da ni e arriva a nj) orientato (cioè: dotato di un verso) che porta dal primo nodo all’ultimo.

La condizione in questione è molto particolare: un grafo (che nella pratica potrebbe essere una rete di interconnessioni tra macchine, esseri umani o entrambi) è fortemente connesso non se ogni nodo è connesso ad ogni altro (condizione che presuppone qualcosa di diverso, detta per inciso completezza), bensì se – in modalità più smart – ogni nodo presenti un modo per essere raggiungibile da qualsiasi altro.

Portiamoci nel mondo reale con questo modello in mente, a questo punto. Se nella mia rete di relazioni amicali, ad esempio, volessi provare a contattare un regista famoso che vive nella mia città, non mi servirebbe a molto avere il suo recapito (non posso telefonare ad uno sconosciuto senza intermediari). Molti di noi, in situazioni del genere, ricorrono funzionalmente ad una persona che conosca un’altra persona la quale, finalmente (prima o poi!) conosca direttamente l’interessato o sia suo vicino di casa.

Il “cammino” virtuale che facciamo per arrivare al regista è il viaggio interconnettivo che facciamo ogni giorno, spesso senza accorgercene, nella nostra rete di relazioni sociali: e di sicuro grazie ad internet possiamo potenziare e valorizzare tale aspetto. Nel cammino non ha importanza solo l’aspetto matematico o freddamente topologico: importa anche la qualità dei nodi di scambio di cui decido di fare uso, e della chiarezza espressiva e comunicativa che affido ad ogni arco di collegamento.

Con conseguenze non da poco: ognuno potrà definire a proprio piacimento la propria rete di relazioni, senza particolari vincoli, in apparenza. A questo punto, considerando il “nodo” uomo-macchina come l’oggetto misterioso per eccellenza, che non per forza deve essere mantenuta uguale nel tempo (è improbabile che frequenteremo sempre gli stessi contatti nel corso della nostra vita), e non sempre può essere eliminato se dovesse dare fastidio (vicino di casa impiccione, collega che fa mobbing).

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