MAGLIE OSCURE_ (22 articoli)

Film di ogni genere basati su cospirazioni, reali o immaginarie.

  • Da John Titor a Homer Simpson: il primo sito con fake news sui vaccini anti-influenzali

    Da John Titor a Homer Simpson: il primo sito con fake news sui vaccini anti-influenzali

    No, i Simpson non avevano “previsto il Covid-19”: non arriveremo a sostenere una cosa del genere. Pero’ abbiamo curiosato lo stesso in un vecchio episodio dei Simpson, visto per la prima volta in Italia all’inizio del nuovo millennio, qualche tempo prima di quell’11 settembre che ancora oggi ricordiamo.

    La traduzione del titolo originale dell’episodio in questione sarebbe pressappoco “Il computer con le scarpe minacciose”, incomprensibile in italiano e reso giustamente, per questo motivo, Galeotto fu il computer e chi lo usò (serie 12, episodio 6).  Per inciso il titolo originale The Computer Wore Menace Shoes omaggia, senza citarlo esplicitamente nell’intreccio, il classico film Disney The Computer Wore Tennis Shoes (Il computer con le scarpe da tennis del 1969, oggetto di un remake nel 1995).

    The Simpsons – Galeotto fu il computer e chi lo usò (12×6)

    Diretto da Mark Kirkland e scritto da John Swartzwelder, Galeotto fu il computer e chi lo usò è stato visto per la prima volta in Italia nei primi anni 2000, all’interno della 12ma serie, e racconta di Homer che decide di comprare un computer (anche a costo di farsi un quinto mutuo, come ammette lui stesso). Non solo: Homer apre un sito e lo riempie di gossip e fandonie, riscuotendo grande successo.

    Inizialmente la home page del suo sito è solo singola pagina zeppa di GIF animate messe a caso (tra cui un Gesù ballerino e delle bocche parlanti), presto diventerà uno dei siti più popolari del momento.

    Non temere testone, ora sarà il computer a pensare per noi!

    Sulla falsariga dei buoni suggerimenti di Lisa, Homer travisa gli insegnamenti ed inizia a pubblicare nel proprio sito prima un po’ di gossip, poi vere e proprie fake news. Presto finirà confinato su un’isola deserta, ispirata a quella della serie The Prisoner, dove vengono rinchiusi per sempre tutti coloro che “sapevano troppo”. La puntata è forse uno dei migliori esempi dei Simpson old school, calato nel contesto tecnologico oggi a noi più che familiare, nonchè abbastanza diverso dai Simpson più recenti.

    Homer, dicevamo, colpisce nel segno pubblicando gossip a volontà, firmandosi con lo pseudonimo Mister X: la logica errata e semplicistica con cui il personaggio ritiene che basti un nickname per essere anonimi su internet dovrebbe, al giorno d’oggi, essere familiare ai più.

    Esisterebbe peraltro una scena tagliata, a quanto pare, in cui Homer digita parole chiave a caso su un motore di ricerca e finisce in un sito per adulti, poco dopo bloccato da Marge.

    Si scopre che il gossip di Mister X nasconde delle verità: il sindaco della città possiede effettivamente una lussuosa piscina segreta all’interno del comune, Apu commercia ciambelle avariate, Krusty ha commesso un omicidio con occultamento di cadavere e Burns vende uranio ai terroristi. Si decide pertanto di conferire un premio Pulitzer all’anonimo autore delle inchieste, con Homer che solo ora svela la propria identità.

    L’associazione esplicita tra io-virtuale e io-reale, ovvia nell’era dei social network, è l’inizio della fine per il protagonista dell’episodio.

    Fin dai tempi di John Titor…

    L’idea che un anonimo utente del web possa detenere la Verità e diffonderla su internet dovrebbe sembrare illogica ed incoerente fin dalle sue premesse, tant’è che nel cinema nemmeno il più oscuro e sconclusionato dei b movie è mai arrivato ad ispirarsi ad un’idea del genere. Al tempo stesso, pero’, fin dai primi 2000 ebbe molto successo la “saga” di John Titor, presunto soldato USA che aveva dichiarato su un forum (col nickname Timetravel_0) di essere stato spedito indietro nel tempo (come in Terminator) per recuperare un vecchio modello di IBM.

    I am a time-traveler from the year 2036. I am returning home after having retrieved an IBM 5100 computer from 1975 (cicap.org)

    Tra le profezie narrate da Titor vale la pena di ricordare, per quel poco che vale, quella dell’arrivo del morbo della mucca pazza negli USA, la fine dell’azienda Microsoft e una guerra civile negli USA dal 2004 al 2015. La sua storia fu quasi certamente viral marketing e venne creduta da molti, mentre il fatto che alcune cose non siano avvenute venne giustificata dalla tipica non-falsificabilità del complottismo: se non è avvenuto nella nostra realtà, è comunque avvenuto in una diversa linea temporale del multi-verso.

    Per diversi anni quella di Titor fu una urban legend oggetto di varie forme di debunking, tra cui quello di Paolo Attivissimo e del fisico Robert Brown, il quale delineò l’implausibilità della storia, accusandola di aver plagiato un paio di storie di fantascienza e definendola (su un sito ormai defunto) sad reflection on the gullability of our culture (una triste riflessione sulla creduloneria della nostra cultura).  Sulla gullability dei nostri tempi, del resto, bisognerà scrivere un saggio, prima o poi, facendo soprattutto lo sforzo di rendere non-insultante l’approccio nei confronti dei “credenti”. Certo, siamo felici di essere zeppi di libri di debunking che smontano teorie del complotto da ogni dove, ma non sembra siano bastati. Solo in pochi casi (o forse addirittura in nessuno) essi sono riusciti a redimere o far ritrattare qualcuno dei complottisti (sempre più convinti, in molti casi, nonostante le prove contrarie).

    Lo scrittore Wu Ming 1, a riguardo, è stato lapidario: Smontare le teorie del complotto è facile. Il difficile è convincere chi ci crede a non crederci più. È difficile dargli torto, soprattutto nei tempi in cui viviamo.

    La teoria del complotto sui vaccini nel sito di Homer

    Le notizie scarseggiano: la gente non parla più in presenza di Homer, che manca di fonti ed è costretto così ad inventarsi le news. Una pratica che i numerosi casi reali di bufale pubblicate da giornali anche autorevoli ha finito per abituarci, soprattutto nell’era post 11 settembre, con un picco ulteriore a partire dal 2020 in occasione della pandemia mondiale.

    Il clou dell’episodio in oggetto arriva nel momento in cui Homer scrive nel proprio sito che il governo vorrebbe controllare le menti delle persone mediante vaccinazioni di massa.

    A questo punto una misteriosa organizzazione lo rapisce e lo deporta sull’isola di quelli che “sanno troppo“, mentre l’originale viene sostituito da un sosia identico nelle fattezze, e dall’accento tedesco. Un personaggio autoritario rivelerà in seguito al vero Homer che il motivo per cui i vaccini si fanno prima di Natale è per assicurarsi che la gente spenda per i regali, e che per questo motivo Homer sarebbe diventato un personaggio “scomodo” per il sistema. Si tratta di una satira gustosa e azzeccata rivolta al mondo del complottismo, peraltro declinata in tempi non sospetti in cui il massimo della conspiracy era sulle scie chimiche o, al limite, sulle reali dinamiche dell’11 settembre.

    La “profezia” è sicuramente un termine scomodo (che vorremmo evitare), ma l’episodio assume ugualmente una valenza fondamentale anche oggi, nel contesto e nel mondo in cui viviamo. – Foto di copertina di desarrollosklm da Pixabay – Le immagini dell’episodio sono tratte dal blog simpsonssummaries

  • Speciale: il cinema del complotto

    Il cinema, da sempre, al di là della sua innata funzione di intrattenimento, ci aiuta a leggere la realtà? Se tutti adesso vedono e rivedono Contagion di Soderberg, per intenderci, non è che siano improvvisamente diventati cinefili: c’è paura, tanta, è normalissimo che ci sia – ed un film come quello aiuta ad esorcizzare. Le piattaforme di streaming come Netflix stanno riducendo la qualità dei video, in alcuni casi, per limitare l’uso della banda, data la richiesta surreale che sta arrivando: se ci pensiamo, solo in Italia, 6 milioni di persone a casa, un bacino d’utenza fresco (credo) praticamente inedito per l’Italia.

    Tutti in casa belli e connessi, insomma – o quasi, tranne qualcuno che (suo malgrado) dice di non “credere” al virus: le teorie del complotto hanno iniziato a diffondersi anche in Italia, il virus secondo loro è stato creato apposta, addirittura non esisterebbe. Eppure le immagini dei mezzi militari a Bergamo che portavano via le vittime del virus dovrebbero averle viste tutti: e allora come si può arrivare a questo – nonostante una realtà come questa, evidente, tangibile, che ci costringe a rimanere tappati in casa il più possibile? Evidentemente un virus cattivo, difficile o impossibile da curare ed evoluto in modo naturale – come sembrerebbe essere il coronavirus – è molto, molto più spaventoso di uno creato in laboratorio ad hoc (quando, a mio parere, dovrebbe essere il contrario).

    Ne abbiamo sentite di fandonie e assurdità, in questi anni: il surriscaldamento globale che non esiste, o che è stato inventato dai climatologi per tutelare il proprio lavoro. L’evoluzione darwiniana, che sarebbe secondo alcuni “solo una teoria“. Le vaccinazioni che causerebbero l’autismo. Queste sono tutte, evidentemente, assurdità a cui nessuno dovrebbe credere: ma nel clima di ricerca di soluzioni facili, sbrigative, perchè in fondo abbiamo di meglio a cui pensare (arroganza pura di alcuni, purtroppo), perchè a qualcuno le disposizioni governative fanno un baffo, . Ma il problema sono anche i media, ai quali sembra interessare solo il body-count, la conta spietata delle vittime, il click-bait che manco nei siti di bufale ed il portare lettori sul proprio sito a qualsiasi costo, magari perchè pagano (poco, s’intende) gli stipendi ai propri giornalisti ad impressions.

    Un clima folle, esasperato e crudele che in parte George Romero e Brian Yuzna avevano quasi profetizzato negli anni scorsi; e con loro, ovviamente, molti altri registi di tutto il mondo.

    Il paradigma di negazione della realtà alla ricerca di una spiegazione alternativa, se possibile condizionata dal Governo, laboratori segreti e da “quello che non ci dicono“, se storicamente non sarebbe nemmeno impossibile (complotti ce ne sono stati nella storia, ma meno frequentemente di quello che si pensa) è diffuso nella sua forma più cruda come negazionismo (denialism) ed è ben noto nella psicologia del comportamento umano. Dopo questo virus gli psicologi mondiali, per inciso, avranno un bel da fare con tutti noi.

    Negare la scienza, dicevamo, negare le realtà ufficiali fa sentire appagati e (forse) più tranquilli: ed è determinato anzitutto dal clima di confusione imperante, e non solo. Dipende anche da realtà che spesso diventano troppo brutali da accettare. Molti non riuscirono ad accettare che gli attentati dell’11 settembre fossero stati organizzati contro la nazione più potente al mondo, e quindi ripiegarono (e ripiegano ancora oggi!) su spiegazioni “alternative”, anche se improbabili o completamente inventate. Si nega l’olocausto, si nega l’AIDS, il cambiamento climatico: tutto, pur di adattare la realtà al proprio standard di vita. Un’ottica egoista e miope, che trova purtroppo tanto consenso, ad esempio, negli ambienti più conservatori e chiusi, ma in alcuni casi addirittura in quelli più radicali e progressisti. Chi nega il coronavirus, probabilmente, non riesce proprio ad accettare che possa costringerci alla quarantena.

    Esiste una sterminata filmografia di cinema complottista o para-complottista, che non per forza ha a che fare con la malattia in senso pandemico: un esempio è Shutter Island di M. Scorsese, in cui il protagonista si inventa una realtà alternativa in cui vivere pur di non ammettere di aver fallito. Anche film meno noti al grande pubblico come Cube o Pathos, ad esempio, ricalcano le paure di chi crede di avere tutto contro: un mondo ostile, cupo ed in cui le trappole sono architettate ad arte – non si sa bene per quale motivo, da chi e cui prodest.

    Citerei anche Society di Yuzna, peraltro, perchè è l’espressione più lampante di un atteggiamento molto diffuso anche in Italia: se sei di status sociale elevato ti senti comunque superiore alla massa, non attaccabile da alcun virus. A proposito di contagio, anche film come The Gerber Syndrome: il contagio, Pontypool, Crimes of the future, La città verrà distrutta all’alba, Apocalypse Domani, e direi anche l’inquietantissimo Rabid – Sete di sangue rientrano secondo me a pieno diritto negli horror incentrati sulla diffusione di pandemie, malattie sconosciute e germi misteriosi e sfiguranti. In un’ottica travisata dai più, peraltro, anche Essi vivono di John Carpenter (regista rigidamente materialista, peraltro) è molto noto nell’ambiente complottista.

    Ci sono molti altri film e documentari, di cui non ho mai volutamente parlato su questo blog, che mantengono la stessa falsariga e la estremizzano: ci raccontano che la realtà è manipolabile, distorta, e cercano di convincerci (a differenza dei titoli citati) che le cose stiano proprio come dicono loro. In questi giorni siamo di fronte ad un evento di portata mondiale che avrebbe fatto rabbrividire anche George Romero e Lucio Fulci, che a più riprese immaginarono l’apocalisse dovuta ai morti viventi (per via di esperimenti incontrollati, abusi ambientali, cause ignote e naturalmente diffusione di epidemie).

    In definitiva: sono un umile recensore di un piccolo, quasi insignificante sito di cinema. Non uso i social per diffondere biecamente articoli del genere, basandomi sul clickbait: li scrivo e basta. Non sono nessuno, non sono un virologo, non sono un complottista. Dico solo che certi film andrebbero rivisti, per avere la conferma che gli artisti, i registi, gli sceneggiatori sono spesso profetici, e se non lo sono hanno le antenne – quantomeno. Se ogni persona è tentata, anche la più razionale, a pensare ad un complotto, ricordiamoci del rasoio di Occam: la spiegazione più semplice è spesso quella giusta. E noi, in fondo, siamo soggetti ai virus in quanto, semplicemente, siamo parte della natura.

    Solo che, purtroppo, molti di noi – tra un selfie ed un aperitivo – se lo sono dimenticato.

    Photo by Josh Hild on Unsplash
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