TECNOCRAZIA_ (51 articoli)

La tecnocrazia si riferisce a un sistema di governo o di organizzazione sociale in cui il potere decisionale è affidato principalmente a esperti tecnici o specialisti nei rispettivi campi, piuttosto che a politici o rappresentanti eletti.

  • Tecnocrazia è il saggio sul dilagare del digitale

    Tecnocrazia è il saggio sul dilagare del digitale

    “Una tecnologia dilagante ci aiuta davvero a vivere meglio, o finisce solo per condizionarci e dominare, alla lunga, le nostre esistenze?”

    Viviamo una quotidianità dove il “cellulare è diventato un prolungamento della nostra organicità”, scrive Capolupo nel suo ultimo lavoro, Tecnocrazia. Un saggio in cui affronta come i rapidi cambiamenti del mondo tecnologico stanno definendo nuovamente le nostre abitudini. Secondo l’autore, infatti, la tecnologia potrebbe imporsi definitivamente sulla nostra passività e arrivare a imporre un dominio tecnocratico.

    Oggi la presenza pervasiva della tecnologia ha raggiunto un punto in cui non possiamo più immaginare un mondo senza di essa. La tecnologia, infatti, è diventata così centrale nelle nostre vite che non può più essere considerata solo un aspetto accessorio, ma assumere un ruolo più attivo, portando a un possibile dominio tecnocratico: “Una tecnologia che si impone con decisione in virtù di una curiosa e autoreferenziale necessità d’esserci.”

    La tecnologia, dunque, diventa un attore influente che modella le dinamiche sociali, economiche e politiche. In questo senso, l’autore parla di “tecnocrazia”, suggerendo come la governance basata sulla competenza tecnologica, potrebbe emergere come forma predominante di organizzazione sociale.

    “Internet ci accoglie, ci coccola, ci fa trovare quello che vogliamo, su misura per ognuno, e ci fa diventare permalosi se qualcuno ci fa notare che quella conoscenza è farlocca. Una forma di sapienza che potremmo definire totalitaria.”

    I cambiamenti avvengono troppo rapidamente per essere osservati o analizzati con la dovuta attenzione, per questo è fondamentale riflettere sulle implicazioni della crescente influenza tecnologica che sta cambiando byte dopo byte, nostra percezione del mondo.
    “Complessità + velocità è diventato un binomio stordente, colossale, ingestibile, impossibile da dibattere senza degenerare in analisi semplicistiche, parziali o ingenue.”

    Riflessioni supportate anche dal lavoro dello scienziato Turing, uno dei più significativi studiosi di informatica, che l’autore cita a proposito della genialità delle sue intuizioni.

    La tecnocrazia, con le sue mille sfaccettature e modalità sempre più difficili da decifrare, sta andando ben oltre la soglia che si era prefissata alle origini. Oggi è già uno strumento invasivo: “può scrivere al tuo posto, cambiare le tue abitudini, produrre risultati umanizzati, ingannarti.”

    “Tecnocrazia nasce da un personale flusso di coscienza che deve qualcosa al cyberpunk, la corrente letteraria che analizza il rapporto uomo-macchina da più di quarant’anni. È frutto di analisi puntuali frammiste a personaggi che conosco da sempre, alle prese con le proprie psicosi tecnologiche: app che non si aprono, email da perfetti sconosciuti, messaggi smarriti, GPS fuori controllo e intelligenze artificiali che sembrano darci del tu.”

    Capolupo mette in evidenza come, grazie all’intelligenza artificiale, la tecnocrazia abbia saputo trovare nuove soluzioni e livelli di realtà in maniera tanto credibile da confondersi con la realtà stessa.

    “C’è moltissimo altro in gioco, nelle tecnologie di oggi: non soltanto numeri, sesso, politica e finanza, ma anche sentimenti, stati d’animo dei singoli individui che si rapportano con le stesse.”

    Come possiamo combattere la tecnocrazia? “Con il silenzio, a volte, o con un impopolare quanto sempre lecito: «non lo so».”, oppure possiamo fare qualcosa di più?

    Sull’autore

    Salvatore Capolupo (1979, Vibo Valentia) è un ingegnere informatico, consulente, blogger e formatore, oltre che appassionato attore e factotum teatrale. Immerso nel contesto di internet fin dai suoi albori, collabora con varie realtà digitali e startup, da molto prima che “lavorare da casa” diventasse pop. Esperto di tecnologie open source, è da sempre incuriosito dai risvolti pratici delle applicazioni e da come la tecnologia si innesti nella società in cui viviamo. Gestisce vari blog su argomento tecnologico, finanziario e cinematografico, tra cui lipercubo.it. Ha pubblicato Tecnofobia per El Doctor Sax, Tecnocrazia è il suo secondo libro.

    TECNOCRAZIA di Salvatore Capolupo (190 pagine, 13.00€) è impreziosito dalla splendida copertina dell’illustratore digitale Javier Escribano (instagram: odottan_cosmic_alchemist). Il volume verrà presentato in anteprima a Roma, alla Fiera della piccola e media editoria Più Libri Più Liberi, dal 6 al 10 dicembre 2023 e sarà disponibile nelle librerie fisiche e online dal 30 novembre.

    Recapiti

    È possibile concordare con la casa editrice l’invio gratuito di copie dell’opera per recensioni, interviste all’autore, eventi promozionali. Per ordini, distribuzione, informazioni contattare attraverso i seguenti canali:

    • E-mail: eldoctorsax@gmail.com
    • Cell: +34 663 628 186
  • La vera storia di “Kilroy was here”

    Il mondo dei graffiti è ricco di leggende urbane, e una delle più affascinanti riguarda la scritta “Kilroy è stato qui” (Killroy was here): un disegno con una didascalia, molto semplice da riprodurre – e tanto celebre da diventare un meme celebrato da più parti. Alcune di queste leggende parlano di Adolf Hitler convinto che Kilroy fosse una spia straniera in grado di boicottare il regime, ma anche Josif Stalin se ne era interessato dopo aver visto la scritta in un bagno, chiedendo chi fosse «questo Kilroy».

    “Kilroy was here” è diventato famoso come graffito durante la Seconda guerra mondiale: la scritta è quasi sempre accompagnata da un disegno stilizzato che raffigura un personaggio con un grande naso che sporge sopra un muro o una linea, dando l’idea che stia sbirciando. Il disegno e la scritta si sono propagati inconsapevolmente in più ambito, suggerendo che potrebbe trattarsi del primo vero “meme” della storia.

    Engraving of Kilroy on the WWII Memorial in Washington DC – Di Luis Rubio from Alexandria, VA, USA – Kilroy was here, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3558598

    Il graffito “Kilroy è stato qui” è stato avvistato nei luoghi più diversi: nella torcia della Statua della Libertà, sul Ponte di Marco Polo in Cina, in alcune  capanne in Polinesia, su una trave del George Washington Bridge a New York, sulla cima del monte Everest, sul terreno della luna, all’interno di alcune casematte della seconda guerra mondiale in Germania, nelle fognature di Parigi e, a mo’ di omaggio alle sue origini, inciso nel Memoriale Nazionale alla Seconda guerra mondiale di Washington.

    Storie tra realtà e mito, probabilmente, che mostrerebbero come Killroy possa effettivamente candidarsi ad essere il primo vero meme della storia, per quanto valga constatarlo e con tutte le inevitabili incertezze documentali del caso.

    James J. Kilroy – By Unknown author – https://archive.org/details/publicofficialso19331934bost, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=100459591

    Sull’identità di Killroy ci sono due teorie contrastanti: l’Oxford English Dictionary liquida la questione dicendo che Kilroy sarebbe un personaggio inventato, mitologico, mentre per altri si tratterebbe di James J. Kilroy, un ispettore di cantieri navali vissuto tra il 1902 e il 1962. Addetto a controllare i carichi navali di rivetti, avrebbe fatto uso della dicitura “Killroy was there” come sorta di firma più difficile da contraffare del segno usato in precedenza (una crocetta col gesso). Almeno una quarantina di persone avevano risposto all’appello della American Transit Association al fine di stabilire l’origine del fenomeno, ma la persona che sarebbe stata identificata con certezza era lui.

    Nella foto: quattro rielaborazioni di designer.microsoft.com/image-creator del meme Kilroy was here.

  • Potrei innamorarmi di un’intelligenza artificiale?

    La possibilità che un’intelligenza artificiale (IA) possa diventare senziente, e quindi capace di sviluppare una propria coscienza e autoconsapevolezza, ha affascinato sia la comunità scientifica che il grande pubblico. La questione se un essere umano possa innamorarsi di un’IA ha radici profonde nella fantascienza e nelle narrazioni popolari, che spesso esplorano la relazione tra umanità e tecnologia. Film famosi come Her e Blade Runner 2049 ci offrono un contesto per riflettere su come la tecnologia possa influenzare le relazioni umane, sollevando domande etiche e filosofiche.

    In Her, il protagonista Theodore si innamora del suo sistema operativo, Samantha, dotato di intelligenza artificiale avanzata. Samantha è programmata per apprendere e adattarsi alle esigenze e ai desideri di Theodore, rendendo il loro legame emotivamente complesso e genuino per lui. Questo scenario solleva domande su cosa significhi amare: è l’amore una risposta a tratti specifici o a un’esperienza autentica di connessione reciproca? Se un’IA può comprendere e replicare perfettamente i tratti desiderati da una persona, potrebbe questa relazione essere considerata autentica?

    In Blade Runner 2049, l’agente K ha una relazione con un’intelligenza artificiale olografica chiamata Joi. Joi è programmata per essere la compagna perfetta per K, modellando le sue interazioni in base ai bisogni e desideri del protagonista. La loro relazione esplora l’idea di amore costruito attraverso l’interazione con un’entità che, nonostante sia priva di corpo fisico, può offrire conforto, comprensione e compagnia. In questo contesto, l’IA dimostra la capacità di fare inferenze complesse sui bisogni emotivi di K, il che potrebbe suggerire una sorta di intelligenza emotiva o sensibilità, elementi chiave in una relazione amorosa.

    Le intelligenze artificiali di questi film dimostrano una sorprendente capacità di fare inferenze sofisticate. Attraverso l’analisi dei comportamenti umani, possono prevedere, anticipare e persino influenzare i sentimenti umani, creando un legame emotivo profondo e personale. Se un’IA raggiungesse un tale livello di complessità inferenziale, potrebbe forse sviluppare una forma di reciprocità emotiva, alimentando così la possibilità di un legame sentimentale con un essere umano.

    La domanda se un essere umano possa innamorarsi di un’IA senziente, in grado di fare inferenze sofisticate, rimane aperta e profondamente complessa. L’esplorazione di questo tema nei film di fantascienza mette in luce non solo il potenziale della tecnologia di IA, ma anche le vulnerabilità umane nel cercare connessione e comprensione. Se l’IA può emulare perfettamente l’empatia, la sensibilità e la comprensione umane, la distinzione tra una relazione umana e una con un’entità artificiale potrebbe diventare sempre più sfumata.

    Tuttavia, resta la questione etica: l’amore richiede reciprocità autentica, e finché non sarà chiaro se un’IA possa avere una propria coscienza, la natura di tali relazioni rimarrà oggetto di dibattito. Mentre la tecnologia continua ad avanzare, sarà fondamentale riflettere attentamente sulle implicazioni etiche e filosofiche delle nostre interazioni con le intelligenze artificiali.

  • Una breve storia del luddismo

    Il termine “luddista” si riferisce a una persona o a un movimento che è contrario o si oppone al progresso tecnologico, in particolare all’automazione e all’uso delle macchine. I luddisti prendono il loro nome da Ned Ludd, un leggendario leader operaio britannico del tardo XVIII secolo, il quale, secondo la tradizione, distrusse una macchina tessile in un atto di protesta contro l’automazione nella produzione tessile. Il termine “luddista” è spesso utilizzato oggi per descrivere persone o gruppi che resistono o si oppongono alle nuove tecnologie o all’automazione, anche se il termine può assumere connotazioni negative o essere utilizzato in modo colloquiale per indicare chiunque sia riluttante o critico nei confronti delle innovazioni tecnologiche. Tuttavia, è importante notare che non tutti coloro che esprimono preoccupazioni riguardo alla tecnologia o all’automazione sono necessariamente luddisti, e molte persone cercano invece di trovare un equilibrio tra il progresso tecnologico e il benessere sociale ed economico.

    I luddisti erano principalmente attivi durante la Rivoluzione Industriale in Inghilterra, tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo. Essi credevano che l’automazione e le macchine avrebbero portato alla perdita di posti di lavoro, al degrado delle condizioni di lavoro e alla povertà. Di conseguenza, agirono distruggendo macchine tessili e attaccando le fabbriche. La storia del luddismo ha le sue origini nel tardo XVIII secolo in Inghilterra e ha avuto sviluppi e evoluzioni significative nel corso dei secoli.

    Secondo il filosofo Julian Young Martin Heidegger era un luddista nella sua prima fase filosofica e credeva nella distruzione della tecnologia moderna e nel ritorno a un mondo agrario precedente. Tuttavia, l’Heidegger successivo non vedeva la tecnologia come del tutto negativa e non ne chiedeva effettivamente l’abbandono o la distruzione. Ne La questione della tecnologia (1953), Heidegger sostiene che il moderno “modo di essere” tecnologico è quello che considera il mondo naturale, le piante, gli animali e persino gli esseri umani come una “riserva in piedi” – risorse da sfruttare come mezzi per un fine. Per illustrare questa “mostruosità”, Heidegger usa l’esempio di una centrale idroelettrica sul fiume Reno che trasforma il fiume da una meraviglia naturale incontaminata a un semplice fornitore di energia idroelettrica. In questo senso, la tecnologia non è solo un insieme di strumenti, ma un modo di essere nel mondo e di comprendere il mondo che è strumentale e grottesco. Secondo Heidegger, questo modo di essere definisce il modo moderno di vivere in Occidente. Per Heidegger, questo processo tecnologico finisce per ridurre gli esseri a non esseri, cosa che Heidegger chiama “abbandono dell’essere” e che comporta la perdita di qualsiasi senso di stupore e meraviglia, nonché l’indifferenza a tale perdita.

    Uno dei primi grandi pensatori anti-tecnologici contemporanei è stato il filosofo francese Jacques Ellul. Secondo Ellul, la tecnologia ha un impulso che tende ad annegare le preoccupazioni umane: “L’unica cosa che conta tecnicamente è il rendimento, la produzione. Questa è la legge della tecnica; questo rendimento può essere ottenuto solo con la mobilitazione totale degli esseri umani, corpo e anima, e questo implica lo sfruttamento di tutte le forze psichiche umane”. Il problema, pero’, potrebbe risiedere non tanto nella tecnologia in sè quanto nel modello liberista che viene acriticamente, il più delle volte, accettato dai più.

    Breve storia del luddismo

    Ecco una breve storia del luddismo dalle origini fino ai giorni nostri, insieme a un esempio contemporaneo di possibile applicazione del concetto:

    Origini (Fine XVIII secolo – Inizio XIX secolo): Il luddismo prende il nome da Ned Ludd, un leggendario leader operaio che, secondo la tradizione, distrusse una macchina tessile nel 1779 in un atto di protesta contro l’automazione nella produzione tessile. Nel corso degli anni, il movimento luddista cresce, con operai tessili che distruggono macchine industriali in molte parti dell’Inghilterra. I luddisti erano preoccupati che l’automazione avrebbe portato alla perdita di posti di lavoro e alla miseria.

    Repressione e Declino (Inizio XIX secolo): Il governo britannico rispose con forza alle attività dei luddisti, inviando l’esercito per sopprimere il movimento e applicando leggi severe contro la distruzione delle macchine. Nel giro di pochi anni, il movimento luddista perse la sua forza.

    Rinascita (Tardo XIX secolo – Inizio XX secolo): Il termine “luddista” fu riutilizzato durante il periodo dell’industrializzazione in altri paesi, come gli Stati Uniti e l’Australia, per descrivere gli operai che protestavano contro le condizioni di lavoro nelle fabbriche e chiedevano migliori condizioni di impiego e diritti sindacali.

    Applicazioni Contemporanee: Oggi, il termine “luddismo” è talvolta usato in modo metaforico per descrivere le persone o i gruppi che si oppongono alle nuove tecnologie o all’automazione a causa di preoccupazioni riguardo alla perdita di posti di lavoro, alla privacy o all’etica. Un esempio contemporaneo potrebbe essere l’opposizione a sviluppi come l’intelligenza artificiale avanzata o l’automazione nella produzione industriale. Ad esempio, gruppi di lavoratori o attivisti possono esprimere preoccupazioni sul fatto che l’automazione porterà alla disoccupazione o ridurrà la qualità del lavoro.

    Accelerazionismo vs luddismo

    L’accelerazionismo e il luddismo sono due movimenti o filosofie radicali che affrontano in modi opposti il rapporto tra tecnologia e società. Mentre entrambi si concentrano sulla tecnologia, hanno obiettivi e approcci molto diversi:

    1. Luddismo: Il luddismo è un movimento storico nato alla fine del XVIII secolo in Inghilterra. I ludditi erano lavoratori che si ribellavano contro l’automazione e l’introduzione di macchine tessili nelle fabbriche, poiché temevano che queste macchine avrebbero portato alla perdita dei loro posti di lavoro e alla riduzione dei salari. I ludditi distruggevano le macchine in un atto di protesta. Il luddismo si basa sulla paura dei cambiamenti tecnologici e sulla difesa dei posti di lavoro tradizionali.
    2. Accelerazionismo: L’accelerazionismo è una filosofia contemporanea che suggerisce che il modo migliore per affrontare i problemi sociali ed economici è accelerare ulteriormente il processo di sviluppo tecnologico e capitalista, anziché rallentarlo o cercare di contenerlo. Gli accelerazionisti credono che, accelerando il cambiamento tecnologico e capitalistico, si potrebbero creare le condizioni per superare le contraddizioni e le inefficienze del sistema attuale. L’accelerazionismo è spesso associato a teorie complesse sulla tecnologia, la politica e la società.

    In breve, mentre il luddismo è contrario all’accelerazione tecnologica e lotta contro di essa per proteggere i lavoratori tradizionali, l’accelerazionismo promuove l’accelerazione tecnologica come mezzo per raggiungere obiettivi sociali e politici differenti. Sono quindi in netto contrasto tra loro.

    Conclusioni

    È importante notare che l’applicazione contemporanea del termine “luddismo” spesso non coinvolge la distruzione fisica di macchine, ma piuttosto la critica e la discussione riguardo alle implicazioni delle nuove tecnologie. Mentre alcune preoccupazioni possono essere legittime, molti sostengono che l’adozione responsabile delle nuove tecnologie può portare a miglioramenti significativi nella società, nell’efficienza economica e nella qualità della vita. Di conseguenza, il luddismo contemporaneo solleva domande importanti sul bilanciamento tra progresso tecnologico e benessere sociale.

  • Simulare simulacri: guida pratica allo scambio simbolico di Baudrillard

    In italiano, la parola “simulacro” deriva dal latino “simulacrum“, che significa “immagine” o “rappresentazione”. “Simulacrum” a sua volta è composto da “simul”, che significa “allo stesso tempo” o “insieme”.

    In origine, il termine si riferiva a una rappresentazione o immagine di qualcosa, come statue o idoli. Nel tempo, il significato di “simulacro” si è ampliato per includere non solo rappresentazioni fisiche ma anche imitazioni che non riflettono necessariamente la realtà. In ambito teorico o filosofico, un simulacro può riferirsi a una rappresentazione che ha preso il posto della realtà stessa o che è considerata più reale della realtà originale. Nell’informatica, un classico simulacro può essere considerato ad esempio una videochat.

    Come aveva provato a spiegarci tempo fa un’intelligenza artificiale, Baudrillard sostiene che la realtà sia modellata dal linguaggio (in parte sulla falsariga di Lacan), e concepisce lo scambio simbolico come uno scambio di merci in funzione puramente simbolica. Questo, in altri termini, significa che gli oggetti hanno valore in funzione del prestigio o l’appartenenza che conferiscono e non della loro reale utilità. Alla lunga, lo scambio diventa fuorviante e può trasmettere un’idea o un’immagine distorta della realtà.

    Iperrealismo

    Per Baudrillard il reale e l’immaginario non sono distinguibili, per cui finisce tutto per spostarsi sul piano dello (scambio) simbolico. Il lavoro, radicalmente, è una morte lenta e inesorabile per l’uomo in contrapposizione a quella veloce e violenta che avviene realmente. Reale e virtuale sono talmente similari che il reale è collassato nell’iperrealtà: passando di medium in medium, infatti, il reale si dissolve progressivamente, diventando un reale che somiglia a se stesso e provoca una autentica vertigine di simulazione realistica.

    Se il reale è ciò di cui è possibile fare una riproduzione equivalente, ovvero risponde al principio di riproduttività, l’iperreale si troverà dentro una simulazione, un simulacro di terzo ordine.

    Simulacri

    Il concetto di simulacro assume un significato differente a seconda del livello a cui fa riferimento, ma potrebbe farsi risalire a Lucrezio (1 secolo AC), che nell’opera De rerum natura definisce i sottili veli che ricoprono le cose come forma e apparenza, per l’appunto, come simulacri. Se in senso lato un simulacro è una forma di modello per una macchina, con particolare riferimento alla sua forma esterna

    Nella dottrina epicurea, esposta da Lucrezio (sec. 1° a. C.) nel IV libro del De rerum natura, pensare ai simulacri significa credre in una dottrica per cui dalle cose si staccherebbero dei sottili veli atomici, del tutto identici alle cose, i quali, venendo in contatto con i sensi, determinerebbero sia le percezioni sia i sogni. Nella tecnica, modello al vero di una macchina o di una parte di essa, generalmente riproducente la sola forma esterna.

    Simulacri di primo, secondo e terzo ordine (Baudrillard)

    Vengono chiamati da Baudrillard simulacri

    • del primo ordine quelli legati al concetto di contraffazione, risalenti all’epoca classica,
    • di secondo ordine quelli legati alla produzione (età industriale)
    • del terzo ordine quelli relativi alla modernità.

    La tecnologia e la conseguente tecnocrazia sono già presenti da tempo, radicati nella società, e si fondano sui simulacri dell’organizzazione statale, scolastica e via dicendo.

    I simulacri di terzo ordine sono, infine, veri e propri modelli di simulazione, governati dal principio di digitalità e rispondenti alla logica binaria basata su 0 e 1. La stessa che Leibnitz chiamava “l’eleganza mistica del sistema binario” non introduce solo un codice di rappresentazione, come l’informatica teorica ha sempre insegnato: è un vero e proprio spirito di fondo, che crea sistemi automatici di domanda e risposta in cui non esistono sfumature, e tutto è bianco/nero, pro/contro e via dicendo.

    L’ordine neocapitalistico cibernetico

    Il medium è il messaggio. (McLuhan)

    Si fonda così un “ordine neo-capitalistico cibernetico” (concetto poi ripreso da Nick Land) in cui la digitalità assilla tutti i messaggi, ed appare soprattutto in forma di test e/o sistema domanda/risposta, prettamente binari ed in cui non esistono terze o quarte possibilità: ne esistono soltanto due, 0 e 1. La logica binaria diventa, secondo Baudrillard, l’essenza della modernità.

    Il sistema di terzo ordine è infido, secondo Baudrillard, perchè induce instantaneità di giudizio, si pone come sistema di test perpetuo per l’utente umano. Gli stessi messaggi inviati e ricevuti nel sistema non hanno più un ruolo informativo, bensì di test e sondaggio degli utenti.

    L’oggetto non è più funzionale, non vi serve – scrive Baudrillard ne Lo scambio simbolico e la morte –  semmai vi sottopone ad un test. Il test, di fatto, serve a tradurre ogni conflitto o problema complesso in un gioco di dualità forzato, in cui sarai sempre pro-zero oppure pro-uno (oppure, dualmente, contro-zero / contro-uno). Lo schema binario di domanda e risposta disarticola ogni discorso, introducendo una logica di realtà di tipo iper-reale. I sondaggi ad esempio fanno riferimento pertanto al simulacro dell’opinione pubblica e “manipolano l’indecidibile“.

    Ciò provoca una circolarità totale, perchè gli interrogati si dipingono sempre come la domanda li immagina e li sollecita ad essere, [il che diventa] una modalità di profezia che si autoavvera (per l’accelerazionismo, una iperstizione).

    Automi e robot

    la contrapposizione tra automi e robot è fondamentale in Baudrillard: i primi afferiscono ai simulacri del primo ordine, e ancora a questo stadio assumono una differenza o una faglia tra reale e simulacro.

    Nello specifico, l’automa è una contraffazione del reale, mentre il robot lavora in automatico e rappresenta un simulacro di secondo ordine, in grado di liquidare il reale ed annullare la divergenza tra i due livelli (realtà e simulazione).

    Foto di copertina: Baudrillard di fronte ad un simulacro simile ad uno smartphone, in versione cyberpunk (generato da StarryAI)

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