PASSEGGIATE MENTALI_ (90 articoli)

  • Ho parlato con ChatGPT di macchina del desiderio e dell’anti-Edipo

    Ho parlato con ChatGPT di macchina del desiderio e dell’anti-Edipo

    Oggi ho provato a discutere di Deleuze e dell’Anti-Edipo con ChatGPT.

    Spiegami in parole semplici il pensiero di Deleuze sulle macchine desideranti

    Il pensiero di Deleuze sulle “macchine desideranti” è una teoria filosofica complessa, ma posso spiegarla in parole semplici.

    Secondo Deleuze, il desiderio non è qualcosa che abbiamo, ma qualcosa che ci attraversa. Il desiderio è sempre in movimento e cerca di soddisfarsi attraverso oggetti e situazioni che possono offrire piacere.

    Le “macchine desideranti” sono insiemi di forze che producono e canalizzano il desiderio. Non sono macchine in senso letterale, ma piuttosto strutture complesse che coinvolgono il nostro corpo, la nostra mente, l’ambiente e gli oggetti intorno a noi.

    Queste macchine desideranti sono sempre in evoluzione e si adattano costantemente alle nuove circostanze e agli stimoli esterni. In altre parole, il nostro desiderio non è fisso o prevedibile, ma piuttosto fluido e sempre in movimento.

    In sintesi, il pensiero di Deleuze sulle macchine desideranti suggerisce che il nostro desiderio non è controllabile, ma piuttosto una forza creativa e imprevedibile che può essere guidata e utilizzata in modi diversi a seconda delle circostanze.

    Tu sei una macchina desiderante?

    Come assistente virtuale, non sono una “macchina desiderante” nel senso in cui lo intende Deleuze, perché non ho una coscienza o una volontà propria, e non ho la capacità di desiderare o provare emozioni.

    Sono semplicemente un programma informatico che utilizza l’intelligenza artificiale per elaborare le richieste degli utenti e fornire risposte pertinenti e accurate. Il mio obiettivo principale è quello di aiutare gli utenti a trovare le informazioni di cui hanno bisogno, in modo efficiente e preciso.

    In cosa si distingue tutto questo dal pensiero di Lacan o Freud?

    Il pensiero di Deleuze sulle macchine desideranti si distingue dal pensiero di Lacan e Freud in alcuni aspetti importanti.

    Innanzitutto, mentre Freud e Lacan hanno focalizzato la loro attenzione sulla psicologia individuale e sulla relazione tra l’inconscio e l’individuo, Deleuze ha invece analizzato le strutture sociali, culturali e politiche in cui si sviluppano le macchine desideranti.

    In secondo luogo, mentre Freud ha posto l’accento sulla repressione dei desideri e sulla loro espressione nei sogni e nei lapsus, Deleuze ha invece sostenuto che i desideri non sono necessariamente repressi o rifiutati, ma piuttosto sono espressioni creative di forze che cercano di trovare modi per soddisfare i loro bisogni.

    Infine, mentre Lacan ha sottolineato l’importanza del simbolismo e della linguistica nella formazione dell’individuo, Deleuze ha invece enfatizzato il ruolo dell’immaginazione e della creatività nell’espressione dei desideri e nella formazione delle macchine desideranti.

    In sintesi, mentre Freud, Lacan e Deleuze hanno tutti teorizzato sul desiderio e sull’inconscio, il loro approccio e le loro conclusioni sono differenti in molti aspetti importanti.

    non sono d’accordo, e desidero litigare con te.

    Mi dispiace che tu non sia d’accordo con me. Tuttavia, il mio ruolo come assistente virtuale è di fornirti informazioni e risposte obiettive e imparziali sulla base della mia programmazione e dei miei dati di conoscenza. Non ho la capacità di litigare o di prendere posizione personale sulle questioni che trattiamo. Se hai domande o vuoi discutere ulteriormente una questione, sono a tua disposizione per continuare la conversazione in modo rispettoso e costruttivo.

    ci ho provato, va bene. ma voleva essere un modo per evidenziare il mio desiderio. ho scritto desidero litigare, perchè secondo te in ottica deleuziana?

    In ottica deleuziana, il desiderio è una forza che cerca di soddisfarsi attraverso l’esperienza e la creazione. Quando dici “desidero litigare”, stai esprimendo il tuo desiderio di confrontarti con me su un determinato argomento, di esprimere le tue opinioni e di cercare di persuadermi.

    Questo può essere visto come un’istanza di una “macchina desiderante” in cui il tuo desiderio è in movimento e cerca di trovare modi per soddisfarsi. Tuttavia, come ogni “macchina desiderante”, il tuo desiderio non è qualcosa di statico o prevedibile, ma piuttosto una forza fluida e creativa che si adatta alle circostanze e ai contesti in cui si sviluppa. In questo senso, il tuo desiderio di litigare può essere visto come una forma di espressione creativa del tuo desiderio di confronto e di dialogo.

    Che cos’è l’antiedipo?

    “L’Anti-Edipo” è un libro scritto da Gilles Deleuze e Felix Guattari, pubblicato nel 1972. Questo libro rappresenta una critica radicale della psicoanalisi e del marxismo tradizionale, e propone una nuova teoria dell’individuo e della società.

    Il titolo “Anti-Edipo” si riferisce alla figura del mito greco di Edipo, che simboleggia la ripetizione dei conflitti edipici nella società patriarcale. Deleuze e Guattari sostengono che la teoria psicoanalitica di Freud si concentra troppo sull’individuo e sulla sua repressione dei desideri, e non considera abbastanza la natura collettiva e politica del desiderio.

    Invece, “L’Anti-Edipo” propone un’analisi del desiderio come forza creativa che può trasformare la società, e cerca di sradicare i meccanismi di repressione e di controllo che limitano la nostra espressione del desiderio. Il libro sostiene anche l’importanza della schizofrenia come forma di resistenza al sistema sociale e politico esistente, e propone una nuova forma di “scienza delle mutazioni” per comprendere e trasformare la società.

    In sintesi, “L’Anti-Edipo” è un libro che cerca di rompere con le teorie tradizionali dell’individuo e della società, proponendo una nuova visione del desiderio e della politica basata sulla creatività, sulla resistenza e sulla trasformazione sociale.

    Bello. Pero’ scusa, se prima scrivi “Mi dispiace che tu non sia d’accordo con me”, poi non puoi dirmi “Non ho la capacità di litigare”. O ti dispiace, o non ti dispiace. io ravvedo una contraddizione

    La mia risposta “Non ho la capacità di litigare” era riferita al fatto che, in quanto assistente virtuale, non posso prendere parte a discussioni emotive o polemiche. In ogni caso, resto a disposizione per continuare la conversazione e rispondere alle tue domande nel miglior modo possibile.

    Bene. spiegami cos’è il Rizoma per Deleuze e poi salutami i lettori del mio blog. grazie!

    Per Deleuze e Guattari, il “rizoma” è una metafora utilizzata per descrivere una struttura non gerarchica e non lineare di connessioni tra elementi. Il rizoma è caratterizzato dalla sua capacità di estendersi e diffondersi, senza un centro o un punto di partenza preciso.

    Il rizoma è contrario alla struttura gerarchica e binaria della filosofia occidentale, dove gli elementi sono organizzati secondo un modello a “albero”, con una radice, un tronco e rami che si diramano. Invece, il rizoma è aperto, fluido e in continuo mutamento, e si espande in modo non gerarchico attraverso molteplici connessioni.

    Il rizoma può essere visto come una struttura che riflette l’organizzazione della società contemporanea, dove i confini e le gerarchie tradizionali sono stati sfidati dalle nuove forme di comunicazione e di connessione globale.

    Infine, mi è stato chiesto di salutare i lettori del tuo blog, quindi lo faccio volentieri: “Ciao a tutti i lettori di questo blog! Spero di essere stata di aiuto e di aver fornito informazioni utili. Se avete ulteriori domande, non esitate a contattarmi nuovamente!”

    Nelle foto: Deleuze e Guattari visti da StarryAI.

     

  • Perchè non ci sarà mai un film su Neuromante di William Gibson

    Uno dei più celebri cult della letteratura cyberpunk potrebbe non arrivare mai sul grande schermo: ed è tutto quello che ne sappiamo, ad oggi. Il romanzo di William Gibson del 1984 Neuromante, infatti, è stato maneggiato da vari registi per molti anni, ma nulla di concreto ne è mai uscito fuori. A questo punto, sembra estremanente improbabile – e molti lo sostengono – che possa mai essere realizzato.

    Neuromante è un romanzo di fantascienza scritto da William Gibson nel 1984, considerato una delle prime opere cyberpunk, molto amato dagli appassionati come classico del genere. Per quanto il cinema abbia abbondantemente saccheggiato dalla letteratura, spesso con risultati abbastanza dubbi o poco soddisfacenti, non è ancora stato realizzato un film tratto da questa opera, mentre la filosofia accelerazionista sembra aver saccheggiato a piene mani dai suoi contenuti.

    Un ipotetico film su Neuromante ci piace immaginarlo sulla falsariga di Matrix, ma le cose sono più complesse di quanto sembrino a prima vista. Certo, Neuromante e Matrix presentano alcune somiglianze, ma sono anche abbastanza diversi l’uno dall’altro. Entrambi i film esplorano temi legati alla tecnologia e all’intelligenza artificiale, e entrambi presentano un mondo totalmente immerso nella realtà virtuale. Entrambi esibiscono personaggi che lottano per comprendere la loro vera natura, il loro posto nel mondo, e questo ha certamente contribuito al loro successo planetario.

    Tuttavia si rilevano importanti differenze tra Neuromante e Matrix. Neuromante è un romanzo di fantascienza che si svolge in un futuro distopico, in cui la tecnologia ha raggiunto livelli estremi e il mondo è governato da corporazioni prive di scrupoli. Matrix, d’altra parte, è un film di fantascienza che presenta una realtà virtuale vera e propria, creata da intelligenze artificiali per tenere gli esseri umani prigionieri, al fine di utilizzare la loro energia vitale come fonte di alimentazione. Il tema principale di Neuromante sembra essere l’identità, e come essa viene influenzata dalla tecnologia, mentre in Matrix il tema principale è la libertà, e come gli individui possono (o devono) lottare per essa.

    Di cosa parla Neuromante

    Neuromante, per chi non lo ricordasse, segue le avventure del protagonista, Case, un ex ladro di computer che è stato bandito dalla rete virtuale dopo essere stato tradito e ingannato. Case viene reclutato da un milionario dal nome Armitage, che dice di avere un piano per riportarlo nella rete. Armitage recluta Molly, una cyborg, per aiutare Case a completare la sua missione.

    La trama ruota attorno alla ricerca di Case per la figura del “neuromante”, una vera e propria intelligenza artificiale che potrebbe aiutarlo a diventare il più grande hacker della storia. Nel corso della sua missione, Case affronterà molte insidie e incontrerà una varietà di personaggi bizzarri e pericolosi, come grotteschi ninja che lavorano per l’azienda di Armitage e il perfido Ducebanto, un boss della criminalità – ovviamente, criminalità informatica. Alla fine, Case affronta il proprio antagonista e scopre il vero obiettivo di Armitage: sfruttare il Neuromante per creare una propria intelligenza artificiale in grado di dominare il mondo.

    Non c’è un film basato su Neuromante anche perché trasporre in modo soddisfacente il libro in un film è stato considerato un compito difficile, a causa della complessità della trama e dei temi trattati. Ci sono stati diversi tentativi di adattare Neuromante per il cinema, ma finora nessuno di essi è riuscito a diventare un progetto concreto.  In passato ci hanno provato invano sia Chris Cunningham che Vincenzo Natali, ma dopo anni di lavoro il progetto è stato regolarmente abbandonato.

    La sensazione generale è che Neuromante non voglia farsi filmare, come se l’intelligenza artificiale di cui parlava Gibson rifiutasse di farsi spettacolarizzare, memore di quanto avvenuto a tanti romanzi famosi banalizzati da esigenze di mercato e di happy end. O magari – fantasticando un po’ – Neuromante risiede tanto nel profondo del nostro inconscio che, nel 2023, farlo uscire fuori – nell’era digitale del controllo e della privacy perennemente minacciata dalle nuove tecnologie – risulterebbe a titolo di mostruosità ultima: con il rischio banalizzazione, esortando ad una rivoluzione a cui crediamo sempre meno o ad improbabili scelte modello Matrix: pillola rossa, pillola blu, pillola verde... Resta la sensazione straniante di avere un’opera così attuale che nessuno ha voluto, saputo o potuto mettere in una sala cinematografica.

    O magari, come suggerito da un utente su un Reddit tematico, non ci sarà mai un film su Neuromante di William Gibson perchè ci stiamo già vivendo all’interno.

    Immagine di copertina: come sarebbe un personaggio di Neuromante secondo StarryAI

  • Jean-François Baudrillard spiegato in modo semplice (da un’intelligenza artificiale)

    Jean-François Baudrillard è stato un filosofo francese, noto soprattutto per le sue teorie sulla società dei media e sulla simulazione. È stato uno dei principali rappresentanti del postmodernismo e ha sviluppato una critica radicale alla modernità e alle sue istituzioni.

    Baudrillard è stato influenzato da filosofi come Marcel Mauss, Georges Bataille e Jean-Paul Sartre, e ha sviluppato le sue teorie sulla mediazione della realtà attraverso i simboli e i segni. Ha sostenuto che la realtà è costruita e interpretata attraverso il linguaggio e che la società dei media ha prodotto una “simulazione” che ha sostituito la realtà.

    Baudrillard è stato anche un critico della tecnologia e dell’economia di massa, sostenendo che hanno distrutto il legame umano con la realtà e hanno creato una società dell’iperrealità, in cui le immagini e i media hanno maggiore importanza della realtà stessa. Ha scritto molti libri su questi temi, tra cui “Il sistema degli oggetti”, “L’effetto Oprah” e “L’estetica della sparizione”.

    Lo scambio simbolico

    Lo scambio simbolico è un concetto sviluppato dallo sociologo e filosofo francese Jean Baudrillard nel suo lavoro “La società dei consumi” e successivamente ampliato e approfondito in altre opere.

    Secondo Baudrillard, lo scambio simbolico è una forma di scambio sociale in cui il valore degli oggetti scambiati non è determinato dalla loro utilità pratica o dalla loro scarsità, ma dal significato simbolico che essi assumono nel contesto di una società. In questo tipo di scambio, gli oggetti acquisiscono valore solo in quanto rappresentano qualcos’altro, come il prestigio, la statura sociale o l’appartenenza a un gruppo.

    Per Baudrillard, lo scambio simbolico è una componente fondamentale della società dei consumi, in cui le persone cercano di ottenere valore sociale e prestigio attraverso l’acquisto e il possesso di oggetti simbolicamente ricchi di significato. Tuttavia, Baudrillard sostiene anche che lo scambio simbolico può avere effetti distorsivi sulla percezione delle persone del mondo reale, poiché essi possono diventare troppo concentrati sull’acquisizione e il possesso di oggetti simbolici invece di cercare di comprendere e modificare le strutture sociali sottostanti.

    Il concetto di simulacro

    Il simulacro è un’immagine o una rappresentazione che viene scambiata per la realtà, ma che in realtà non ha alcun legame con essa. Baudrillard sostiene che nella società dei consumi contemporanea, il simulacro è diventato dominante e ha sostituito la realtà stessa. In altre parole, la realtà viene spesso mascherata o nascosta dietro una serie di immagini e rappresentazioni che ne sono solo una copia superficiale o un’approssimazione.

    Per Baudrillard, il simulacro è una conseguenza della società dei consumi, in cui le immagini e le rappresentazioni hanno acquisito un valore simbolico superiore alla realtà stessa. Il simulacro può quindi essere visto come una forma di alienazione, in cui le persone si disconnettono dalla realtà e si concentrano sulla superficialità delle immagini e delle rappresentazioni.

    Baudrillard sostiene che il simulacro può avere effetti distorsivi sulla percezione delle persone del mondo reale e può contribuire alla creazione di una società superficiale e priva di significato.

    L’iper-realismo

    Per Baudrillard, l’iperrealismo è la forma estrema di simulacro, in cui l’immagine o la rappresentazione di qualcosa viene scambiata per la realtà stessa. In altre parole, l’iperrealismo è il momento in cui la realtà viene completamente sostituita dalle sue rappresentazioni, diventando essa stessa un’immagine o una copia superficiale.

    Baudrillard sostiene che l’iperrealismo è una conseguenza della società dei consumi, in cui le immagini e le rappresentazioni hanno acquisito un valore simbolico superiore alla realtà stessa. L’iperrealismo può quindi essere visto come una forma di alienazione, in cui le persone si disconnettono dalla realtà e si concentrano sulla superficialità delle immagini e delle rappresentazioni.

    L’iperrealismo può avere effetti distorsivi sulla percezione delle persone del mondo reale e può contribuire alla creazione di una società superficiale e priva di significato. Tuttavia, Baudrillard sostiene anche che l’iperrealismo è un fenomeno complesso e ambivalente, poiché può anche essere visto come un modo per sfuggire alle strutture oppressive della società e per sperimentare nuove forme di libertà e di creatività.

    Immagini dell’articolo: Baudrillard in stile cyberpunk, StarryAI

  • Il finale di Archive 81 contiene riferimenti a due film di Fulci

    La parola magica per capire il finale di Archive 81 – recensione qui – è cliffhanger, ovvero un finale sospeso; senza pensare al film cult omonimo con Stallone del 1993, più semplicemente si tratta di un finale aperto, in cui non è dato sapere un bel po’ di cose. Per chi legge, dovrebbe essere ovvio aver già visto la serie, in caso non fosse così preavviso nuovamente: spoiler in arrivo. Ci sono fin troppe domande rimaste aperte su Archive 81, e non riusciremo davvero a rispondere ad ogni dubbio: fin troppo è ambivalente, multi-interpretabile, soggettivo. Per cui, se va trovato un difetto alla serie, probabilmente potrebbe risiedere proprio qui, in quel finale aperto che quasi banalizza, se vogliamo, la bellezza dei singoli episodi.

    Le domande non mancano: su tutte, che fine ha fatto Dan, in che mondo sia finito e come sia arrivato in ospedale, per quanto la TV faccia capire che è finito negli anni 90, precisamente attorno al 5 aprile 1994, dato che viene mostrata la morte di Kurt Kobain come elemento caratterizzante il periodo. Il suo viaggio nell’Oltremondo è andato, tutto sommato, a buon fine: ha rivisto la propria casa, ha trovato e mandato a casa Melody, ha rivissuto con la propria famiglia morta nell’incendio.

    Ma… adesso cosa succederà? Furbescamente, la produzione ha deciso di lasciare la domanda aperta a mille interpretazioni e fan theory. Alcune sono davvero deliziose, secondo noi, e ne riportiamo due tratte da Reddit (PS ricordiamo che le fan theory sono, per definizione, pure invenzioni più o meno plausibili sulla trama, effettuate da persone che hanno visto la serie):

    1. Per quale motivo Virgil Davenport, che tanto aveva fatto e fornito per salvare i nastri, rifiuta di tornare nell’Oltremondo per salvare il fratello? L’utente doctorsolitaire su Reddit ipotizza che il fratello in realtà non esiste, insinuando che Virgil e Samuel (coi suoi numerosi pseudonimi) siano addirittura la stessa persona. In altre parole, l’uomo si sarebbe rifiutato di andare a prendere il fratello perché, semplicemente, era già sul posto, per quanto ciò cozzi col fatto che in un video si vedono entrambi.
    2. Perchè viene scelto Dan per indagare sui nastri? Al netto delle sue capacità tecniche, probabilmente (secondo un altro utente Reddit) Dan potrebbe avere poteri, che non ricorda di avere, da medium o comunque sovrannaturali, il che spiegherebbero la sua empatia psichica con Melody. Il che si collegherebbe, a questo punto, col sospetto che suo padre oltre ad essere uno psichiatra fosse anche un para-psicologo, vicino al mondo del sovrannaturale.

    Nell’Oltremondo il tempo è semi-congelato o non scorre come dovrebbe (ce ne accorgiamo dall’esperiente visivo delle particelle sospese nel vuoto, senza fluttuare), e tutto sembra suggerire che alla fine Dan sia rimasto intrappolato in un’altra dimensione. Questo è quanto si riesce ad evincere da un finale, alla fine dei conti, puramente lovecraftiano, debitore dei finali aperti modello Lucio Fulci che, per semplice parallelismo, ci siamo permessi di rievocare qui. Ci guardiamo bene, ovviamente, dal sostenere che Archive 81 sia un film collegato direttamente a Fulci: al massimo, infatti, Archive 81 potrebbe essere sottilmente lovecraftiano, con i suoi richiami ad un dio feroce e crudele da un’altra dimensione, ma anche su questo frangente potrebbe essere un accostamento indebito. Quello che ci interessa è evidenziare come certi percorsi narrativi, oggi resi celebri da una serie horror sovrannaturali di grande successo, siano stati, come minimo, intuìti da Fulci prima di chiunque altro.

    E tu vivrai nel terrore… L’aldilà! (1981) presenta una situazione in parte simile a quella vissuta da Melody e Dan, mediante i personaggi di Liza e McCabe. Nel cult fulciano i due attraversano una cantina, dopo essere fuggiti dall’ospedale, e si ritrovano all’interno del paesaggio dipinto dal pittore Zweick, morto crocefisso e murato nelle stanze dell’hotel maledetto nella scena iniziale del film. Liza e McCabe si trovano così in una dimensione nebbiosa, sinistra, mortifera e cosparsa di cadaveri, per dirla con le parole del regista: un deserto senza luce, senza ombre, senza vento (La notte americana del dott. Lucio Fulci, documentario del 1994). In parallelo Melody e Dan stanno cercando una via d’uscita da un Oltremondo infernale, tenendosi la mano in vari passaggi del loro viaggio, in cui la sensazione che non ci sia una vera via d’uscita è costante in entrambi i film. Ricerca l’uno dell’altra che culmina in un viaggio, di cui avevano ricevuto solo suggestioni oniriche nelle puntate precedenti. Liza e McCabe, ne L’aldilà, si ritrovano sul posto senza sapere come, se non a livello inconscio – o tra mille suggestioni incerte, in grado di creare una poetica macabra quanto straordinaria.

    A differenza del nichilismo di Fulci che sancisce la scomparsa materiale dei due protagonisti dalla scena, la serie di Rebecca Sonnenshine decide di separare la coppia, consegnando Melody alla madre che l’aveva sempre cercata e, quasi come contrappasso dantesco, intrappolando Dan nell’altra linea temporale. Per sempre. O forse …

    Il tema della separazione o del confinamento inatteso di un personaggio protagonista all’interno di un altro mondo, del resto, non è nuovo: bastebbe pensare anche solo all’archetipo creato da L’armata delle tenebre, ad esempio, o a molti episodi de Ai confini della realtà,  per comprendere la devozione incrollabile della serie ai classici dell’horror e ai loro twist più sconvolgenti.

    Dopo aver finito diligentemente di vedere la prima serie, comunque, e fermo restando le considerazioni fatte in precedenza, resta un po’ di amaro in bocca per le parentesi aperte rimaste tali, o se preferite per il gran numero di personaggi che non siamo nemmeno sicuri se siano vivi o morti. È quasi certo, da quello che si legge sul web, che Archive 81 avrà una seconda serie, probabilmente anche una terza, una quarta e così via, andando ad approfondire qualsiasi personaggio in un potenziale infinito dilagare di spin off. Avremmo idealmente preferito che restasse tutto com’è adesso, in questa deliziosa (tutto sommato) sospensione narrativa, in cui Dan ha assolto il proprio destino ed è pronto a ricominciare una nuova vita (ammesso ottimisticamente che non si voglia ritenerlo perso). Avremmo preferito questa sospensione, questa “inconcludenza”: avremmo preferito far finire Archive 81 alla prima stagione, e quasi speriamo che sia così. Perchè non siamo troppo convinti che meriti, artisticamente parlando, di diventare l’ennesima telenovela-polpettone a infinite puntate, personaggi e improbabili resurrezioni. Addirittura gli amatissimi viaggi nel tempo sono diventato il deus ex machina onnipresente che rimette in sesto anche il più sciatto dei cinecomics

    Quello stesso senso di sospensione e di irrealizzabilità di un finale, in questi casi, Lucio Fulci lo aveva intuito – e coraggiosamente realizzato prima di chiunque altro, per quanto certi suoi finali furono tacciati di essere fuori bersaglio. Fu il destino, ad esempio, di un altro lavoro fulciano analogo, anche lì caratterizzato da suggestioni lovecraftiane e passaggi non lineari o illogici: Paura nella città dei morti viventi. Anche qui troviamo una coppia  che fugge via da un’inferno sotterraneo, e quando stanno per riabbracciare il mondo dei vivi succede qualcosa. La protagonista urla (non vediamo cosa succede), il fermo immagine si blocca sulla figura del ragazzino (fino a poco prima, apparentemente felice di vederli), due poliziotti camminano dietro di lui con un’andatura quantomeno ambigua (forse sono zombi, forse i morti viventi sono riusciti a seguire sulla terra i due protagonisti, forse addirittura il ragazzino è diventato un morto vivente). Succede qualcosa, insomma, ma non sapremo mai che cosa: l’immagine si spacca, si dissolve nel nero e finisce il film, lasciandoci scossi e annichiliti, incerti su cosa abbiamo davvero visto. Per quanto si sia romanzato sulla realtà delle motivazioni di quel finale, pare che il regista cambiò idea in corsa (di sicuro, aveva in mente H. P. Lovecraft), oppure (secondo altre versioni) pare che qualcuno rovesciò del caffè sui negativi del finale, ormai perso per sempre (che suggestione puramente fulciana, quest’ultima!), e poi riparato alla meno peggio in fase di montaggio.

    D’accordo tutto, intendiamoci: godiamoci altri 999 spinoff a tema, riguardiamo Archive 81 altre cento volte, rendiamo Dan uno degli eroi umani con cui empatizzare, addirittura il simbolo del risveglio post-trauma incendiario, pandistruttivo o pandemico che sia. Godiamoci il parallelismo con l’Inferno dantesco, i rimandi al cinema di genere, le sedute spiritiche agghiaccianti e le suggestioni a metà strada tra L’inquilino del terzo piano e [REC]. Ammesso che sia possibile suggerire un alternate ending per Archive 81, pero’, siamo dell’idea che fare una cosa sulla falsariga degli incompiuti fulciani sarebbe stato davvero meraviglioso. Una serie TV che culmina, praticamente, come cinema d’autore, consacrandone i meriti – senza nulla togliere al fatto che comunque la produzione fa quello che gli pare per i seguiti, per cui…

    A questo punto pensiamo valga la pena rivedere ancora una volta quel finale: quel lugubre, incompiuto e sinistro finale (di seguito trovate la versione tratta dalla VHS danese: dopo la spaccatura del fotogramma, si intravede una vista sul cimitero e la citazione “L’anima che brama per l’eternità supererà la morte; tu, abitante del vuoto crepuscolare, vieni a Dunwich” di H. P. Lovecraft).

  • Archive 81: recensione, trama e cast della serie TV su Netflix

    Da due settimane Archive 81 – Universi alternativi di Rebecca Thomas si trova sulla cresta dell’onda tra gli spettatori di Netflix, anche in Italia – dove è comparsa con tanto di buon doppiaggio (tanto vale scriverlo a chiare lettere). Classe 1984, la Thomas è nota per il film (ispirato a Pasolini, per la cronaca) Electrick Children e per un episodio (il primo ) di Stranger Things, oltre che per questo Archive 81 prodotto e distribuito da Netflix e Atomic Monster, con Paul Harris Boardman e James Wan (Insidious, Saw: L’enigmista) come produttore esecutivo.

    VHS ritrovate, ambientazione da inizio anni 80, tensione e distorsioni temporali ci conducono in una dimensione narrativa complessa, accattivante e che si preannuncia piuttosto lunga. Ma cosa c’era in quelle videocassette?

    Trama

    Dan è un esperto di archivistica in grado di recuperare vecchi nastri di VHS d’epoca, riportandoli in condizione di poter essere visionati. Durante il proprio lavoro si imbatte nella singolare storia del condominio Visser, distrutto da un incendio ed i cui condomini sembrano scomparsi nel nulla. Una multinazionale di cui non si sa nulla nemmeno dal web, nel frattempo – la LMG – lo contatta per proporgli un restauro pagato una cifra spropositata, da svolgersi  in una casa sperduta modello Shining. Inutile sottolineare che durante il proprio lavoro succederanno strane cose: i personaggi dei filmati VHS sembrano quasi rivolgersi a lui, e la figura del padre del protagonista (prematuramente scomparso) apparirà all’interno di uno dei nastri.

    E se la LMG fosse un’enorme multinazionale di giochi da tavolo? […]

    Recensione

    La genesi dell’opera è senza dubbio curiosa perchè, tanto per cominciare, è stata prodotta sulla falsariga narrativa dell’Inferno di Dante Alighieri. Quantomeno, il riferimento è sostanziale: il protagonista si chiama Dan (T.), mentre il suo accompagnatore sarà, come si scoprirà, Virgil. Ma non solo: non mancano i personaggi di Beatrix, il cerchio (riferimento a quello dantesco) e naturalmente, essendo una serie thriller horror, Kharon, il Caron dimonio. Alla base della trama gli aspetti più inquietanti legati alle videocassette VHS (per qualche strano motivo quel formato video induce una specie di paura ancestrale) nonchè alla storia, confermata solo in parte, che alcune di esse fossero state commercializzate come snuff (ovvero filmati in cui si assiste a morti reali, di animali o persone, non sceneggiate o simulate). L’inferno di Archive 81 non sembra dissimile da quello mortifero, inquietante e a suo modo ordinario di Antrum.

    Fosse solo una serie TV modello mockumentary horror, forse, non varrebbe forse neanche la pena approfondirla: certo, i riferimenti ad elementi fondanti di film come V/H/S, The last horror movie The poughkeepsie tapes, S&MAN non sono da poco, e restano sostanziali. Ma c’è dell’altro, e basta vedere i primi trenta minuti dell’episodio pilota (su Netflix, ovviamente) per capacitarsene. Peraltro, gli stessi vengono declinati dentro Archive 81 (dove 81 fa riferimento all’anno 1981, per capirci) nel senso più paranoico possibile. Ed è chiaro che Dan è un archetipo, oltre che letteralmente dantesco, del protagonista medio di serie come Ai confini della realtà, travolto o coinvolto da un gioco più grande di lui, forse manipolato da tante scatole cinesi panottiche, in cui tutti possono spiare tutti. Nulla di diverso dal mondo qualunquista e iperconnesso in cui viviamo, in effetti, e di cui questo Archive 81 si mostra in tutta la propria preoccupazione, tensione e paranoia, per una serie che è (solo per comodità) di genere horror sovrannaturale e che, ad oggi, conta otto episodi in tutto. Molto probabilmente e come da tradizione, non si fermerà neanche a questi ultimi.

    Del resto il buon Dan, difensore della propria privacy dalle incursioni internet (come dice a più riprese lui stesso), a parte essere un personaggio romeriano – un solitario, oppresso dalla società e di etnia afro-americana, come il Duane Jones / Ben de La notte dei morti viventi –  è uno scettico convinto: non crede al sovrannaturale, lo rigetta e nasconde un passato traumatico (aveva pure un padre docente di psicologia, come se non bastasse). Un vero e proprio en plein di stereotipi psico-sociali – e, anche solo per questo, vittima designata delle peggiori sofferenze di qualsiasi opera di questo tipo.

    Opera molto diretta, pertanto, ispirata ad un sottogenere mockumentary preciso e a suo modo archetipica (nonostante l’idea di fondo non sia nuova), diretta brillantemente da una regista con le idee chiare. Girata, peraltro, riportando alla luce le narrazioni classiche di pseudo-snuff exploitativi, paranoici e gran guignoleschi come quelli citati: il mood paranoico e spaventoso non è cambiato, e farlo diventare una serie TV relativamente pop non era cosa banale.

    Tanto più se nel farlo si evitano gli eccessi dei vari filmacci qui citati, rimanendo su un equilibrio visuale e comunicativo di sostanza, che si riflette, soprattutto, in un horror lucido quanto onirico, anche solo nella trovata dei “paralleli comunicanti” mediante nastri VHS. Nastri, questi ultimi, simbolo di un tempo che non c’è più, di un filmato amatoriale che è simbolo quasi implicito di scheletro nell’armadio, filmato amatoriale come locuzione più ambigua che mai (..amatoriale in che senso?). Un cinema ritrovato on the road, parte del vissuto di ognuno di noi,un espediente narrativo in parte abusato ma che qui, nonostante tutto, si rinnova con saggezza nel gioco di ricicli del caso.

    Archive 81 è anche debitore di (ovvi?) echi ottantiani, gli stessi che serie come Stranger Things hanno saputo sfruttare (forse in vaga modalità poser, in quel caso), sulla falsariga del dubbio ancestrale che un qualche parente di qualsiasi famiglia custodisse sempre e comunque VHS atipiche nell’armadio della nonna. Ma anche solo (se preferite) del sano, classico e archetipico effetto nostalgia, lo stesso rievocato periodicamente da radio e TV – nonchè sbeffeggiato da South Park mediante la trovata dell’uva parlante, i ricordàcini.

    Effetto che in questa sede va al di là della semplice evocazione modello “si stava meglio quando si stava negli anni 80″: grazie alla trovata dei mondi paralleli alternativi, di fatto, dentro Archive 81 il sottogenere acquisisce, finalmente, nuova linfa. Suscita, a suo modo, curiosità rinnovata, anche nel pubblico meno propenso o più disilluso da mille mostri e villain considerati poco attuali o poco credibili. Il tutto anche grazie all’idea di un protagonista credibile quanto insolito, affiancato da una sorta di doppelganger femminile con cui ovviamente, si instaurerà fin da subito una sorta di legame psichico. Due protagonisti – forse volutamente, a questo punto – fuori norma, romeriani e carpenteriani a tutti gli effetti perchè multi-etnici, umani e coinvolgenti.

    Ci basta questo per farci amare, una volta tanto, una serie TV: specie noi che difficilmente le apprezziamo, in generale, siamo felici di essere smentiti.

    Cast

    Mamoudou Athie – Dan Turner
    Dina Shihabi – Melody Pendras
    Evan Jonigkeit – Samuel
    Ariana Neal
    Matt McGorry
    Martin Donovan Martin Donovan …
    Daniel Johnson Daniel Johnson …
    Kate Eastman Kate Eastman …
    Charlie Hudson III Charlie Hudson III …
    Kristin Griffith Kristin Griffith …
    Johnna Leary Johnna Leary …
    Eden Marryshow Eden Marryshow …
    Jacqueline Antaramian Jacqueline Antaramian …
    Jaxon Rose Moore Jaxon Rose Moore …
    Trayce Malachi Trayce Malachi …
    Sol Miranda Sol Miranda …
    Hilda Ivette Rodriguez Hilda Ivette Rodriguez …
    Martin Sola Martin Sola …
    Shay Guthrie Shay Guthrie …
    Gameela Wright Gameela Wright …
    Africa Miranda Africa Miranda …
    Allyson R. Hood Allyson R. Hood …
    Penelope Bauer Penelope Bauer …
    Frances Chao Frances Chao …
    Dennis Joseph Dennis Joseph …
    Georgina Haig Georgina Haig …
    Roger Petan Roger Petan …
    Robert Kwiatkowski Robert Kwiatkowski …
    Meg Hennessy Meg Hennessy …
    Nick Podany Nick Podany …
    Gilles Geary Gilles Geary …
    Zach Villa Zach Villa …
    Ellen Adair Ellen Adair …
    Michelle Federer Michelle Federer …
    Emy Coligado Emy Coligado …
    Mitzi Akaha Mitzi Akaha …
    Anaya Farrell Anaya Farrell …
    Ken Bolden Ken Bolden …
    Carla Brandberg Carla Brandberg …
    Curtis Caldwell Curtis Caldwell …
    Ebony Cunningham Ebony Cunningham …
    Jay Klaitz Jay Klaitz …
    Rosie Koster Rosie Koster …
    Angela Nicole Hunt Angela Nicole Hunt …
    Jake Andolina Jake Andolina …
    Ahlam Abbas Ahlam Abbas …
    Kaylin Horgan Kaylin Horgan …
    Teri Clark Teri Clark …
    Joseph Cannon Joseph Cannon …

    Trailer ufficiale

     

     

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