Blog

  • Perchè disegno sempre cubi?

    Perchè disegno sempre cubi?

    Perchè disegno sempre fiori? Perchè disegno sempre cuori? Perchè disegno sempre cubi? Perchè disegno sempre occhi? Perchè disegno sempre frecce? Perchè disegno sempre alberi?

    Abbiamo ricopiato i primi sei suggerimenti di Google qualora iniziate a cercare la frase “perchè disegno“.

    Come vedete Google aggiunge la parola sempre, e successivamente – in un delirio tecnico-onanistico di soddisfacimento dell’utente – si diverte a disseminare quella ricerca con vari termini. Pressappoco, le domande più frequenti sull’argomento fatte dai suoi stessi utenti, precedentemente memorizzate e qui riproposte. Restiamo seri per un attimo e distacchiamoci dal contesto puramente tecnologico o di marketing: ci chiediamo, ma scusate, che cosa ci spinge a disegnare? È una domanda serissima, in realtà. Google lo sa?

    Abbiamo un’idea, a questo punto. Che non sia un modo per comunicare con il nostro inconscio, disseppellendo desideri repressi, o magari – come certa psicoanalisi moderna a volte suggerisce – si arriva alla definizione del senso solo mediante tanti passaggi, da una forma all’altra, da un significante al prossimo, passando per domini diversi tra loro fino ad arrivare alla sudatissima… “verità”?

    Disegno sempre fiori, ad esempio, perchè ho un animo sensibile. Disegno sempre cuori, a questo punto, perchè desidero essere amato e sono probabilmente vittima di un qualche amore non corrisposto. Se disegno cubi desidero riorganizzare la mia esistenza, trovare gli scomparti scomparsi, rieleggere qualcosa o qualcuno a barlume della mia esistenza. Se invece disegno pupille di occhi, evidentemente, desidero sedurre l’Altro, trovare una persona con cui condividere un’intimità, guardarla dentro. Se disegno frecce – hai visto mai – possiedo un’aggressività latente. Se disegno triangoli sono perfezionista; se disegno alberi avrò volto lo sguardo all’origine stessa dell’esistenza, addirittura.

    Dare risposte così nette è quantomeno azzardato ed è impressionante come, ad oggi, nessuno si sia posto il problema delle risposte facilone ai problemi esistenziali; se sono spariti da Google i risultati di ricerca che suggerivano di curare col bicarbonato molte delle malattie più gravi, è davvero strano che non si sia usata la medesima cura per i problemi esistenziali. L’esempio è stato sfruttato come starter di un modo diverso di affrontare la questione che ci apprestiamo a mostrare qui, oggi.

    Lungi da noi, per intenderci, addentrarci nei meandri delle spiegazioni letterali o puntuali dei fenomeni: l’ottica sarebbe prettamente fuorviante, e potrebbe convincere qualcuno un metodo di auto-analisi che troveremmo, da profani, quantomeno improprio. Tantomeno possiamo eccedere all’opposto: se è vero che disegnare cilindri non presuppone necessariamente una mancanza di tipo fallico, così come disegnare spirali ne implichi una di tipo uterino, non possiamo cavarcela semplicemente con l’eccesso contrapposto di un qualche approccio olistico alla questione.

    Non è proprio il caso, tanto è vero che rigettiamo con forza sia le interpretazioni letterali delle cose che quelle fantasiosamente omnicomprensive, in grado di generare titoli ad effetto come “la mano invisibile del destino” o “la psico-analisi del mercato liberista“.

    Nel quinto libro di Jacques Lacan sulle formazioni dell’inconscio l’autore – psicoanalista, medico e rivoluzionario filosofo del Novecento – riprende il noto concetto freudiano del motto di spirito (Der Witz, in tedesco “lo scherzo”, traduzione neanche a dirlo letterale), e lo estende in lungo e in largo lavorando, soprattutto, sulla figura retorica della metonimia. Non c’è oggetto del desiderio che non sia metonimico, scrive Lacan, l’oggetto del desiderio è sempre oggetto del desiderio dell’Altro, di quello che manca attraverso l’Altro, di ciò che viene chiamato “a piccolo”, l’oggetto smarrito da ritrovare in fase di analisi. Il senso nasce, a questo punto, da una catena di sostituzioni, passando da un significante all’altro mediante passaggi successivi e dall’alto valore simbolico (nonchè metaforico). A questo punto un discorso non potrà, scrive Lacan, mai essere un “evento puntiforme”: esso non è fatto solo da mera materia e tessitura, ma anche da tempo, spessore. Prova ne sia che se inizio una frase, riuscirete a capirla soltanto dopo che io l’avrò davvero finita.

    E questa è in un certo senso una autentica condanna, dato che ogni discorso si porterà dietro “la ruota della macina” di parole, ed il discorso finirà sempre per dire più di quanto suggeriscano le apparenze. Motivo per cui, per chiudere il cerchio, è chiaro che le parole caricate da Google a titolo – e solo a titolo – di risposte a profonde domande esistenziali, o per dare soddisfazione alle ricerche annoiate di soggetti diversissimi che cercano “perchè disegno sempre ornitorinchi” e simili, debbano essere rivalutate nell’ottica di una concatenazione di sensi. Della serie: invece di fermarmi a considerare quella domanda, tanto varrebbe interrogarsi sulle origini, seguire la catena di associazioni mentali e provare, una buona volta, a trovare una risposta anche negli atti più semplici: passeggiare senza pensare, rinviare la risposta su WhatsApp al giorno dopo, non auto-riferirsi qualsiasi male dell’universo, respirare senza pensare continuamente al lavoro del giorno dopo. Attraverso l’analisi delle metafore che ci vengono suggerite dalla mente, sembra suggerire Lacan, sarà possibile trovare finalmente uno o più sensi a cui appellarsi. Il primo punto della nostra risposta al perchè disegnare, in effetti, potrebbe stare qui.

    Non proprio un approccio per spiegare la questione al bar tra amici, a meno che non siano tutti filosofi e psicoanalisti (e anche in questo caso non ci sentiamo sicuri del successo dell’idea), ma sicuramente performante nell’esprimere l’idea del nostro articolo di oggi. Che parte dalle ricerche bislacche e inconcepibili che Google suggerisce, e che cercano ed esprimono la necessità di trovare un “senso” mediante l’analisi di una singola, puntuale abitudine come quella di fare disegni in astratto mentre si fa una call col capo o si fa finta – rigorosamente – di lavorare.

    Nella struttura generale della frase Perchè disegno sempre X, dove X varia su un range sterminato che abbiamo voluto ridurre a cinque parole per amor di brevità, emerge un “sempre” che suggerisce un assolutismo, una generalizzazione probabilmente impropria: a meno che uno non sia seriamente problematizzato (cosa che potrebbe anche essere, in effetti) non sembra così comune che uno disegni “sempre” la stessa cosa. Non quanto le ricerche più frequenti di Google possano in tal caso suggerire, quantomeno. E qui si arriva, finalmente, al secondo punto importante del nostro discorso.

    La tendenza ad assolutizzare i bisogni è tipica del marketing tecnologico, come dimostrano i casi di funzionalismo puro da cui siamo martellati: le app per fare incontri, le app per ordinare cibo, le app per assolvere a qualsiasi compito, sia anche il più perverso o non confessabile. Motivo per cui, forse, certe risposte andrebbero trovare più dentro noi stessi che attraverso una tecnologia solo in apparenza gratuita.

    sigmund freud drawing a cube, DALL E

     

    Foto di copertina: a portrait of jacques lacan in modern, cubism style, DALL E

  • Una galleria di ipercubi generati da un’intelligenza artificiale

    Sulla base della descrizione “un ipercubo visto da diverse angolature, con qualcosa di inquietante al proprio interno“.  Credits: https://labs.openai.com

  • Il Test di Turing è superabile?

    Il Test di Turing, proposto nel 1950 da Alan Turing nel suo articolo Computing Machinery and Intelligence, è un esperimento concettuale per valutare la capacità di una macchina di esibire un comportamento intelligente indistinguibile da quello umano. Il test si basa su un “gioco dell’imitazione”, in cui un giudice umano interagisce, tramite una comunicazione testuale, con due interlocutori: un essere umano e una macchina. Se il giudice non è in grado di distinguere quale dei due sia la macchina con una probabilità significativamente superiore al caso, si considera che la macchina abbia “passato” il test.

    Il test non definisce un criterio universale per il superamento, né specifica una soglia precisa, sebbene alcuni esperimenti abbiano adottato il 33% come valore convenzionale. Turing non concepì il test come una metrica assoluta di intelligenza, ma piuttosto come un esperimento epistemologico per esplorare il concetto di intelligenza artificiale.

    L’idea che una macchina possa “superare” il Test di Turing è spesso riportata dai media con grande enfasi. Tuttavia, una revisione critica del testo originale di Turing e delle sue interpretazioni successive dimostra che il test non è una misura definitiva dell’intelligenza artificiale e che nessuna IA ha effettivamente superato un criterio scientificamente rigoroso. Questo articolo analizza la natura speculativa del test e le sue ambiguità metodologiche, evidenziando come sia impossibile “superarlo” in senso assoluto.

    Il concetto di intelligenza artificiale è stato spesso valutato attraverso il prisma del Test di Turing, che però non nasce come un esperimento empirico ma come una provocazione filosofica. Questo lavoro analizza le limitazioni intrinseche del test, dimostrando come le affermazioni sul suo superamento siano prive di fondamento scientifico.

    2. Il Test di Turing e le sue Ambiguità

    L’originale proposta di Turing non fornisce specifiche quantitative per determinare se una macchina abbia superato il test. L’idea che il 33% dei giudici debba essere ingannato è un’interpretazione arbitraria derivata da esperimenti successivi. Inoltre, il test non valuta l’intelligenza in senso stretto, ma solo la capacità di ingannare un interlocutore, il che rende il suo valore scientifico limitato.

    3. Analisi Critica delle Presunte Vittorie

    Diversi casi riportati come successi nel superamento del test, come Eugene Goostman nel 2014 e GPT-4 nel 2024, si basano su esperimenti con metodologie discutibili. In molti casi:

    • I giudici avevano un tempo limitato per interagire con i partecipanti.
    • Il contesto delle conversazioni favoriva risposte brevi e ambigue.
    • Le macchine erano programmate per evitare domande complesse e per simulare comportamenti umani con tecniche elusive.

    4. Il Test di Turing è Superabile?

    La formulazione del test implica che qualsiasi macchina che riesca a imitare un comportamento umano potrebbe passarlo, ma la mancanza di una soglia chiara lo rende non falsificabile e quindi non scientifico in senso stretto. Inoltre, il concetto stesso di “ingannare un umano” non è necessariamente correlato all’intelligenza, poiché può essere ottenuto con euristiche e trucchi statistici senza una reale comprensione semantica.

    Il Test di Turing non è mai stato superato perché non è un esperimento scientifico con criteri definiti, ma un’idea filosofica che non può avere un risultato univoco. La narrazione secondo cui IA come ChatGPT o Eugene Goostman avrebbero superato il test è una costruzione mediatica che non resiste a un’analisi rigorosa. Il futuro dell’intelligenza artificiale non dipende dal superamento di un test concettuale, ma dalla capacità di sviluppare sistemi in grado di mostrare comprensione e ragionamento genuino

    Il Test di Turing, proposto nel 1950 da Alan Turing nel suo articolo Computing Machinery and Intelligence, è un esperimento concettuale volto a valutare la capacità di una macchina di esibire un comportamento intelligente indistinguibile da quello umano. Il test prevede che un giudice umano interagisca, tramite comunicazione testuale, con due interlocutori nascosti: un essere umano e una macchina. Se il giudice non riesce a distinguere la macchina dall’essere umano con una precisione superiore al caso, si considera che la macchina abbia “superato” il test.

    È importante notare che Turing non ha mai specificato una soglia percentuale precisa per determinare il superamento del test. In alcune interpretazioni successive, è stato suggerito che ingannare il 30% dei giudici possa rappresentare una soglia significativa, ma questa non è una prescrizione originale di Turing. citeturn0search0

    Critiche alle affermazioni di superamento del Test di Turing

    Nel 2014, il programma “Eugene Goostman” ha affermato di aver superato il Test di Turing, convincendo il 33% dei giudici di essere umano. Tuttavia, questa affermazione è stata oggetto di critiche per diversi motivi:

    • Caratterizzazione del chatbot: Eugene Goostman è stato progettato per impersonare un ragazzo ucraino di 13 anni. Questa scelta ha permesso di giustificare eventuali errori linguistici o mancanza di conoscenze, rendendo più facile per il programma evitare domande complesse e ingannare i giudici.
    • Assenza di una soglia definita: Come precedentemente menzionato, la soglia del 30% non è stata stabilita da Turing stesso, rendendo discutibile l’affermazione che il test sia stato superato basandosi su questa percentuale.
    • Strategie evasive: Le risposte del programma spesso evitavano le domande dirette, utilizzando frasi generiche o cambiando argomento, il che non rappresenta una vera comprensione o intelligenza.

    In conclusione, sebbene il Test di Turing sia stato fondamentale nel stimolare la ricerca sull’intelligenza artificiale, le affermazioni riguardanti il suo superamento devono essere valutate con cautela. Le limitazioni intrinseche del test e le ambiguità nelle sue interpretazioni suggeriscono che nessuna macchina ha effettivamente dimostrato una comprensione o intelligenza paragonabile a quella umana attraverso questo metodo.

  • Intelligenza artificiale, perchè?

    Viviamo in un’epoca di accelerazione tecnologica, di ottimizzazione sistematica, di digitalizzazione invasiva, di iperconnessione permanente, di automazione progressiva, di machine learning compulsivo, di reti neurali impazienti, di analisi predittiva ipertrofica, di deep learning ossessivo, di bias algoritmici sempre più sofisticati, di personalizzazione al limite dell’inquietante e, soprattutto, di un costante senso di déjà vu digitale, perché ogni volta che apriamo Instagram ci troviamo davanti contenuti che non abbiamo mai visto ma che ci sembrano inevitabilmente familiari.

    Si parla di intelligenza artificiale perché l’umanità, dopo millenni passati a sbagliare da sola, ha deciso che era ora di farsi aiutare da qualcosa che può sbagliare più velocemente. E su scala globale. Perché, diciamocelo, se per secoli abbiamo avuto il dubbio cartesiano (“Cogito, ergo sum”), oggi l’algoritmo ci regala la certezza assoluta (“Scorri, ergo ti conosco”).

    Filosoficamente parlando, l’IA è il nostro tentativo di dare vita a un’intelligenza che non ha dubbi, non ha esitazioni, non ha esitazioni sui propri dubbi e, soprattutto, non si pone domande esistenziali. Se la filosofia umana è stata per millenni un’indagine sulla natura della conoscenza e della realtà, l’intelligenza artificiale è un’enorme operazione di riduzione di tutto ciò che è complesso a semplici click, impressioni, engagement e tempi di permanenza sul post. Platone parlava del mondo delle idee pure, ma poi è arrivato l’algoritmo che ha deciso che la tua idea perfetta è un video di gatti in loop, seguito da una pubblicità di un corso di trading online.

    L’IA finisce per diventare il Super-Io digitale definitivo, quello che non solo osserva ogni nostra azione, ma la prevede, la categorizza e la sfrutta economicamente. Freud si strapperebbe i baffi: se lui scavava nell’inconscio per svelare i nostri veri desideri, l’IA li anticipa, li confeziona e ce li ripropone sotto forma di contenuti sponsorizzati, spesso prima ancora che ci rendiamo conto di averli. L’algoritmo non ha bisogno di interpretare i sogni, perché li conosce già. E te li vende con lo sconto del 10%.

    L’IA è l’ultima creazione dell’essere umano per delegare anche l’errore, dopo aver già delegato il pensiero critico, la memoria e la capacità di fare di conto senza calcolatrice. È la macchina perfetta per dirti cosa vuoi, anche quando non lo vuoi. È come un amico che ti conosce bene, ma con la personalità di un venditore di aspirapolveri porta a porta: sa esattamente quando hai bisogno di qualcosa, ma soprattutto sa quando sei più vulnerabile per fartela comprare.

    E alla fine, cosa abbiamo creato? Un’entità onnisciente che sa tutto di noi, tranne come filtrare i contenuti sensibili di Instagram senza mandare in tilt mezzo mondo. Forse era meglio restare con le vecchie divinità mitologiche: almeno non cercavano di venderci un abbonamento premium.

  • Oroscopo sarcastico del mese di marzo

    Se la vita fosse giusta, le stelle ti darebbero buone notizie.

    Se.

    Ecco l’oroscopo di marzo, senza fronzoli, senza pietà, senza speranza.

    ♈ ArieteL’eroe delle scelte sbagliate

    Ti lancerai in decisioni senza pensarci, convinto di essere un genio, e finirai per spiegare ai tuoi amici perché adesso hai un debito in criptovalute e un dromedario nel garage.

    ♉ ToroIl monolite immobile

    Irremovibile come al solito: se l’universo ti mandasse un meteorite, non ti sposteresti. Il che, in realtà…

    ♊ GemelliIl talk show ambulante

    Passerai il mese a parlare con chiunque, su qualunque cosa, convinto di essere affascinante. Gli altri non ti stanno ascoltando, ma annuiscono educatamente mentre mandano messaggi a qualcuno più interessante di te.

    ♋ CancroLa tragedia ambulante

    Marzo sarà lungo per te. E soprattutto per chi ti sta vicino.

    ♌ LeoneL’ego su due gambe

    Marzo ti farà scoprire una cosa terrificante: la gente esiste anche quando tu non sei presente.

    ♍ VergineIl revisore fiscale dell’universo

    Marzo ti regala grandi opportunità di crescita. Ma non sappiamo dove.

    ♎ BilanciaL’eterno indeciso

    Il resto del mondo va avanti senza di te.

    ♏ ScorpioneIl villain della sua stessa vita

    La gente ti ignora perché ha altro da fare.

    ♐ SagittarioIl turista esistenziale

    Guarderai molti video su Youtube.

    ♑ CapricornoIl robot del lavoro

    Se marzo avesse una colonna sonora per te, sarebbe il rumore di una stampante inceppata.

    ♒ AcquarioL’inventore di problemi immaginari

    A marzo avrai idee rivoluzionarie che cambieranno il mondo. Nella tua testa.

    ♓ PesciIl campione olimpico di sognare a occhi aperti

    Ti aspettano grandi cose! O almeno così credi.

Exit mobile version