interrompiamo le trasmissioni, interrompiamo le trasmissioni per comunicarvi una notizia straordinaria, interrompiamo il programmazione. Ci sono state diverse occasioni nella storia in cui le trasmissioni televisive sono state interrotte a causa di eventi di grande rilevanza o di emergenze nazionali o internazionali.
L’interruzione dei programmi TV per un’edizione straordinaria potrebbe essere interpretata come un’alterazione dell’ordine e della routine quotidiana, che sono importanti per mantenere un senso di sicurezza e controllo nell’individuo. Secondo Freud, classicamente, gli esseri umani sono motivati da due impulsi principali: l’impulso di vita (Eros) e l’impulso di morte (Thanatos). Quando viene interrotto il flusso normale delle attività quotidiane, può suscitare ansia e conflitto nel soggetto. Inoltre, dal punto di vista freudiano, potrebbe essere interpretato anche come una minaccia alla sfera del piacere e della soddisfazione immediata (principio di piacere), in quanto l’individuo è costretto a interrompere ciò che stava facendo per fronteggiare una situazione imprevista e spesso stressante. In aggiunta, alcuni potrebbero interpretare l’interruzione dei programmi TV come un’invadenza nell’ambito della sfera privata e personale (principio di privacy), che potrebbe generare sentimenti di frustrazione e disagio. In alcuni casi, negazione di quello che sta succedendo.
Ecco alcune notizie che hanno portato all’interruzione delle trasmissioni.
Assassinio di John F. Kennedy
Il 22 novembre 1963, l’assassinio del presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy ha portato all’interruzione delle trasmissioni televisive in tutto il mondo.
Pandemia di Covid-19
11 settembre 2001
Gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 hanno causato l’interruzione delle trasmissioni televisive in molti paesi, mentre il mondo intero seguiva gli eventi in tempo reale.
Morte di Diana, principessa del Galles
Il 31 agosto 1997, la morte di Diana, principessa del Galles, in un incidente automobilistico ha portato all’interruzione delle trasmissioni televisive in tutto il Regno Unito e in molti altri paesi.
Guerra del Golfo
Durante la Guerra del Golfo nel 1991, le trasmissioni televisive furono interrotte o modificate per fornire aggiornamenti in tempo reale sul conflitto.
Morte di Papa Giovanni Paolo II
La morte di Papa Giovanni Paolo II nel 2005 ha portato all’interruzione delle trasmissioni televisive in tutto il mondo mentre il Vaticano annunciava la notizia e si tenevano cerimonie di lutto.
Allunaggio dell’Apollo 11
Nel luglio 1969, le trasmissioni televisive furono interrotte in molti paesi per trasmettere in diretta l’allunaggio dell’Apollo 11 e il primo passo dell’uomo sulla Luna.
Attentati di Parigi del novembre 2015
Gli attentati terroristici di Parigi del novembre 2015 hanno portato all’interruzione delle trasmissioni televisive in Francia e in molti altri paesi europei mentre la situazione si evolveva.
Attentati di Boston del 2013
Gli attentati alla Maratona di Boston del 2013 hanno portato all’interruzione delle trasmissioni televisive negli Stati Uniti mentre la città era sotto lockdown e le autorità cercavano i responsabili.
Da due settimane Archive 81 – Universi alternativi di Rebecca Thomas si trova sulla cresta dell’onda tra gli spettatori di Netflix, anche in Italia – dove è comparsa con tanto di buon doppiaggio (tanto vale scriverlo a chiare lettere). Classe 1984, la Thomas è nota per il film (ispirato a Pasolini, per la cronaca) Electrick Children e per un episodio (il primo ) di Stranger Things, oltre che per questo Archive 81 prodotto e distribuito da Netflix e Atomic Monster, con Paul Harris Boardman e James Wan (Insidious, Saw: L’enigmista) come produttore esecutivo.
VHS ritrovate, ambientazione da inizio anni 80, tensione e distorsioni temporali ci conducono in una dimensione narrativa complessa, accattivante e che si preannuncia piuttosto lunga. Ma cosa c’era in quelle videocassette?
Trama
Dan è un esperto di archivistica in grado di recuperare vecchi nastri di VHS d’epoca, riportandoli in condizione di poter essere visionati. Durante il proprio lavoro si imbatte nella singolare storia del condominio Visser, distrutto da un incendio ed i cui condomini sembrano scomparsi nel nulla. Una multinazionale di cui non si sa nulla nemmeno dal web, nel frattempo – la LMG – lo contatta per proporgli un restauro pagato una cifra spropositata, da svolgersi in una casa sperduta modello Shining. Inutile sottolineare che durante il proprio lavoro succederanno strane cose: i personaggi dei filmati VHS sembrano quasi rivolgersi a lui, e la figura del padre del protagonista (prematuramente scomparso) apparirà all’interno di uno dei nastri.
E se la LMG fosse un’enorme multinazionale di giochi da tavolo? […]
Recensione
La genesi dell’opera è senza dubbio curiosa perchè, tanto per cominciare, è stata prodotta sulla falsariga narrativa dell’Inferno di Dante Alighieri. Quantomeno, il riferimento è sostanziale: il protagonista si chiama Dan (T.), mentre il suo accompagnatore sarà, come si scoprirà, Virgil. Ma non solo: non mancano i personaggi di Beatrix, il cerchio (riferimento a quello dantesco) e naturalmente, essendo una serie thriller horror, Kharon, il Caron dimonio. Alla base della trama gli aspetti più inquietanti legati alle videocassette VHS (per qualche strano motivo quel formato video induce una specie di paura ancestrale) nonchè alla storia, confermata solo in parte, che alcune di esse fossero state commercializzate come snuff (ovvero filmati in cui si assiste a morti reali, di animali o persone, non sceneggiate o simulate). L’inferno di Archive 81 non sembra dissimile da quello mortifero, inquietante e a suo modo ordinario di Antrum.
Fosse solo una serie TV modello mockumentary horror, forse, non varrebbe forse neanche la pena approfondirla: certo, i riferimenti ad elementi fondanti di film come V/H/S, The last horror movieThe poughkeepsie tapes, S&MAN non sono da poco, e restano sostanziali. Ma c’è dell’altro, e basta vedere i primi trenta minuti dell’episodio pilota (su Netflix, ovviamente) per capacitarsene. Peraltro, gli stessi vengono declinati dentro Archive 81 (dove 81 fa riferimento all’anno 1981, per capirci) nel senso più paranoico possibile. Ed è chiaro che Dan è un archetipo, oltre che letteralmente dantesco, del protagonista medio di serie come Ai confini della realtà, travolto o coinvolto da un gioco più grande di lui, forse manipolato da tante scatole cinesi panottiche, in cui tutti possono spiare tutti. Nulla di diverso dal mondo qualunquista e iperconnesso in cui viviamo, in effetti, e di cui questo Archive 81 si mostra in tutta la propria preoccupazione, tensione e paranoia, per una serie che è (solo per comodità) di genere horror sovrannaturale e che, ad oggi, conta otto episodi in tutto. Molto probabilmente e come da tradizione, non si fermerà neanche a questi ultimi.
Del resto il buon Dan, difensore della propria privacy dalle incursioni internet (come dice a più riprese lui stesso), a parte essere un personaggio romeriano – un solitario, oppresso dalla società e di etnia afro-americana, come il Duane Jones / Ben de La notte dei morti viventi – è uno scettico convinto: non crede al sovrannaturale, lo rigetta e nasconde un passato traumatico (aveva pure un padre docente di psicologia, come se non bastasse). Un vero e proprio en plein di stereotipi psico-sociali – e, anche solo per questo, vittima designata delle peggiori sofferenze di qualsiasi opera di questo tipo.
Opera molto diretta, pertanto, ispirata ad un sottogenere mockumentary preciso e a suo modo archetipica (nonostante l’idea di fondo non sia nuova), diretta brillantemente da una regista con le idee chiare. Girata, peraltro, riportando alla luce le narrazioni classiche di pseudo-snuff exploitativi, paranoici e gran guignoleschi come quelli citati: il mood paranoico e spaventoso non è cambiato, e farlo diventare una serie TV relativamente pop non era cosa banale.
Tanto più se nel farlo si evitano gli eccessi dei vari filmacci qui citati, rimanendo su un equilibrio visuale e comunicativo di sostanza, che si riflette, soprattutto, in un horror lucido quanto onirico, anche solo nella trovata dei “paralleli comunicanti” mediante nastri VHS. Nastri, questi ultimi, simbolo di un tempo che non c’è più, di un filmato amatoriale che è simbolo quasi implicito di scheletro nell’armadio, filmato amatoriale come locuzione più ambigua che mai (..amatoriale in che senso?). Un cinema ritrovato on the road, parte del vissuto di ognuno di noi,un espediente narrativo in parte abusato ma che qui, nonostante tutto, si rinnova con saggezza nel gioco di ricicli del caso.
Archive 81 è anche debitore di (ovvi?) echi ottantiani, gli stessi che serie come Stranger Things hanno saputo sfruttare (forse in vaga modalità poser, in quel caso), sulla falsariga del dubbio ancestrale che un qualche parente di qualsiasi famiglia custodisse sempre e comunque VHS atipiche nell’armadio della nonna. Ma anche solo (se preferite) del sano, classico e archetipico effetto nostalgia, lo stesso rievocato periodicamente da radio e TV – nonchè sbeffeggiato da South Park mediante la trovata dell’uva parlante, i ricordàcini.
Effetto che in questa sede va al di là della semplice evocazione modello “si stava meglio quando si stava negli anni 80″: grazie alla trovata dei mondi paralleli alternativi, di fatto, dentro Archive 81 il sottogenere acquisisce, finalmente, nuova linfa. Suscita, a suo modo, curiosità rinnovata, anche nel pubblico meno propenso o più disilluso da mille mostri e villain considerati poco attuali o poco credibili. Il tutto anche grazie all’idea di un protagonista credibile quanto insolito, affiancato da una sorta di doppelganger femminile con cui ovviamente, si instaurerà fin da subito una sorta di legame psichico. Due protagonisti – forse volutamente, a questo punto – fuori norma, romeriani e carpenteriani a tutti gli effetti perchè multi-etnici, umani e coinvolgenti.
Ci basta questo per farci amare, una volta tanto, una serie TV: specie noi che difficilmente le apprezziamo, in generale, siamo felici di essere smentiti.
Cast
Mamoudou Athie – Dan Turner Dina Shihabi – Melody Pendras Evan Jonigkeit – Samuel
Ariana Neal
Matt McGorry
Martin Donovan Martin Donovan …
Daniel Johnson Daniel Johnson …
Kate Eastman Kate Eastman …
Charlie Hudson III Charlie Hudson III …
Kristin Griffith Kristin Griffith …
Johnna Leary Johnna Leary …
Eden Marryshow Eden Marryshow …
Jacqueline Antaramian Jacqueline Antaramian …
Jaxon Rose Moore Jaxon Rose Moore …
Trayce Malachi Trayce Malachi …
Sol Miranda Sol Miranda …
Hilda Ivette Rodriguez Hilda Ivette Rodriguez …
Martin Sola Martin Sola …
Shay Guthrie Shay Guthrie …
Gameela Wright Gameela Wright …
Africa Miranda Africa Miranda …
Allyson R. Hood Allyson R. Hood …
Penelope Bauer Penelope Bauer …
Frances Chao Frances Chao …
Dennis Joseph Dennis Joseph …
Georgina Haig Georgina Haig …
Roger Petan Roger Petan …
Robert Kwiatkowski Robert Kwiatkowski …
Meg Hennessy Meg Hennessy …
Nick Podany Nick Podany …
Gilles Geary Gilles Geary …
Zach Villa Zach Villa …
Ellen Adair Ellen Adair …
Michelle Federer Michelle Federer …
Emy Coligado Emy Coligado …
Mitzi Akaha Mitzi Akaha …
Anaya Farrell Anaya Farrell …
Ken Bolden Ken Bolden …
Carla Brandberg Carla Brandberg …
Curtis Caldwell Curtis Caldwell …
Ebony Cunningham Ebony Cunningham …
Jay Klaitz Jay Klaitz …
Rosie Koster Rosie Koster …
Angela Nicole Hunt Angela Nicole Hunt …
Jake Andolina Jake Andolina …
Ahlam Abbas Ahlam Abbas …
Kaylin Horgan Kaylin Horgan …
Teri Clark Teri Clark …
Joseph Cannon Joseph Cannon …
Farmaci per l’alterazione della personalità. Uso dell’ipnosi per scopo manipolatorio di un soggetto. Sostanze atte ad inibire temporaneamente qualsiasi movimento. Possibilità di produrre sintomi di malattie senza alcuna reale infezione (malattie simulate). Uso di allucinogeni e somministrazione ad alcuni soggetti, al fine testarne la resistenza mentale agli interrogatori e a condizioni di stress. Sono soltanto alcuni degli obiettivi che gli USA provarono a portare a termine, dal 1953 al 1977, relativamente ad uno dei progetti segreti più inquietanti mai venuti alla luce nella storia. Il progetto MKUltra (scritto a volte MK-Ultra), nome in codice di un programma di sperimentazione governativo sugli esseri umani, in seguito sciolto perchè considerato illegale e nato su iniziativa della CIA (Central Intelligence Agency).
Una storia vera e documentata da numerose prove (più di 2 milioni di pagine di documenti declassified), più che altro a livello di bilancio di spesa (che provano, pertanto, essenzialmente che il governo USA finanziò questo genere di attività), desecretate nel 1977 su iniziativa del Freedom of information act (nonchè disponibili online nel sito TheBlackVault). Tra i film più popolari incidentalmente ispirati a questa vicenda troviamo, ad esempio, The Manchurian candidate (vecchio cult del 1962, rifatto nel 2004 con Denzel Washington protagonista), tratto dal romanzo omonimo di Richard Condon, ed incentrato sul lavaggio del cervello subito da un militare americano, indottrinato al pensiero comunista.
Sulla falsariga della storia di MKUltra (e dei suoi sotto-progetti specializzati su vari ambiti) sono nate e si sono evolute decine di fantasie di complotto, non a caso, che sembravano ispirarsi proprio a questa storia – una delle rare storie più documentate di questo tipo. Prima di puntare, pertanto, la non falsificabilità delle fantasie complottistiche, ridurre il debunking ad una questione inter nos e minimizzare il problema ad un fatto socio-culturale, trattandolo con snobismo e polarizzando i pareri, sarebbe almeno il caso di conoscere questa storia nel dettaglio, anche perchè gli spunti di interesse sono numeri, tragici, interessanti e soprattutto realmente avvenuti.
Screenshot tratta da alcuni documenti desecretati, https://www.theblackvault.com/documentarchive/
Gli esperimenti di MKUltra sono diventati, per quello che vale, anche un “modello” ideale di moltissime teorie del complotto diffuse fino ad oggi. Con la differenza che in questo caso i fatti sono avvenuti sul serio: si indagava ad esempio sull’uso di LSD durante gli interrogatori, su tecniche di lavaggio del cervello e di tortura psicologica. Il programma rimase segreto per molti anni e coinvolse, come nel più inquietante dei film di fantascienza, inconsapevoli cittadini statunitensi e canadesi.Cosa resa ancora più spregevole, peraltro, dalla scelta di somministrarle alla parte debole della società: emarginati, tossicodipendenti, prostitute, in modo tale da ridurre al minimo le possibilità di ritorsioni legali.
Frank Olson, biologo americano (1910-1953), coinvolto nelle attività di somministrazione di LSD a soggetti inconsapevoli. Morì cadendo da una finestra dell’Hotel Pennsylvania, New York, forse in stato di depressione. La vera causa della sua morte resta uno dei più controversi punti interrogativi sul progetto MK Ultra.
La sperimentazione prevedeva, da quello che sappiamo, anche l’uso di elettroshock, abusi sessuali e verbali, ipnosi e deprivazione sensoriale. Gran parte di quello che sappiamo ad oggi su MK Ultra, peraltro, deriva da una documentazione ufficiale estremamente frammentata (che riuscirono, almeno in parte, a far sparire per sempre), ma soprattutto da un documentario prodotto dalla ABC News (emittente TV statunitense) dal titolo “Mission Mind Control“.
Gli ingredienti di un complotto da manuale ci sono tutti, e fa impressione come collidano con topos classici del mondo delle dietrologie: cittadini usati come cavie, esperimenti segreti per testare il controllo della mente, tecniche di manipolazione da usare per gli interrogatori ed un retaggio inquietante che fu, almeno in parte, trascinato in ambito militare USA fino ai crimini di Abu Graib, giusto per citare un caso molto noto. E soprattutto l’insabbiamento finale, l’occultamento e la distruzione delle prove di quanto era avvenuto, con una freddezza degna di un episodio di X-Files e con la differenza, sostanziale, che questi fatti sono ampiamente documentati. L’uso di LSD venne peraltro incoraggiato da parte dei dipartimenti universitari di ricerca negli USA, tanto più che qualcuno sospetta un collegamento diretto con l’utilizzo, su larga scala, della sostanza psicotropa, giusto negli anni 60 dei primi hippie e della controcultura.
Grottescamente, a questo punto, proprio con il contributo della CIA.
Il caso di James Thornwell, scomparso nel 1984 in seguito ad una crisi epilettica mentre era in piscina, è un ex militare USA sottoposto a dosi di LSD all’interno del progetto MK Ultra. Lo scopo ufficiale della sperimentazione era verificare se fosse possibile spingere un prigioniero a confessare a prescindere dalla sua volontà. Gli venne somministrato allucinogeno a sua insaputa durante un interrogatorio, scoprendo in seguito che la cosa si era ripetuta per 16 anni. Intentò causa al governo, chiedendo 10 milioni di dollari di danni, ma ne ottenne solo 625.000 su un fondo fiduciario. Soffrì di disordini mentali e dolori fisici per tutta la vita, e non riuscì a trovare un altro lavoro (fonte)
Il progetto viene avviato nel 1953 dall’allora direttore della CIA Allen Dulles, con la consulenza scientifica di Gottlieb, cercando di emulare le presunte tecniche di plagio mentale attuate dal blocco sovietico contro alcuni prigionieri americani, “convertiti” alla causa del comunismo, almeno secondo le informazioni dell’epoca. MKUltra ha tentato, senza successo, di produrre una droga della verità per interrogare le spie sovietiche durante la Guerra Fredda, mediante il progetto noto come “Perfect Concussion“, tra cui l’uso di tecniche per cancellare la memoria.
Uno degli aspetti più impressionanti di MK Ultra fu legato allo studio di tecniche per costringere un soggetto a confessare qualcosa al di là della sua volontà: fu quanto sponsorizzò a più riprese una delle anime scientifiche del progetto, il chimico Sidney Gottlieb , che approvò l’uso di LSD nel progetto, con riferimento alle tecniche controverse di “svuotamento del cervello” promosse da psichiatri come Donald Cameron.
Un’altra vittima celebre di quel periodo (così pieno di misteri e sotto-storie trafugate in seguito) fu il tennista Harold Blauer, ricoverato in clinica per uno stato depressivo e sottoposto ad un’iniezione di MDA, all’epoca studiato come arma chimica per indurre la schizofrenia nel soggetto. Molti anni dopo, nel 1987, un tribunale condannò il governo a pagare 700 mila dollari alla famiglia di Blauer, a titolo di risarcimento per aver utilizzato l’uomo come cavia umana.
Lo scopo di sviluppare procedure e identificare droghe psicoattive da usare per indebolire le persone e forzarnee le confessioni attraverso il lavaggio del cervello e la tortura psicologica è suggestiva e racconta una storia segreta di una nazione occidentale realmente incredibile (e non sarà nemmeno la prima volta, a dirla tutta), ma non è purtroppo esente da buchi narrativi e da lacune colmate, in molti casi, senza prove documentali.
Al di là del tono vagamente psichedelico della ABC News, forzato sul sensazionalismo in mancanza d’altro, non si può fare a meno di notare che molti dei fatti dell’epoca sono dati per assodati per associazione di idee, e sulla base di semplici affermazioni che potrebbero essere lacunose. Come forse è avvenuto, ad esempio, in quella che viene definita la prima intervista pubblica dello psichiatra della CIA John Gittinger (artefice del modello di personalità noto come Personality Assessment System), si riferisca l’uso di LSD da parte dei sovietici da prima che ci pensassero gli USA, per quanto lo scienziato riconosca di non avere vere e proprie prove a riguardo.
Come in una teoria del complotto della migliore fattura, quanto sappiamo su MK Ultra e sulle sue ambizioni (ambizioni che già renderebbero inquietante il tutto, figurarsi se qualche tentativo è stato realmente fatto su cavie umane, come risulta dai documenti) è comunque solo una parte dell’iceberg, e certi legami e volontà politiche in ballo probabilmente sono state cancellate per sempre dalla storia.
La maggior parte dei documenti ufficiali su MKUltra sono stati distrutti nel 1973 per ordine del direttore della CIA Richard Helms, per cui molte delle informazioni disponibili sull’argomento è possibile che non siano totalmente esatte. È sicuro che il progetto fu finanziato e che ci furono almeno 150 sotto-progetti di ricerca seguiti direttamente dalla CIA. Il suggerimento generale è quello di vedere il video, di neanche un’ora, ricco di testimonianze dirette, omissioni forse in parte romanzate, cinismo ed autentici imbarazzi dei soggetti interpellati sul tema, che raccontano come andarono le cose. Di seguito trovate il video in questione, in versione integrale, del documentario Mission: Mind Control.
A 200 anni dalla nascita di Fëdor Michajlovič Dostoevskij vale la pena ripercorrere, anche solo per qualche istante, la serie sconfinata dei più importanti film che sono legati alle sue opere letterarie.
Fëdor Dostoevskij nasce l’11 novembre 1821 a Mosca, e venne introdotto alla letteratura in tenera età attraverso fiabe e leggende di autori russi e stranieri dell’epoca. La madre dello scrittore morì nel 1837 quando aveva 15 anni e, nello stesso periodo, lasciò la scuola per entrare all’Istituto di ingegneria militare Nikolayev. Dopo la laurea, Dostoevskij ha lavorato come ingegnere e per un breve periodo ha goduto di uno stile di vita sontuoso, dove la letteratura gli permise di guadagnare qualche extra mediante traduzioni.
A metà degli anni Quaranta scrisse il suo primo romanzo, Povera gente, che gli valse l’ingresso nei circoli letterari di San Pietroburgo. Trascorse quattro anni in un campo di prigionia siberiano e fece sei anni di servizio militare obbligatorio, per poi dedicarsi alla carriera di giornalista. Alla fine, sulla falsariga dei suoi autori preferiti (Gogol, Shakespeare, Dickens, Hugo, Poe, Hegel, Hoffmann e Platone, tra gli altri) divenne uno degli scrittori russi più letti e apprezzati.
Le opere letterarie di Dostoevskij esplorano la psicologia umana nelle travagliate atmosfere politiche, sociali e spirituali della Russia del XIX secolo e si confrontano con una varietà di temi filosofici e religiosi. Ed è anche normale che, nel cinema, la maggioranza delle opere tratte dai suoi libri riflettano esattamente questo spirito.
Eccovi infine i cinque film che abbiamo scelto di riproporvi.
Le notti bianche
Si tratta di è un film drammatico romantico del 1957 diretto da Luchino Visconti, basato sull’omonimo racconto dell’autore russo. È stato sceneggiato per lo schermo da Visconti e Suso Cecchi d’Amico, ed è ricordato per le interpretazioni di Maria Schell, Marcello Mastroianni e Jean Marais. Il film venne osannato incondizionatamente dalla critica e dal pubblico, oltre a vincere un Leone d’argento alla XVIII Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Il giocatore
By Unknown – http://www.unifrance.org/film/2314/le-joueur#&gid=1&pid=1, Fair use, https://en.wikipedia.org/w/index.php?curid=55200387
Il giocatore è un film drammatico italo-francese dell’anno1958, diretto da Claude Autant-Lara e interpretato da Gérard Philipe, Liselotte Pulver e Françoise Rosay. I set del film sono stati progettati dal direttore artistico Max Douy, mentre il film è stato girato ai Billancourt Studios di Parigi.
I fratelli Karamazoff
By www.ivid.it, Fair use, https://en.wikipedia.org/w/index.php?curid=42144753
I fratelli Karamazov (italiano: I fratelli Karamazoff) è un film drammatico italiano del 1947, diretto da Giacomo Gentilomo e interpretato da Fosco Giachetti, Lamberto Picasso e Mariella Lotti. È basato sul romanzo del 1880 di Fëdor Dostoevskij, ed è uno dei due film tratti dal libro (l’altro è un’opera russa). Il film ha vinto due Nastro d’Argento, per la migliore sceneggiatura e per la migliore colonna sonora, mentre i set del film sono stati progettati da Alberto Boccianti.
Delitto e castigo
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Un operaio di un mattatoio, Antti Rahikainen (Markku Toikka), uccide un uomo. Nel frattempo una donna di un servizio di catering che è arrivata per organizzare una festa è l’unica testimone: sceglie di non chiamare la polizia, e gli dice di andarsene. Mentre la polizia gli dà la caccia, Rahikainen salta il lavoro e inizia a vagare per Helsinki, vedendo un articolo sull’omicidio sul giornale.
Si tratta in questo caso di un film del 1983 diretto da Aki Kaurismäki. È il primo lungometraggio del regista ed è basato sull’omonimo romanzo di Fëdor Dostoevskij del 1866. Nel 1984 ha vinto due Jussi Awards: per il miglior film d’esordio e per la migliore sceneggiatura.
L’idiota
L’idiota (白痴, Hakuchi) è una delle tante riedizioni del libro omonimo, diretto nel 1951 da Akira Kurosawa. La versione originale del film durava ben 265 minuti ed è considerata perduta, mentre quella di cui disponiamo ad oggi è di circa 3 ore e dovrebbe essere quella più vicina alla volontà del regista. I personaggi della storia sono coinvolti in una trama complessa che ricorda una rete o un groviglio di relazioni.
https://www.youtube.com/watch?v=8Sbpys-wk4Y
Foto di copertina di Vasily Perov – kgHBFHS7SpcayQ at Google Arts & Culture, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=13499483
Bonding è una serie TV uscita nel 2018 (e terminata quest’anno) da riscoprire, per chi non l’avesse vista, per una varietà di motivi: tanto per cominciare, la durata degli episodi, di circa venti minuti ciascuno, a comporre due sole stagioni (la terza, inizialmente annunciata, non sembra che uscirà mai). In secondo luogo, gioca a suo vantaggio la fresca leggerezza della narrazione, in grado di disseminare gli episodi di spunti auto-ironici e di personaggi gradevoli.
In ultimo ma tutt’altro che ultimo come importanza, BONDiNG tende mediamente a normalizzare gli aspetti sessuali della vita di chiunque, affrontando con disinvoltura tabù medi e grandi della società in cui ci pregiamo di vivere. Gli stessi tabù a cui siamo soggetti senza volerlo davvero, a volte, abbagliati da false conquiste e da aperture solo di facciata così come, altrettanto spesso non perfettamente a nostro agio nel rendere pubbliche le nostre perversioni. BONDiNG ha il merito di normalizzare il mondo del feticismo sessuale osando rappresentare l’eccitazione sessuale in modo fortemente soggettivizzato, non soltanto esternando o alludendo (senza stereotipi) a relazioni omosessuali, tra docente e studente e via dicendo.
Ed è proprio la leggerezza di fondo ad essere il suo punto di forza; con un tono non certo da trattato filosofico sul genere (modello Cronenberg o Von Trier), bensì dando spazio alle fantasie sessuali umane e, per l’appunto, rendendole accettabili. Un pregio considerevole, a conti fatti, considerando l’arretratezza culturale in cui si vive in molte parti del mondo, ma anche allargando l’osservazione al mondo delle serie e dei film Netflix incentrati sul tema del sesso, che su altri frangenti è quasi sempre costituito da banalità malassortite e sedicenti role play, triti e ritriti.
La questione è complessa, più di quanto possa sembrare: certi cambiamenti come l’effettiva parità tra i generi alla fine si raggiungeranno, sperabilmente, ma credo anche sia necessario introdurre un concetto di gradualità nell’introduzione. L’assalto frontale alla società benpensante, da sempre teorizzato e praticato da tanti, rimane ovviamente lecito, ma c’è anche il dubbio che si possa arrivare ad una maggiore accettazione anche in modo più indiretto. Non che l’opera di Rightor Doyle (con Zoe Levin e Brendan Scannell, tra gli altri) ambisca a farlo a livello di “manifesto”, ovviamente, ma di sicuro è lecito leggera la popolarità della serie almeno in termini di piccolo segnale positivo.
Cosa non da poco, dicevamo poco fa visto che si parla di pratiche bondage, BDSM in genere, female domination, fetish, pissing e via dicendo, pratiche sessuali effettivamente esistenti e parte, piaccia o meno, del dark side sessuale di ognuno di noi. In questo frangente sorprende come, fin dal primo episodio, lo stereotipo sia smentito: a partire da quel Pete il timido che sembra lasciare spazio alla più becera stereotipizzazione da commedia americana, tra studentesse attratte dal docente di psicologia (eccallà), una protagonista dalla doppia vita da matricola e sex worker e naturalmente l’immancabile, l’immarcescibile, l’indomabile “amico gay” di lei, per cui non serve essere esperti di studi di genere per intuirne la portata banalizzante (l’unica vera pecca, forse, a livello di caratterizzazione dei personaggi).
Stereotipare e banalizzare, parlandone più in generale: tutto questo BONDiNG non lo ha fatto, e gliene va dato atto. Le critiche che vennero espresse all’epoca dalla community delle dominatrici di professione, in effetti, che lo accusarono di eccessiva superficialità, nonchè di non insistere abbastanza sull’aspetto consensuale di questo genere di attività, rischiano quasi di lasciare il tempo che trovano. Per lo stesso motivo per cui un film, non andrebbe dimenticato, esprime un punto di vista ed una panoramica del mondo per come regista, produzione ed attori lo vedono in quell’istante. Istante che, mentre leggete, potrebbe essere già superato da nuove conquiste.
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