Oggi, sveglia, mondo: andare al mare – essenziale, vitale, fondamentale, colori che esplodono, sole che scalda e fa male agli occhi – l’odore del mare. Esplosione di colori, suoni, movimenti. Vivo, pulsante, urlante. Realtà si sgretola, ricompone, mosaico di una coscienza, la mia. Labirinto di emozioni. andarci – per prendere aria- e non farmi sovrastare dal super io – pipenso a quando ci siamo sentiti, dopo un po’ non mi hai più risposto – ghostato, blastato, probabilmente anche sbufalato perchè quel rapporto era una cazzata, diciamolo chiaramente. E poi lei, l’altra.
leggo nick land con arode – che poi chi conosce nick land – quasi nessuno – che non sia uno strambo forte, s’intende – ma mi appassiona e quello conta, quel modo di scrivere frammentato – arzigogolato – futuristico – accelerato – lei si avvicina – è bellissima – occhiali a goccia, aria da nerd, ma quanto sei bella? – cervello, pensalo ma non dirlo – ha pure un bel fisico – ma non è educazione guardare un culo quando si parla, giusto – mi chiede: perchè leggi? – non cosa, perchè – rido, ride, ridiamo – e poi mi specchio in te e riscopro il sesso – ma solo col cervello – deviato dal porno gratuito su internet – ma poi quando ci siamo trovati quattro ore dopo essere stati assieme a dirci di tutto – che avevi la vagina alimentata da condensatori e microvalvole a vapore, sbuffavano e non aspettavano altro che me, pero’ sono impressionato, magari brucia, magari fa male, la vagina steampunk – non che sia tecnofobico, tutt’altro – la fantasia ispira – pero’ non me la sono sentita – e forse magari e meglio continuare a leggere per i cazzi miei che è più safe – anche se a volte i rischi li devi correre – per forza – non hai alternative – ed è quando pensi che tutto non passa più – che invece passa – e goditi i tuoi sospiri di sollievo – quando arrivano – perchè servono e aiutano – più di quanto tu possa pensare.
Chiede: “Perché leggi?“. Riflessione. Leggo per nutrire mente, esplorare mondi, evadere banalità. Viaggio nel tempo, nello spazio, senza muovere passo. Sì vabbè, ciao, ma sei tra noi, bullismo, e poi, sorpresa. Nuova amicizia, le piace quel che leggo, mi piace sentirti parlare, ti confido un segreto, vagina elettrificata. Cyborg. Altre domande senza risposta.
Viaggiatore solitario, universo senza tempo, alla ricerca di verità nascoste.
Un mese fa il film di Super Mario Bros ha superato il miliardo di dollari di vendite di biglietti in tutto il mondo. Per chi non lo conoscesse, questo film si tratta di una versione animata del famoso franchise di videogiochi arcade Nintendo. La sua prima del 5 aprile è stato il più grande weekend di apertura di qualsiasi film d’animazione di sempre, battendo il precedente detentore del record “Frozen II” della Disney.
Chris Pratt dà la voce a Mario mentre possiamo trovare Anya Taylor-Joy nei panni della Principessa Peach. Anche la presenza di stelle di tale calibro ha attirato un vasto pubblico internazionale, guadagnando più di cinquecentotrenta milioni di dollari all’estero. Il riciclaggio della vecchia proprietà intellettuale è una formula predefinita nell’odierna Hollywood: c’è poco da fare, la nostalgia molto spesso vende. Nonostante questo, la scala del successo di Super Mario Bros. è stato sorprendente. Sebbene i giochi Nintendo siano stati introdotti negli Stati Uniti quattro decenni fa, l’adattamento dell’universo di Mario era una prospettiva in gran parte non testata. L’unico precedente era un bizzarro film d’azione del 1993, con dinosauri evoluti con la forza e strani costumi da rettile che oggi sarebbero considerati troppo stravaganti in film per bambini. La versione del ‘93 ha fallito, almeno al botteghino, guadagnando meno dei circa quarantotto milioni di dollari che è costato. Allo stesso tempo, magari per i più patiti, ci sono alcuni motivi che lo rendono comunque interessante.
Il film segue i contorni dei videogiochi ma senza preoccuparsi di riempirli. Mentre Mario e Luigi cercano di mettersi alla prova affrontando una enorme alluvione urbana, vengono risucchiati nel mondo dei videogiochi tramite un tubo sotterraneo.
Lì incontrano la Principessa Peach dal Regno dei Funghi in un mondo abitato da migliaia di creature dalla testa di fungo, tutte chiamate Toad.
Nel loro percorso incontrano anche il malvagio Bowser, il cui amore non corrisposto per Peach lo ha spinto a invadere il suo pacifico regno con il suo esercito di tartarughe scheletro. Bowser è doppiato da Jack Black che riesce a infondere al personaggio un fascino disperato. Una nota di colore è data dalla ballata per pianoforte, cantata da Bowser grazie talento musicale di Black, che ha raggiunto la Billboard Hot 100 a metà aprile. Se siete curiosi, ecco il video ufficiale della canzone.
Una delle scene più efficaci è una breve ripresa iniziale di Mario da solo nella sua camera da letto. La sua famiglia ha appena preso in giro il suo progetto di avviare un’attività idraulica con Luigi e lui si sente abbattuto. Quindi fa quello che farebbero molti giovani tristi nella sua situazione: nella stanza buia, su un vecchio schermo televisivo, gioca a un gioco pixelato sul Nintendo Entertainment System originale. Il gioco gli fornisce una breve fuga da ciò che lo circonda, in un mondo più contenuto e controllabile, con personaggi familiari e obiettivi raggiungibili.
Cosa ha reso Super Mario Bros un successo? Da una parte è comprensibile come il pubblico possa essere stanco di infinite serie di supereroi in stile Marvel e cercare qualcosa di diverso. Infatti era dei fumetti della metà degli anni Duemila sta incontrando problemi e l’era dei giochi potrebbe essere alle porte sia a livello teatrale che a livello di piccolo schermo.
Prodotto dallo studio Illumination, il successo di altri franchise come “Cattivissimo me” e “Minions” con i loro centinaia di milioni di dollari al botteghino dava una buona garanzia sulla riuscita di Mario Bros.
Un altro aspetto da non sottovalutare è la capacità di questo film nel parlare a più generazioni. Infatti i bambini sono riusciti a cogliere numerosi riferimenti ai videogiochi del film: da un fungo che rende Bowser minuscolo o scene di combattimento in stile Super Smash Bros. Allo stesso tempo, c’erano riferimenti progettati anche per gli adulti: come ad esempio la scena nichilista di Luma, simile a una stella di Super Mario Galaxy imprigionata nella prigione di Bowser.
Dall’altra per il puro riconoscimento del nome, Mario è difficile da battere in quanto uno dei pochissimi personaggi dei videogiochi che tutti conoscono.
Alla fine dei conti, l’industria dei videogiochi è più grande del cinema stesso o della televisione, anche se può sembrare quasi invisibile se non sei un particolarmente coinvolto. Osservando solo il mercato americano, si sono spesi circa quarantasette miliardi di dollari in videogiochi nel 2022. Senza contare come rimangono ancora in voga i titoli più classici della categoria arcade, disponibili gratuitamente online come ad esempio Tetris o Pacman in questo sito.
Solo il titolo Mario Kart Deluxe 8, una ristampa di un precedente gioco di corse di Mario, ha venduto più di cinquanta milioni di copie dal suo lancio nel 2017. Come un franchise Marvel, Mario si è trasformato in molti nuovi giochi ogni anno: Mario Golf, Mario Party, Luigi’s Mansion.
Poiché Nintendo non tentava un film di Mario da decenni, c’era una nostalgia non sfruttata in milioni di consumatori che ricordano il gioco con affetto fin dall’infanzia o giocano ancora a nuove iterazioni. Tenendo conto di questo, è facilmente comprensibile come il film abbia raggiunto molte persone assomigliando il più possibile al gioco: d’altronde più meccanica e letterale è la somiglianza, meglio è.
Il meme “GigaChad” è un’immagine che ritrae un uomo muscoloso, sicuro di sé e attraente, spesso accompagnato da testo che esalta le sue qualità e lo paragona ad altri uomini in modo satirico o umoristico. Il termine “GigaChad” deriva dal gergo internet, dove “Chad” viene utilizzato per descrivere un uomo estremamente attraente e/o sicuro di sé. L’aggiunta del prefisso “Giga” è un’esagerazione ulteriore, sottolineando l’idea di grandezza e superiorità. Questo meme è spesso usato per parodiare gli standard di mascolinità ideale e per confrontare le qualità di “GigaChad” con quelle di altri uomini, spesso in modo esagerato e ironico. Può essere utilizzato anche per esprimere l’ammirazione o l’invidia nei confronti di chi possiede queste caratteristiche esagerate.
il termine “Chad” e alcuni concetti correlati sono spesso associati alla sottocultura degli incel (involuntary celibates), che è una comunità online caratterizzata da uomini che si identificano come incapaci di ottenere relazioni romantiche o sessuali nonostante i loro desideri. In questo contesto, “Chad” è spesso usato per descrivere un uomo estremamente attraente e socialmente abile, considerato un “rivale” dagli incel, mentre l’opposto di “Chad” è “Beta” o “Incel”, per descrivere uomini percepiti come meno attraenti o meno desiderabili. In alcuni casi, diventa il sottotesto per promuovere corsi di seduzione spesso di dubbio valore. In altri casi sono espressione di iperstizione: si crea un loop mentale in molte persone per cui rimarrò single perchè non sono un gigachad, non sono un gigachad per cui rimarrò single. Per fortuna il mondo della sessualità è variegato e trova a volte sbocchi inaspettati.
Fermo restando che il meme può essere usato anche in contesti non tossici, rimane un baluardo della cultura incel e delle sue declinazioni più note anche in Italia, da qualche tempo.
Come molti meme, il “GigaChad” ha avuto un’enorme diffusione sui social media e sui forum online, dove viene adattato e condiviso in vari contesti per creare umorismo e commentare sulle dinamiche sociali e culturali legate alla mascolinità e all’attrazione fisica. Con tanto di tendenza, a nostro avviso insana, ad assolutizzare il concetto di attrazione, a renderlo un teorema, un’asserzione incontestabile o – per dirla con Popper – non falsificabile. Essere gigachad è una constatazione che potrebbe valere per chiunque a discrezione degli altri. E forse questo dovrebbe far riflettere sul fatto che non bisogna prendere troppo sul serio queste cose.
Alessio sprofonda nell’oscurità digitale del dark web – terra senza confini – l’etica svanisce – desiderio è tiranno – mondo senza regole – posso esplorarlo – mi fa stare bene esplorare – almeno qui – via di fuga non consensuale dai labirinti intricati della mente. Allucinazione consensuale. Qui – tra codici cifrati – ombre virtuali – scopre applicazioni che violano privacy – disvelando intimità senza permesso – click – e puoi vederlo nudo – o vederla nuda – atroce espressione di devianza. Eppure – nell’abisso delle scoperte proibite – persiste desiderio, desiderio insaziabile, infame, tiranno, infame tiranno. Alessio si abbandona ad un amore digitale – ragazza dall’aura enigmatica dei social media – lui la ama, lei non ne sa nulla, lui non sa esprimerlo, col cuore prigioniero del silenzio – sospiro – strappa anima – urla senza eco – spazio virtuale volto all’infinito. Terapeuta quale faro nell’oceano oscuro delle emozioni più tormentate. Tiranniche. Wrath of the tyrant. Ma anche lei – con sua saggezza terrena – non può spezzare catene che lo tengono prigioniero del suo stesso tormento interiore. Quando Alessio si avvicina al bordo dell’abisso digitale – tentazione di creare un deep nude diventa irresistibile. Manipola immagini dell’ amata – cliccando frenetico – cerca disperatamente di catturare frammento intimo della sua essenza sfuggente. Finalmente poteva vederla, era come la sognava, ma l’universo non era consensuale, era la sua allucinazione algoritmica, orgasm through torture. Ma prezzo di una ossessione – rimorso – dolore tagliente – straziante nel kernel più profondo. E così Alessio si ritrova – perso – nell’abisso della solitudine – senza parole per esprimere un tormento ciclopito, un senso di colpa che attanaglia il genere umano fin dalla sua originel. Soffoca, Alessio, nelle tenebre dell’anima – nessuno può sentirti urlare – condannato a vagare eternamente nel labirinto della disperazione. Un taglio alla gola.
Questa storia narra il viaggio emotivo e psicologico di Alessio nel mondo oscuro e senza confini del dark web. Alessio, affascinato e tormentato dalla sua oscurità, si immerge in questo territorio dove l’etica è nulla e il desiderio regna sovrano. Esplorando questo mondo senza regole, Alessio trova una via di fuga non consensuale dai labirinti intricati della sua mente, dove le sue emozioni sono intrecciate in un groviglio inestricabile.
Nel cuore di questo abisso digitale, tra codici cifrati e ombre virtuali, Alessio scopre applicazioni che violano la privacy altrui, permettendo di vedere persone nude senza il loro consenso. Questo rappresenta un’atroce espressione di devianza, dove l’intimità viene esposta al pubblico senza alcuna autorizzazione.
Nonostante le scoperte proibite e il desiderio insaziabile che lo spinge avanti, Alessio si ritrova intrappolato in un amore digitale non corrisposto, incapace di esprimere i suoi sentimenti. La sua terapeuta diventa un faro nella sua oscurità emotiva, ma anche lei non può liberarlo dal suo tormento interiore.
Attratto dalla tentazione dei deep nude, Alessio manipola immagini della sua amata nella speranza di catturare un frammento della sua essenza. Ma il prezzo della sua ossessione è il rimorso e il dolore tagliente che lo straziano fino nel profondo del suo essere.
Infine, Alessio si ritrova perso nell’abisso della solitudine, incapace di esprimere il suo tormento. Soffoca nelle tenebre dell’anima, condannato a vagare eternamente nel labirinto della disperazione, mentre il senso di colpa lo attanaglia implacabile come un coltello alla gola.
La “Bone Song” è una canzone presente nel gioco “Monkey Island 2: LeChuck’s Revenge”, il secondo capitolo della serie di avventure grafiche “Monkey Island” sviluppata da LucasArts. Questa canzone viene eseguita da un gruppo di scheletri pirata all’interno di un bar chiamato “Scabb Island Bar”.
La canzone è una sorta di inno pirata che celebra il tema della morte e del dopo-vita, ed è composta da versi divertenti e ironici. Nonostante la sua apparente natura spettrale, la melodia è molto orecchiabile e diventa parte integrante dell’atmosfera unica e surreale del gioco.
Ecco un estratto dei testi della “Bone Song”:
“Oh, when I was alive, I was the scourge of the seas!
A terror to behold, I ruled the ocean breeze.
But now that I’m dead, I sleep in my grave,
But when the tide is high, you can hear me rave:
Yo ho ho and a bottle of rum!
Hoist the mainsail, here I come!
I’m a pirate king, and I’m really okay,
I’m not dead, I’m only a-sepulchered away!”
La canzone è una delle tante gemme di umorismo e creatività presenti nel mondo di Monkey Island e contribuisce al fascino eccentrico e divertente del gioco.
Oh, when I was alive, I was the scourge of the seas!
A terror to behold, I ruled the ocean breeze.
But now that I’m dead, as I rest in my grave,
I still long for the thrill of the waves!
Yo ho ho and a bottle of rum!
Hoist the mainsail, here I come!
I’m a pirate king, and I’m really okay,
I’m not dead, I’m only a-sepulchered away!
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