Il SuperIo mi parla in dialetto calabrese, e questa è. Sono nato il 19 agosto dell’anno 1979, anno di grazia secondo alcuni, qualche mese prima di The Wall dei Pink Floyd, sono nato in Calabria, terra poco fortunata, dove se eri metallaro non eri ben visto, soprattutto perchè c’era questa singolare usanza di considerare il vilipendio di una religione peggiore del vilipendio di una persona, era strano davvero, da ogni punto di vista, terra di rimproveri, di dassa stari, u fazzu ieju, patria putativa del mansplaning (quando ancora non lo chiamavano così, c’erano bambini patriarcalizzati che imitavano gli adulti, a momenti davano ordini alle donne più grandi di venti anni), usanze connaturate a certa cultura, terra di terrori inconsci, terra dal parlare inaccessibile, terra dei dirsi per lamentarsi, terra del fare o del far finta di farlo, e non so dove andrò a parare proprio perchè è la terra dove non sai mai dove andrai a parare. Cosa vi aspettavate, che un maschio bianco criticasse lo stesso patriarcato che l’ha reso così virile e muscoloso?
Ntel casu ‘u dialettu, ca se faci ‘mmenzu a ‘u supe-iro, ponnu macari canusceri l’animali, lu sape cu lu’aju chistu supe-iro, ca m’arripiglia sempri comu lu suffiattu de ‘u ventu nt’ ‘na jornata di tempus friscaidu, n’mezzu a lu sonnu e ‘a guai fa fari. L’iddiu di chistu luocu, u supe-iro meu, a voja mia e cu ‘nfinimentu cultura, rica rica de sturii e prununciari chista lingua di patri e di fatti. M’ ‘u fici sentiri, ogni vorta ca s’ ‘u metti ‘a parola ‘mmenzu a me. E macari ‘n mamentu fa caciari e fa s’alzari e di grida, fa scassari tuttu lu rumuri e la tranquillità, nta sta testa mia ca semu sempri ‘nfiniri a bìciri e fari.
Non so perchè succeda, non so perchè ascolti il mio SuperIo freudiano mentre si rivolge a me con asprezza, in modo spesso brutale, gratuitamente crudele, alla meglio con tono di rimprovero, figurarsi alla peggio, ma questo sarebbe anche ordinario, ma mi colpisce che mi rimproveri in dialetto calabrese, è strano ca no capiscisti, ma chi cazzu sta facendu, ma ti droghi, stu drogatimmerda, oggi pigghi corpa, sono questi, alla fine, sono le minacce di certi bulli che erano più che bulli, bulli specializzandi, bulli stagisti sottopagati, bulli che erano più che bulli e meno che veri criminali, almeno credo, almeno speravo, sapevo che doveva esserci resilienza e c’è stata, sono qui che ne parlo e ci la pozzu fari.
Se il super-io, che rappresenta la parte della mente che incorpora le regole morali e le aspettative sociali, comunica in dialetto potrebbe riflettere diverse situazioni, il fatto che il super-io utilizzi il dialetto potrebbe suggerire una connessione più profonda con l’identità culturale e le radici della persona, ma anche un modo più personale o intimo di comunicare con se stessi, introspezione, ma forse se il super-io comunica in dialetto e contemporaneamente utilizza un tono aggressivo o minaccioso, potrebbe indicare un conflitto interiore tra le aspettative sociali e la percezione personale di queste aspettative.