L’esorcista 50 anni dopo: il cult di Friedkin, sonnambulo del cinema
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Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo: ti scaccio, demone!

Sono trascorsi quasi cinquanta anni dall’uscita nelle sale del film horror epocale L’esorcista: il 20 settembre 1974 arriva in Italia, mentre il suo successo è sancito – oltre che da incassi stellari, di cui 233 milioni di dollari solo negli USA e 440 nel resto del mondo – dal fatto di essere uno degli horror più visti e celebrati al mondo. Per un genere come l’horror, bistrattato e minimizzato dai più, dovrebbe già essere una notizia clamorosa. Nulla di strano (vista da un’altra prospettiva) se si pensa a quanto fosse scontato che un horror incentrato sulla credenza (e sulla sempiterna lotta tra il bene e il male) possa aver avuto questo riscontro gigantesco, tanto più in un’era politicizzata come gli anni settanta con una base di opinione pubblica mediamente moralista oltre che tendenzialmente bigotta (soprattutto, ma non solo, negli USA).

La storia dentro L’esorcista

L’esorcista è per certi versi un’opera raffinata e ricca di riferimenti storici, culturali e simbolici molto raffinati, frutto delle scelte accurate e mai casuali di Friedkin; dall’altro, nell’immaginario pop è diventato un frutto proibito, frutto di una cultura cinematografica spesso acquisita per sommi capi oltre che attrattivo più per quello che si mostra che per quello che il film, di suo, risulta essere. Una carovana di orrore che racconta una storia di possessione, che avrebbe finito per diventare un archetipo replicato fino alla nausea – e per carità, a nessuno venga in mente di vomitare zuppa di piselli.

Cast, curiosità, leggende urbane sul film

“L’Esorcista” rimane uno dei film horror più influenti e iconici della storia del cinema ed è noto per il suo impatto culturale e la sua capacità di spaventare il pubblico ancora oggi.

Cast Principale

  1. Ellen Burstyn interpretò il ruolo di Chris MacNeil, la madre di Regan.
  2. Max von Sydow interpretò il ruolo di Padre Merrin, l’esorcista.
  3. Linda Blair è diventata famosa per il suo ruolo di Regan MacNeil, la giovane posseduta.
  4. Jason Miller interpretò il ruolo di Padre Karras, il prete che assiste all’esorcismo.
  5. Lee J. Cobb interpretò il ruolo del detective Kinderman.

Produzione

  • Il film è stato prodotto da William Peter Blatty, autore del romanzo, mentre William Friedkin ha diretto il film.
  • La produzione del film è stata costosa, con un budget di circa 11 milioni di dollari, ma ha generato un enorme successo al botteghino, diventando uno dei film horror più redditizi di tutti i tempi.

Curiosità

  • Durante le riprese, Linda Blair (Regan) è stata effettivamente legata a un letto e sollevata nell’aria per molte delle scene di possessione.
  • La colonna sonora del film, composta da Mike Oldfield, è diventata famosa per la sua musica inquietante, in particolare la celebre “Tubular Bells”.
  • Il regista Friedkin è noto per le sue tattiche controverse durante le riprese, come sparare pistole a salve per ottenere reazioni realistiche dagli attori.

Leggende Urbane

  • Una delle leggende urbane più famose riguarda le presunte “maledizioni” associate al film. Si dice che siano accaduti eventi inquietanti e sfortunati a molte persone coinvolte nella produzione del film, comprese morti misteriose. Queste leggende sono state in gran parte smentite, ma hanno contribuito a creare un’atmosfera di mistero intorno al film.
  • Alcuni sostengono che il vero esorcismo è avvenuto sul set, portando a una maledizione. Tuttavia, il film si basa su una storia di finzione, per quanto suggestiva e suggestionante per i cattolici.

Il connubio Friedkin / Blatty

La potenza narrativa de L’esorcista è stata in prima istanza molto sottovalutata, persa nello stantìo ribadire di possessioni imitate altre quattrocento volte, sesso orale all’inferno e zuppe poco digeribili: la narrazione de L’esorcista è per certi versi da romanzo moderno, tanto è  basata su appunti sparsi del regista sulle pagine del romanzo omonimo da cui è tratto (L’esorcista di William Peter Blatty, pubblicato in Italia da Fazi editore). Friedkin non elabora il film sulla base di alcuna sceneggiatura preimpostata, bensì si innamora del libro, appunta le scene così come le immagine all’interno dello stesso e lavora a stretto contatto con l’autore.

Un caso più unico che raro, dato che non sembra così comune che un regista accetti una trasposizione letterale di un’opera e sono ancora più rari, forse, gli autori di opere che siano soddisfatti della versione cinematografica del proprio libro. Ci piace immaginare, per esempio, che a Tolkien Il signore degli anelli di Peter Jackson possa essere piaciuto, mentre a Lovecraft non sia piaciuto quasi nessun film tratto da suoi racconti con l’eccezione de La vergine di Dunwich e probabilmente Road to L. La circostanza in cui Friedkin e Blatty lavorano a stretto contatto, nel clima creativo degli anni Settanta, non dovrebbe essere sottovalutato da qualsiasi analisi seria si voglia proporre del film. Lavoro che personalmente ho sempre considerato iper-valutato e più carico di aspettativa che di sostanza, più discusso che visto per certi versi – per quanto possa essere interessante proporne una lettura psicoanalitica.

In quest’ottica il personaggio chiave sarebbe Karras, il prete a cui si rivolge la madre (atea) della ragazzina: il suo peso è molto diverso da quello del collega interpretato da Max Von Sidow. Karras sta perdendo la fede, e la recupera grazie all’esperienza liberatoria dell’esorcismo, con la quale attrae il demone dentro il proprio corpo per liberarsi dall’ossessione (mediante suicidio) per la morte della madre. Possiamo vedere in questa lettura un Io preda di dubbio, incertezza e desiderio represso, ossessionato dal senso di colpa per aver trascurato la madre malata e averla lasciata morire.

L’Es demoniaco non può fare a meno, in effetti, di farglielo notare, rinfacciandogli di averla uccisa ed alimentando il suo senso di colpa. Il suo Super-Io è fortemente ambiguo, a questo punto: da un lato è la riscoperta della vocazione a renderne risolutivo l’operato, dall’altro il suicidio è un peccato biasimato dalla fede cattolica e questo lascia la natura della sua scelta dubbia. Certo è che Friedkin gira la scena con un dettaglio importante: prima di morire e lanciarsi dalla finestra, Karras riprende forma umana: non uccide il demone portandoselo dentro sè, ma se ne libera e muore consciamente (da qui deduciamo un Super-Io orientato alla giustizia e pronto a riscattarsi salvando una ragazzina in vece della madre). Dall’altro, dovrà farsi perdonare per il proprio peccato in punto di morte, come si vede nel film con la sequenza in cui gli viene data l’estrema unzione.

Interpretazione del film

L’aspetto narrativo molto evoluto, del resto, ben emerge dalle parole di Friedkin stesso nel documentario del 2019 Nella mente dell’esorcista, diretto da Alexandre O. Philippe. Il regista racconta di aver diretto in pieno flusso di coscienza, senza una specifica formazione cinematografica regressa, in altri termini con la sicurezza da sonnambulo citata da Fritz Lang. Il documentario in questione è affascinante e ricco di dettagli curiosi sul film, per quanto al regista piaccia soprattitto parlare d’altro, delle sue ispirazioni artistiche, del finale che mai l’avrebbe convinto (effettivamente non proprio memorabile, per essere gentili, ma come detto alla gente interessano più le zuppe di piselli, il torpiloquio sessual-infernale e al limite, le teste rovesciate o le camminate a testa in giù) cinematografiche e musicali, anche a costo di dare la sensazione di parlarsi un po’ addosso. Poco importa, alla fine: The exorcist è una pietra miliare del cinema non solo horror, e tanto basta.

Le certezze che abbiamo su L’esorcista sono stra-note: si tratta di uno degli horror più celebri al mondo, probabilmente tra i migliori del secolo scorso, controverso, censuratissimo ed esplicito. Il demone che possiede una ragazzina borghese americana è la violazione più esplicita e stridente di ogni tabù sociale e addirittura sessuale, dato che Pazuzu (divinità apotropaica proveniente dalla Mesopotamia) non lesina a provocazioni, insulti, torpiloquio, vomito, testa rivoltata e naturalmente la scena più censurata di tutte: quella in cui la protagonista fa uso di un crocefisso per una sessione esplicita di masturbazione autolesionista (nel documentario di cui sopra il regista giustamente nota, per quello che vale, come si sia trattao di uno dei rari momenti della storia del cinema in cui crocefisso e vagina si trovano nella stessa inquadratura: ma forse non aveva presente Flesh of the void)

Bandito per oltre vent’anni nel Regno Unito e in molti altri paesi per motivi legati alla censura, L’esorcista è stato anche uno dei film più fraintesi: è opinione comune che si tratti di un film anti-religioso, blasfemo e irrispettoso verso il sentimento cattolico. È un fatto noto che Linda Blair ricevette minacce di morte da parte di vari fanatici religiosi, convinti che il film glorificasse Satana, tanto da spingere la Warner Bros. a concedere una guardia del corpo alla giovane attrice per circa sei mesi dall’uscita del film. Che L’esorcista sia un film satanico, del resto, sembra più frutto di approssimazioni grossolane e di suggestioni superficiali. In realtà sembra più vero il contrario, dato che nelle intenzioni di Friedkin (che non sembra propriamente ateo, anzi nel documentario appare avvolto da un vago misticismo che, al limite, potrebbe degenerare in agnosticismo) e soprattutto dell’autore del romanzo, Blatty, la figura del prete è l’essenza salvifica della storia. Il prete assume il ruolo di eroe, di generale del battaglione di santi unico, di suo, in grado di fermare il male.

Non sembra un azzardo inquadrare la storia in un contesto in cui il contesto religioso appare salvifico, e soprattutto sembra essere l’unica via di salvezza possibile per un mondo irrimediabilmente corrotto che minaccia soprattutto i giovani americani. Sembra francamente eccessivo considerare L’esorcista un film reazionario, d’altro canto, per cui ci viene da pensare che si trovi nella medesima situazione in cui si sono trovate varie band black metal di ogni ordine e grado (accusate di essere naziste, sataniste se non un mix delle due cose): in bilico tra suggestioni ben riuscite e simil-propaganda più provocatoria che sostanziale. Esattamente come avviene per L’esorcista, che sicuramente spaventa soltanto chi crede o chi, alla meglio, accetta di credere al patto che il regista propone al pubblico.

Non tutti ricordano l’incipit del film, a dispetto del fatto che quasi tutti non ricordano il finale: siamo nell’antica città di Ninive, in Iraq, e l’anziano Merrin, un prete archeologo con problemi di cuore, ha uno strano presentimento dopo il ritrovamento di una statuetta del demone Pazuzu assieme ad una medaglietta di San Giuseppe. Il presentimento è espresso magistralmente dalla regia di Friedkin, mostrandoci lunghi momenti di silenzio, cani in lotta tra di loro e giochi di sguardi tra personaggi che sembrano passare davanti alla camera per caso (tra cui un operaio del sito archeologico con un occhio di vetro).

Abbellimenti, opere d’arte, non sempre metafore o simbologie (che Friedkin riconosce che in molti abbiano voluto vedere: a volte azzeccandole pure, per quanto non fossero nelle sue reali intenzioni se non in rarissimi casi), e poi quel modo di fare horror che dovrebbe piacere più di tutti: quello fatto di allusioni, simbologie pseudo-occulte, l’orologio che si ferma mentre lo si guarda senza che nemmeno il regista stesso sapesse il motivo di quella scelta.

L’esorcista si ispira ad una storia vera?

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, ti scaccio, demone!

La sceneggiatura del film è ovviamente tratta dall’omonimo romanzo di successo del 1971 L’esorcista, scritto dallo stesso autore e produttore del film, William Peter Blatty. L’intreccio si ispira a un fatto di cronaca raccontato dal Washington Post del 1949 che narrava, in modo romanzato (neanche a dirlo, da “fonti cattoliche”) di un presunto esorcismo praticato ad un ragazzo di 14 anni a Mount Rainer, nel Maryland. Secondo la sintesi giornalistica il ragazzo era posseduto dal diavolo, e durante l’esorcismo di un prete locale proruppe in una serie di urla e imprecazioni, blaterando alcune frasi in latino (che mai aveva studiato) mentre il prete terminava il rituale con la frase liberatoria “In the name of the Father, the Son and the Holy Ghost, I cast thee (the devil) out”: nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, demone, ti scaccio via.

Gli aneddoti sul film occupano più di 20.000 parole su IMDB, e vale la pena riportare quelli più significativi.

Messaggio subliminale (la maschera)

Ha fatto molto discutere il messaggio subliminale che il regista ha intenzionalmente inserito in alcune versioni del film. Secondo Friedkin stesso i frame subliminali del demone dalla faccia bianca (che in alcuni forum è diventato un meme, oltre ad essere onnipresente in varie creepypasta) erano in realtà test di trucco sulla faccia di Regan, la ragazzina protagonista, che il regista ritenne troppo grotteschi e poco realistici salvo cambiare idea in fase di post produzione. La scena ebbe delle conseguenze: durante la visione in sala una persona del pubblico svenne a causa di questa sequenza, da quello che sappiamo, rompendosi la mascella sul sedile del cinema che aveva di fronte. La Warner Bros. venne citata in giudizio e la questione si risolse con un accordo stragiudiziale e un risarcimento in denaro. La maschera in questione si ispira a quella vista nel film giapponese del 1964 Onibaba.

La scena in questione appare per pochi fotogrammi ed è riportata in questo video Youtube, ed avviene nel momento in cui il prete Karras (personaggio chiave del film in quanto sarà il suo consapevole sacrificio a salvare la ragazzina) va incontro alla madre che emerge, per poi riscendere, da una fermata della metropolitana. Per alcuni, la sua discesa all’inferno.

In pochi sanno che la celebre scena del vomito venne girata in un single-shot: il colpo sarebbe dovuto essere più basso, ma a causa di un imprevisto arrivò dritto in faccia all’attore (che si arrabbiò molto, come ebbe a dire in seguito). Il disgusto che mostra in quel momento, pertanto, è autentico.

Vale anche la pena riscoprire, per inciso, il trailer originale del film, un piccolo capolavoro di horror psichedelico che fa la propria bella figura ancora oggi, per quanto bandito da vari cinema perchè considerato eccessivo.

 

La voce di Pazuzu venne interpretata da Mercedes McCambridge, attrice iconica che si prestò a vari stratagemmi per rendere più realistica l’intepretazione.

William Friedkin (1935-2023)

Il regista William Friedkin, celebre per aver vinto un Premio Oscar nel 1972 com “Il braccio violento della legge” , per aver diretto lavori fuori dall’ordinario come Cruising e soprattutto per essere stato il regista di questa iconica opera horror, “L’esorcista,” nel 1974, ci ha lasciato lunedì 7 agosto 2023 a Los Angeles, all’età di 87 anni. Questo triste evento è avvenuto poco meno di un mese prima della sua attesa partecipazione al prossimo Festival del Cinema di Venezia, dove avrebbe presentato il suo ultimo lavoro, “The Caine Mutiny Court-Martial“.

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