CULT_ (114 articoli)

Gli imperdibili: una selezione di pellicole da non perdere per qualsiasi appassionato del genere horror, commedia, thriller, trash.

  • L’infanzia distopica di Don’t hug me I’m scared

    L’infanzia distopica di Don’t hug me I’m scared

    Se cercate su Google “don’t hug me i’m scared” esce fuori una lapidaria classificazione di genere: umorismo nero. Un sottogenere del comico che è stato ampiamente sdoganato da Internet quanto sopravvalutato, fino a dare l’impressione che chiunque faccia battuta di cattivo gusto o “politicamente scorrette” sia assimilabile all’umorismo nero. Molto prima che influencer fascistoidi e troll perditempo blaterassero a casaccio battute che umiliavano i più deboli tacciandolo per libertà di espressione, e molto prima che tutto questo diventasse una macabra moda da reality show modello August Underground, i due creativi Becky Sloan e Joseph Pelling tirano fuori dal cilindro questo piccolo capolavoro.

    Che cos’è Don’t hug me I’m scared

    Una miniserie (che è diventata un meme in mille salse), e che ha molteplici pregi dalla sua:

    • il dono della sintesi: la prima serie è composta da sole 4 puntate
    • la semplicità della trama: si tratta di quattro personaggi immersi nelle loro attività quotidiane, caratterizzati da pupazzi antropomorfi;
    • la meta narrazione che è sempre auto-ironica e non troppo invasiva o celebrativa rispetto allo spettatore;
    • l’atmosfera surreale e il mashup innovativo tra generi (un tipico show per bambini miscelato con horror splatter e allucinatorio)
    • l‘improponibilità della serie stessa ad un pubblico generalista, che rimarrà per sempre confuso tra l’incertezza dell’attribuzione del genere e del “pubblico ideale” (che è composto invece da horrorofili con il gusto per la sperimentazione)

    Descrizione delle puntate e video per vederle

    Puntata 1 (Creativity)

    Fin dalle prime mosse la trama della serie ruota intorno a tre personaggi principali: Red Guy, Yellow Guy e Duck Guy, che sono marionette dal design simpatico e colorato. In ogni episodio, i protagonisti verranno coinvolti in situazioni strane e surreali che sfidano le convenzioni e le aspettative dei programmi educativi per bambini. Un vero e proprio cult su internet: inaugura lo stile provocatorio della serie che parte come un video per bambini incentrato su una spiegazione del concetto di creatività, e poi diventa improvvisamente una delirante allucinazione horror (la scritta DEATH, una torta di carne cruda, un cuore cosparso di brillantini).

    Green is not a creative color (Il verde non è un colore creativo) è diventato il meme rappresentativo della serie, ovviamente senseless nel suo concepimento.

    Puntata 2 (Time)

    Si parla del tempo e del suo scorrere incessante, in senso scientifico e in parte filosofico: la canzone è simpatica e orecchiabile, il tempo scorre, e diventa sempre meno piacevole mentre lo fa, fino a produrre la putrefazione dei personaggi.

    Puntata 3 (Love)

    Forse la migliore puntata della prima serie: un picnic provoca una crisi depressiva a Yellow Guy, che inizia a parlare con un’ape interessata a spiegargli la natura dell’amore. L’amore è in ogni parte del mondo, basta saperlo cercare (Your special one): un messaggio di pace e speranza che è destinato a diventare qualcosa di molto diverso solo sul finale (con un vero e proprio villain finale che ricorda pesantemente quello di The wicker man).

    Puntata 4 (Computers)

    I tre personaggi stanno giocando ad un gioco da tavolo, e viene fuori una domanda a cui non sanno rispondere: la cosa più naturale diventa naturalmente cercare su internet. Il problema è che il loro computer non li ascolta, sembra esibire un carattere egocentrico e soprattutto non ama essere toccato: poco dopo i tre personaggi si troveranno catapultati dentro un computer, in una realtà virtuale che mescola vari stili di animazione (incluso il 3D).

    Puntata 5 (Health)

    In questo caso la puntata è incentrata sul mangiare sano e sull’educazione alimentare, ma diventerà presto un pretesto per parlare di cannibalismo e chirurgia senza anestesia sul povero Duck Guy.

    Puntata 6 (Dreams)

    Puntata conclusiva della prima serie, incentrata sul mondo onirico, che poi si ricollega all’inizio lasciando il finale aperto. La serie originale era composta da questi 6 brevi episodi pubblicati su YouTube dal 29 luglio 2011 al 19 giugno 2016. Nel 2022 è stata realizzata una serie televisiva sequel trasmessa su All 4 e Channel 4.

    In conclusione

    Esiste anche una seconda serie che è uscita negli scorsi anni, e che sembra continuare sulla stessa falsariga.

    Ciò che rende “Don’t Hug Me I’m Scared” unico è probabilmente il suo stile visivo e di narrazione totalmente spiazzate e straniante. All’inizio di ogni episodio sembra essere un normale show educativo per bambini, ma gradualmente si trasforma in una spirale di oscurità, con rivelazioni inquietanti e bizzarre. Gli elementi colorati e infantili sono accompagnati da cambiamenti improvvisi e perturbanti nel tono e nell’aspetto dei personaggi.

    La serie è diventata famosa per il suo uso innovativo della tecnica di stop-motion e per le canzoni orecchiabili che accompagnano ogni episodio. Le canzoni, scritte e composte dagli stessi registi, hanno testi innocenti che progressivamente diventano inquietanti e trasmettono messaggi critici sulla società e la cultura moderna.

    In ogni episodio della serie, l’inizio ricorda quello di una normale serie per bambini, con marionette antropomorfe simili a quelle presenti in “Sesame Street” o “The Muppets”. La serie parodizza e satirizza questi programmi televisivi, contrastando l’ambiente colorato e infantile con temi inquietanti. Ogni episodio presenta una svolta surreale nel climax, con contenuti psichedelici e immagini che coinvolgono violenza grafica, umorismo nero, esistenzialismo e horror psicologico.

    I sei episodi della serie web esplorano e discutono argomenti di base tipici dell’educazione prescolare, come creatività, tempo, amore, tecnologia, dieta e sogni, mentre la serie televisiva tratta temi come lavoro, morte, famiglia, amicizia, trasporti e elettricità. La serie web ha ricevuto ampi consensi per la sua trama, il design di produzione, l’horror psicologico, l’umorismo, i temi nascosti, il lore e i personaggi, ed è considerata da molti una delle migliori serie web di tutti i tempi. La serie televisiva ha ricevuto acclamazione simile.

  • I social NON leggono nel pensiero (ma ci arrivano lo stesso): fenomenologia del mago di Segrate

    Grand Hotel Excelsior era il cult di Castellano e Pipolo uscito nel 1982, giocato su un umorismo schietto, senza fronzoli e dai tratti surreali, oltre che precorritore di carovane di personaggi assurdi, macchiettistici, italiano-medio – tra cui naturalmente il mago di Segrate interpretato da Diego Abantantuono. Tra gli ospiti dell’hotel del film troviamo infatti il famoso “Mago di Segrate”, un mago autodidatta dotato di straordinari poteri paranormali, tra cui quello (gettonatissimo anche oggi, a giudicare dal successo dei cartomanti online) di prevedere il futuro di alcune persone, oltre a indovinare l’esito di un incontro di boxe.

    Oggi il “pubblico” che assiste a qualsiasi film (inclusi quelli delle vite dei popoli, ci viene da scrivere) lo osserva mediante internet. Nel film i poteri reali del mago rimangono in forte discussione per scopi grotteschi, ma il personaggio finisce lo stesso per conquistare il pubblico per il modo in cui viene costruito e per come presenta le cose – tanto che, ci verrebbe da scrivere, potremmo arrivare proporre una fenomenologia del mago di Segrate per la comunicazione sul web.

    La fenomenologia del Mago di Segrate potrebbe offrire un approfondimento interessante su come, alla lunga, le abilità magiche possono influenzare la percezione e la cognizione umana, oltre ad esplorare il significato culturale e storico di tali abilità. In particolare quella annessa alla lievitazione, che si vede verso la fine del film – quando il mago decide di eseguire una autentica levitazione dal balcone della sua camera, davanti a un pubblico entusiasta.

    La gioia e l’ammirazione sono di breve durata, nonostante tutto: l’assistente del mago, Ginevra, nel momento in cui si complimenta per la sua impresa, gli dà una pacca sulla spalla con un po’ troppa forza, che lo fa perdere l’equilibrio e cadere dal balcone, finendo così in ambulanza.

    I social hanno invaso le nostre vite private e produce una moderata indignazione, per dirla con un eufemismo, che i loro meccanismi siano ancora oggi poco comprensi e inquadrati dai più come qualcosa di esoterico. Perchè è inutile girarci attorno: quella del mago di Segrate voleva essere solo un’immagine suggestiva per mostrare l’idea che oggi, nonostante la mole di dati gigantesca con cui dobbiamo avere a che fare ogni giorno, nostro malgrado, dopo miriadi di spiegoni e di tomi che hanno spiegato in lungo e in largo il fenomeno della gestione “allegrotta” della privacy sui vari strumenti social, tutto sommato è “accettabile” scrivere che:

    i social “leggono nel pensiero”

    cosa che evidentemente rende l’idea e serve (si spera per loro) ad attirare qualche click in più.

    Strano a dirsi, ma questa è (articoli di settembre 2023).

    Nessun blog, nessuna testata è veramente immune al clickbait, per cui lungi da noi, sia chiaro, fare moralismo fine a se stesso per questo genere di scelta: del resto va detto non c’è lettura nel pensiero, signori, ci sono big data e analisi statistiche in ballo, oltre a numerosi bias psicologici che ci fanno sentire ancora più osservati del dovuto (il fenomeno più noto a riguardo è quando leggi qualcosa su internet e pensi che si rivolga automaticamente a te).

    Non vogliamo nemmeno minimizzare la portata dello spionaggio social, che peraltro sosteniamo non da oggi (da molto prima che diventasse una fissazione come un’altra per fan rossobruni e luddisti “le tecnologie sono il male“): ci piacerebbe, più che altro, che quei titoli (peraltro cappello di contenuti quasi sempre dettagliati e dignitosi, non è questo il punto) rischino di diventare l’espressione dell’epistemologia del Mago di Segrate, chie fa capire le cose a modo suo, fa ridere un po’ tutti (e nessuno ci crede sul serio, si spera) eppure tutti gli danno retta, in mancanza d’altro.

    Alzi la mano chiunque non sia incappato nella discussione con una persona qualsiasi che riteneva seriamente di attribuire poteri sovrannaturali al proprio smartphone, ad esempio. Se è vero che la quantità di dati personali trattati dall’IT è ultra-industriale, si potrebbe anche sostenere che nessuno è obbligato a stare sui social e tantomeno è obbligato (per quanto le condizioni contrattuali siano sempre più stringenti) a fornire dati reali agli stessi. Si potrebbe anche discutere sul fatto che non è affatto ideale fare uso di questi strumenti se davvero ci sentiamo come lo scarico di un lavandino in cui finisce letteralmente tutto.

    Rispondo sempre, in questi casi, che non si tratta di magia, magari fosse così semplice: magia in effetti sarebbe una spiegazione chiusa e ben definita (se ovviamente la scienza riuscirà mai a spiegarla, s’intende). Il punto è che promettere anche di magico a spiegazioni che sono ben note da tempo, significa anche sospettare che parlare di big data e di inferenza sui dati sia troppo per il pubblico a cui ci stiamo rivolgendo, E a qualche malizioso potrebbe venire il sospetto che si tratti di insopportabile snobismo. Ne stavo giusto parlando con un amico su WhatsApp, prima, sottolineando peraltro come – a mio umile parere – la migliore scrittura è sempre quella che spiega le cose difficili in modo semplice. Quello che forse dovrebbero fare quegli articoli, o altri che ne usciranno. Senza mai usare parallelismi con la magia e con i maghi di Segrate, se possibile.

    Stiamo peraltro imparando a nostre spese che le spiegazioni delle “cose” – le cose di cui si occupa la fenomenologia, di per sè: comprensione della coscienza e dell’esperienza umana – sono quasi sempre complesse, niente è mai causa di tutto, non è mai colpa di X (con X singoletto), e soprattutto sappiamo bene che constatare la complessità del mondo crea scompensi notevoli ad alcuni: negazionismo, complottismo, cecità al cambiamento ostentata come la tessera di un partito politico. Che finisce anche per svilire la nobiltà degli intenti di chi vorrebbe denunciare le violazioni della privacy, che non dovrebbe fare appello ad allegorie fantasmologiche, sortilegi o fatture (se non in senso fiscale: gran parte dei social network si affida a data broker per rivendere i dati che volontariamente ci chiedono, come spiegato in quel primo articolo del Corriere dove, purtroppo, rimane il difetto di fondo dell’aver voluto fare uso dell’immagine impropria della “lettura nel pensiero”, nè più nè meno che attribuire il moto di un’automobile al turco meccanico).

    Se il concetto di “lettura del pensiero” può sembrare affascinante o misterioso, in definitiva, spesso le spiegazioni razionali si basano su processi cognitivi e comunicativi ben compresi, tutt’altro che noiosi o incomprensibili (breaking news: si possono divulgare tranquillamente a scuola e nei corsi di formazione per chiunque), il che sarebbe preferibile per limitare allarmismi ed isterie (una cosa di cui non abbiamo bisogno, nel contesto attuale). Le aziende che gestiscono i social sono più mentalisti che altro, al giorno d’oggi. Il mentalismo, lo ricordo, è un tipo di performance in cui il mentalista  fa sembrare di avere la capacità di leggere i pensieri, mentre sta usando tecniche consolidate di cold reading, suggestioni, bias psicologici e chi più ne ha, ne metta.

    Non che uno debba conoscere per forza queste cose, però almeno dotarsi della capacità di razionalizzarle, visto che parliamo di tecnologia e non di magia, sarebbe molto meglio.

  • Paura e delirio a Las Vegas: cast, storia, cenni alla regia, produzione, stile, sinossi, curiosità, spiegazione

    “Paura e delirio a Las Vegas”

    Eravamo dalle parti di Barstow, ai confini del deserto, quando le droghe cominciarono a fare effetto. Ricordo che dissi qualcosa tipo “Sento la testa leggera… potresti guidare tu?” D’un tratto ci fu un terrificante ruggito intorno a noi, e il cielo si riempì di cose che sembravano enormi pipistrelli stridenti in picchiata sulla nostra macchina… e una voce urlava “Santo iddio cosa sono questi maledetti animali?!

    Cast:

    • Johnny Depp come Raoul Duke
    • Benicio Del Toro come Dr. Gonzo
    • Tobey Maguire in un ruolo non accreditato
    • Christina Ricci come Lucy
    • Ellen Barkin come la cameriera North Star Waitress

    Regia: Il film è stato diretto da Terry Gilliam.

    Produzione

    “Paura e delirio a Las Vegas” è uscito nel 1998 ed è basato sull’omonimo romanzo di Hunter S. Thompson. Il film è una commedia nera e surreale che esplora il viaggio psichedelico e controculturale di due amici giornalisti attraverso il deserto del Nevada.

    Stile

    Il film è noto per il suo stile visivo e narrativo unico, che riflette l’esperienza alterata dei protagonisti a causa delle droghe psichedeliche. L’uso di effetti speciali, sequenze allucinatorie e montaggio frenetico contribuisce a creare un ambiente distorto e surreale che riflette lo stato mentale dei personaggi.

    Sinossi

    Il film segue le avventure di Raoul Duke, uno scrittore di giornalismo gonzo, e del suo avvocato Dr. Gonzo, mentre viaggiano verso Las Vegas per coprire una gara motociclistica. Nel corso del viaggio, i due consumano una varietà di droghe psichedeliche, il che porta a una serie di situazioni bizzarre e allucinatorie. Mentre attraversano il deserto, incontrano personaggi eccentrici, partecipano a feste selvagge e si trovano coinvolti in situazioni sempre più surreali.

    Il film si basa su una storia autentica?

    Il film si fonda su un romanzo del 1971 scritto da Hunter S. Thompson, intitolato “Paura e disgusto a Las Vegas“. Sebbene il film sia ispirato al libro, è importante sottolineare che sia il romanzo che il film sono opere di finzione che incorporano elementi di esperienze e riflessioni dell’autore. La storia si basa su una storia romanzata scritta da Hunter S. Thompson, ma molte delle situazioni e degli eventi rappresentati sono esagerati e distorti in modo surreale per fini narrativi e satirici. Quindi, pur avendo radici nella riflessione dell’autore sulla cultura e la società dell’epoca, non si tratta di una rappresentazione puramente autentica dei fatti.

    Curiosità

    • Il film è basato sul libro di Hunter S. Thompson, che a sua volta era un resoconto romanzato dei suoi viaggi e delle sue esperienze con droghe psichedeliche negli anni ’70.
    • Johnny Depp si è avvicinato a Hunter S. Thompson per prepararsi per il ruolo, trascorrendo tempo con lui e persino accompagnandolo a eventi pubblici.
    • Il film è stato girato principalmente in California, ma è riuscito a catturare l’atmosfera surreale e unica di Las Vegas e del deserto circostante.

    Spiegazione dettagliata finale (SPOILER)

    Verso la fine del film, Raoul Duke ha un’intensa allucinazione in cui si trova in una stanza d’hotel, circondato da creature strane e inquietanti. Durante questa scena, sembra attraversare momenti di angoscia e confusione. Questa sequenza è emblematica dell’effetto delle droghe psichedeliche e della perdita di contatto con la realtà.

    Verso la fine del film, Raoul e Gonzo sono costretti a lasciare Las Vegas, lasciando alle spalle il caos e la distruzione che hanno causato. La sequenza finale vede Raoul guidare fuori dalla città, riflettendo sulla natura del sogno americano e sulla follia della società. La voce narrante di Raoul esprime un senso di disincanto e disillusione, evidenziando come le loro avventure allucinatorie abbiano messo in luce la falsità e l’ipocrisia del mondo che li circonda.

    La conclusione del film rappresenta una sorta di risveglio per Raoul, che si rende conto dell’assurdità delle sue azioni e dell’illusione dietro il “sogno americano”. La sua riflessione finale porta a una sorta di catarsi personale, anche se il film non offre una risposta chiara o definitiva. L’intera esperienza può essere interpretata come una critica all’eccesso, all’alienazione e alla ricerca di significato in un mondo distorto.

    Tieni presente che questa è solo una possibile interpretazione del finale del film, e il suo stile aperto e surreale permette a ciascuno spettatore di trarre le proprie conclusioni.

    Frasi famose del film / Citazioni

    [Al convegno della polizia] Riconosci i drogati, potrebbe salvarti la vita. Potresti non vedergli gli occhi perché hanno gli occhiali da sole, ma avranno le nocche bianchissime per la tensione interna… e i pantaloni incrostati di sperma per le continue masturbazioni quando non trovano una vittima da stuprare. Barcolleranno e balbetteranno se interrogati e non avranno rispetto per il tuo distintivo. Il drogato non ha paura di nulla: ti attaccherà senza motivo con ogni arma a portata di mano… Compresa la tua. Fa attenzione: qualsiasi agente che arresti un sospetto consumatore di marijuana deve usare immediatamente tutta la forza necessaria. Un colpo in tempo su di lui di solito lo evita… A te! (Bumquist)
    [Parlando di Lucy] Tra meno di un’ora sarà abbastanza lucida da farsi venire un attacco religioso in nome di Gesù al confuso ricordo di essere stata sedotta da uno strano, crudele samoano che l’ha nutrita di alcol e LSD… l’ha trascinata in una camera d’ albergo, dove le ha selvaggiamente penetrato ogni orifizio del suo corpicino col suo palpitante e non circonciso membro! (Raoul Duke)
    [Strafatto di adrenocromo, prima di cadere per terra] Finisci questa tua storia del cazzo!… Cos’è successo… Che c’entrano le Ghiandole?!? (Raoul Duke)
    [Strafatto di adrenocromo] Sto per diventare un quadrupede! Quadrupede! (Raoul Duke)
    Al mondo non c’è nulla di più irresponsabile e depravato di un uomo negli abissi di una sbornia di etere, e io sapevo che ci saremmo arrivati abbastanza presto. (Duke voce narrante)
    Avevamo due buste di erba, settantacinque palline di mescalina, cinque fogli di acido superpotente, una saliera mezza piena di cocaina, un’intera galassia multicolore di eccitanti, calmanti, scoppianti, esilaranti. E anche un litro di tequila, un litro di rum, una cassa di birra, mezzo litro di etere puro e due dozzine di fialette di popper. Non che per il viaggio ci servisse tutta quella roba, ma quando ti ritrovi invischiato in una seria raccolta di droghe, la tendenza è di spingerla più in là che puoi. (Raoul Duke, voce narrante)
    Chi l’ha detto? Chi è che vuole farti a pezzetti? Volevo solo farti una piccola Z sulla fronte. (Avv. Gonzo)
    Con un po’ di fortuna la sua vita sarà rovinata per sempre, pensando che proprio dietro una porta in tutti i suoi bar preferiti, uomini con camicie rosse di lana, provano sballi incredibili con cose che lui non conoscerà mai… (Raoul Duke)
    È una cosa che fa ribrezzo… Questo è aah… aah! Questo è aah… aah! Questo è aah… (Avv. Gonzo)
    Etere diabolico… ti fa comportare come l’ubriacone del villaggio di un romanzo irlandese: perdita totale di ogni elementare capacità motoria, vista offuscata, niente equilibrio, lingua intorpidita. La mente si rifugia nell’orrore incapace di comunicare con la colonna vertebrale, il che è interessante perché ti permette di osservarti mentre ti comporti in quel modo spaventoso ma non puoi farci niente. (voce narrante)
    Fetente! Scoprirò dove abiti e ti brucerò la casa, brutto pezzo di merda! (Avv. Gonzo)
    Fuoco! (Raoul Duke)
    Guida tu. Guida tu! Non credo di essere a posto. (Avv. Gonzo)
    Hai visto!? Un figlio di puttana mi ha spinto da dietro! (Avv. Gonzo)
    Ho visto questi bastardi in Easy Rider non credevo fossero veri, non così, ce ne sono centinaia. (Avv. Gonzo, al convegno dell’antidroga)
    Il circo Bazooko è tutto quello che il mondo alla moda sarebbe al sabato sera se i tedeschi avessero vinto la guerra, è il Sesto Reich. (voce narrante)
    In quella stanza c’erano prove di un eccessivo uso di quasi ogni tipo di droga conosciuta dall’uomo civile dal 1544 dopo Cristo. (Raoul Duke)
    Inutile parlare di pipistrelli pensai… Il povero bastardo presto li avrebbe visti da solo. (Raoul Duke)
    L’acido gli aveva alterato i meccanismi. La prossima fase sarebbe stata probabilmente uno di quegli incubi introspettivi, diabolici e intensi. Quattro ore o giù di lì di disperazione catatonica. (Raoul Duke)
    L’etere stava svanendo, l’acido era sparito da un pezzo, ma la mescalina stava andando forte. (Raoul Duke)
    La parola d’ordine è “una mano lava l’altra”… Quando te la senti dire, risponderai “non temo nulla”. (Raoul Duke)
    Ne hai preso troppo bello… ne hai preso troppo, troppo. (Avv. Gonzo, rivolto a Duke)
    Non fare Moby Dick con me. Io sono Achab. (Raoul Duke)
    Ordina delle scarpe da golf, o non usciremo vivi da questo posto! (Raoul Duke)
    Ormai era tutto finito: avevamo violato tutte le norme che regolavano Las Vegas, sfottendo gli abitanti, oltraggiando i turisti, terrorizzando il personale… L’unica speranza, pensavo, era la possibilità che avessimo talmente ecceduto che nessuno che si trovasse nella posizione di condannarci avrebbe creduto alla cosa. (Raoul Duke)
    Passammo il resto della serata a ramazzare materiali e a stivarli nella macchina, poi ingurgitammo della mescalina e andammo a nuotare. (voce narrante)
    Qualcuno vuole dell’LSD? Ho qui tutto il necessario! Cerco solo un posto per cucinare!. (Hunter Stockton Thompson)
    Quelli di noi che erano stati in piedi tutta la notte non erano dell’umore giusto per caffè e frittelle, volevamo bere forte. Dopotutto eravamo la crema della stampa sportiva nazionale. (Raoul Duke)
    Sappiamo cos’hai in mente. (Avv. Gonzo)
    Siamo tuoi amici… Non come gli altri bello… (Avv. Gonzo)
    Solo un altro orrendo profugo della generazione dell’amore. (voce narrante)
    Sono delle cazzate madornali! Mi trovi al casinò. (Avv. Gonzo)
    Sta’ a sentire brutta testa di merda, sono stato fottuto a sangue nella mia vita da una ragguardevole congrega lercia di meschini irascibili poliziotti fanatici delle regole e ora, è il mio turno… perciò vaffanculo agente… comando io! (Sven)
    Strani ricordi in quella nervosa notte a Las Vegas. Sono passati cinque anni? Sei? Sembra una vita. Quel genere di apice che non tornerà mai più. San Francisco e la metà degli anni sessanta erano un posto speciale e un momento speciale di cui fare parte. Ma nessuna spiegazione, nessuna miscela di parole, musica e ricordi poteva toccare la consapevolezza di essere stato là, vivo, in quell’angolo di tempo e di mondo, qualunque cosa significasse. C’era follia in ogni direzione, ad ogni ora, potevi sprizzare scintille dovunque, c’era una fantastica, universale, sensazione che qualunque cosa facessimo fosse giusta, che stessimo vincendo. E quello, credo, era il nostro appiglio, quel senso di inevitabile vittoria sulle forze del vecchio e del male, non in senso violento o cattivo, non ne avevamo bisogno, la nostra energia avrebbe semplicemente prevalso, avevamo tutto lo slancio, cavalcavamo la cresta di un’altissima e meravigliosa onda. E ora, meno di cinque anni dopo, potevi andare su una ripida collina di Las Vegas e guardare a ovest, e con il tipo giusto di occhi, potevi quasi vedere il segno dell’acqua alta, quel punto, dove l’onda infine si è infranta ed è tornata indietro. (voce narrante)
    Ti pagano per fotterti quell’orso? (Avv. Gonzo)
    Ti prego! Di a questi di tirare fuori le scarpe da golf! (Raoul Duke)
    Trovare le droghe e le camicie, non era stato un problema. Ma la macchina e il registratore non erano facili da rimediare alle sei e mezzo di venerdì pomeriggio a Hollywood. (voce narrante)
    Una delle cose che impari dopo anni che hai a che fare con drogati è che puoi voltare le spalle a chiunque, ma mai voltare le spalle a un drogato. Soprattutto quando ti agita davanti un coltello da caccia affilatissimo. Cosa stavo facendo lì? Che significato aveva quel viaggio? Stavo solo vagando sotto l’effetto di qualche droga, o ero davvero venuto a Las Vegas per scrivere un pezzo? Chi sono queste persone? Queste facce? Da dove vengono? Sembrano caricature di rivenditori di auto usate di Dallas. E, Gesù Benedetto, ce ne sono tantissimi alle 4 e mezza di domenica mattina, ancora ingroppando il sogno americano, quella visione del grande vincitore che emerge dall’ultimo caos peraurorale di un trito casinò di Las Vegas. (Raoul Duke)
  • 10 film diacronici che non puoi non aver visto

    Il termine “diacronico” è un concetto utilizzato in diversi campi, tra cui linguistica, storia, e scienze sociali, per riferirsi a un’analisi che considera i cambiamenti e lo sviluppo nel tempo. In altre parole, l’analisi diacronica esamina come un fenomeno, un sistema o un concetto si sia evoluto e cambiato nel corso del tempo.

    La narrazione diacronica è importante per comprendere come gli eventi, le persone o gli elementi si siano sviluppati e trasformati nel corso del tempo. Questo tipo di narrazione permette di analizzare il contesto storico e di mettere in relazione gli avvenimenti passati con quelli presenti e futuri, contribuendo a una comprensione più completa della storia di un determinato soggetto.

    Una narrazione diacronica è una forma di narrazione o di rappresentazione che si sviluppa lungo un arco temporale, mostrando l’evoluzione e i cambiamenti nel tempo di un determinato fenomeno, evento, personaggio o concetto. Questo tipo di narrazione mette in evidenza la successione cronologica degli eventi o dei processi, concentrandosi sulla storia o sulla linea temporale.

    Ecco alcuni esempi di narrazioni diacroniche:

    1. Biografia: Una biografia è un esempio classico di narrazione diacronica. Narra la vita di una persona dall’infanzia alla morte, evidenziando le tappe significative e le trasformazioni nel corso della sua vita.
    2. Storia: Un libro di storia racconta gli eventi e gli sviluppi nel corso del tempo, spesso in ordine cronologico. Questa narrazione diacronica può coprire periodi specifici, come la storia di un paese o un’epoca storica.
    3. Evoluzione di un concetto o idea: Una narrazione diacronica può essere utilizzata per esplorare l’evoluzione di un concetto o di un’idea nel corso del tempo. Ad esempio, come una teoria scientifica è stata sviluppata e modificata nel corso degli anni.
    4. Storia di una azienda o un’organizzazione: La storia di una società, azienda o organizzazione è una narrazione diacronica che può mostrare come sia nata, cresciuta e cambiata nel corso degli anni.
    5. Storia di una famiglia: La storia di una famiglia segue il percorso di una famiglia attraverso le generazioni, evidenziando i cambiamenti sociali, culturali e personali nel tempo.

    Ecco alcuni film famosi che presentano una narrazione diacronica, insieme ai rispettivi cast e registi:

    1. “Forrest Gump” (1994)
      • Regia: Robert Zemeckis
      • Cast: Tom Hanks (Forrest Gump), Robin Wright (Jenny Curran), Gary Sinise (Tenente Dan Taylor)
      • Trama: “Forrest Gump” è un film che segue la vita di Forrest Gump, un uomo con un basso QI, attraverso molte decadi della storia americana. La storia è narrata in modo diacronico, con Forrest che attraversa eventi chiave degli anni ’60, ’70 e ’80, mentre incontra personaggi storici e affronta le sfide della sua vita.
    2. The Social Network” (2010)
      • Regia: David Fincher
      • Cast: Jesse Eisenberg (Mark Zuckerberg), Andrew Garfield (Eduardo Saverin), Justin Timberlake (Sean Parker)
      • Trama: Questo film racconta la storia dell’ascesa di Facebook, il famoso social network, e segue il suo fondatore Mark Zuckerberg attraverso gli anni 2000. La narrazione diacronica esplora lo sviluppo di Facebook e le controversie legali che ne sono derivate.
    3. “Il Padrino – Parte II” (1974)
      • Regia: Francis Ford Coppola
      • Cast: Al Pacino (Michael Corleone), Robert De Niro (Giovanni Corleone), Robert Duvall (Tom Hagen)
      • Trama: Questo sequel del celebre “Il Padrino” combina due narrazioni diacroniche: segue Michael Corleone negli anni ’50 mentre cerca di espandere l’Impero della Famiglia Corleone e rivela anche il passato di suo padre, Vito Corleone, negli anni ’20.
    4. “Boyhood” (2014)
      • Regia: Richard Linklater
      • Cast: Ellar Coltrane (Mason), Patricia Arquette (Olivia), Ethan Hawke (Mason Sr.)
      • Trama: “Boyhood” è un esempio particolare di narrazione diacronica poiché è stato girato durante un periodo di 12 anni. Il film segue la vita di Mason, un ragazzo, dalla sua infanzia all’età adulta, mostrando il suo sviluppo e cambiamento nel corso degli anni.
    5. “The Curious Case of Benjamin Button” (2008)
      • Regia: David Fincher
      • Cast: Brad Pitt (Benjamin Button), Cate Blanchett (Daisy), Taraji P. Henson (Queenie)
      • Trama: Questo film racconta la storia di Benjamin Button, un uomo che nasce anziano e invecchia all’indietro nel tempo. La narrazione segue la sua vita insolita e unica mentre attraversa le diverse fasi dell’età.

    Questi sono solo alcuni esempi di film famosi con una narrazione diacronica che copre un arco temporale esteso. Ognuno di questi film offre una prospettiva unica sul passare del tempo e sugli eventi che influenzano i personaggi principali.

  • Angoscia: trama, cast e come nasce il termine gaslighting

    Quando George Dewey Cukor diresse Angoscia (Gaslight nell’edizione originale) nel 1944 (realizzando un remake di un film con lo stesso titolo di qualche tempo prima), difficilmente avrebbe immaginato che sarebbe diventato un termine di riferimento nell’ambito psicologico. Angoscia è la traduzione forse semplicistica del termine Gaslight, che veniva usato nell’opera originale e che risulta intraducibile in modo letterale. Tanto meno, riteniamo, avrebbero potuto farlo sull’opera originale di Patrick Hamilton, autore della piece teatrale (del 1939) da cui è stato tratto il film.

    L’originale Gaslight era un thriller vittoriano non dissimile dalla tradizione Grand Guignol, che si incentrava su un uomo che manipolava psicologicamente la moglie al fine di derubarla. Ad oggi, “Gaslight” è considerato un cult del cinema e ha avuto un impatto significativo sulla cultura popolare, contribuendo a diffondere la consapevolezza del concetto di gaslighting, una forma di manipolazione psicologica in cui una persona cerca di far dubitare della sanità mentale a un’altra persona mediante una serie di tattiche manipolative.

    GaslightingSi tratta di una forma di manipolazione psicologica in cui una persona cerca di far dubitare della sanità mentale a un’altra persona mediante una serie di tattiche manipolative. Il termine deriva da un film ed una piece teatrale dal titolo Gaslight, che parla di una donna che viene manipolata dal marito al fine di farle perdere contatto con la realtà.

    Trama

    Siamo nella Londra del 1880: la giovane Paula è sposata con Gregory, un uomo dai modi ambigui che sembra esclusivamente interessato alle ricchezze della donna. La protagonista ha infatti ereditato una fortuna da una anziana zia, morta in circostanze misteriose qualche tempo prima, e si è sposata con l’uomo in fretta e furia. Il trasferimento si rivela traumatico: l’uomo tende a creare un clima di isolamento attorno alla moglie, che avverte strani rumori provenienti dall’attico e soprattutto nota che le luci a gas della casa tendono ad abbassarsi di intensità in alcuni momenti della giornata. Gregory sta manipolando Paula, al fine di far venire meno la sua corretta percezione della realtà. A questa subdola contrapposizione tra l’Io della protagonista e l’Es subdolo del coniuge patriarcale si frappone Brian Cameron, ispettore di polizia che indaga sulla morte della zia.

    A quanto ne sappiamo Ingrid Bergman ha trascorso un periodo della realizzazione del film in una clinica psichiatrica dell’epoca, osservando a lungo una paziente al fine di caratterizzare il proprio personaggio.

    Cast

    • Ingrid Bergman come Paula Alquist
    • Charles Boyer come Gregory Anton
    • Joseph Cotten come Brian Cameron
    • May Whitty come Miss Thwaites
    • Angela Lansbury come Nancy, la cameriera (sua prima apparizione cinematografica)
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