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  • L’orrore sottile di undici storie creepypasta

    L’orrore sottile di undici storie creepypasta

    Con il termine creepypasta si intendono storie horror che girano su internet , a volte in forma di meme, con storie vere di mezzo o a volte raccontate come se fossero addirittura reali. La suggestione di queste storie, sostanza da urban legend vere e proprie in certi casi, è alla base del loro successo in tutto il mondo. Anche in Italia da qualche tempo sono state pubblicate e tradotte su vari forum e social network: noi oggi ve ne proponiamo un po’ tra quelle che ci sono piaciute di più.

    Etimologia

    Il termine “creepypasta” è un neologismo formato dalla combinazione delle parole “creepy” (inquietante, spaventoso) e “copypasta” (un termine che indica un testo copiato e incollato in rete). Quindi, “creepypasta” è letteralmente un “testo inquietante copiato e incollato”.

    La parola “creepy” ha origini incerte, ma è probabile che derivi dal termine inglese antico “creopan”, che significa “colei che fa strisciare”. “Pasta” nel contesto di “copypasta” si riferisce al fatto che il testo viene copiato e incollato in diverse piattaforme online.

    Il termine “creepypasta” è stato coniato per descrivere racconti brevi di natura horror o inquietante che vengono diffusi in rete attraverso il copia e incolla. Questi racconti spesso si diffondono velocemente attraverso forum, social media e siti web, contribuendo a creare una sorta di folklore moderno su internet.

    Breve storia delle creepypasta

    Secondo la studiosa dell’università di York Sara Bimo, non è facile stabilire quale sia stata la prima creepypasta della storia. Giornalisti come Jessica Roy del Time hanno rilevato somiglianze tra le creepypasta e le catene di Sant’Antonio degli anni Novanta, quelle che diffondevano bufale e leggende metropolitane minacciando un destino terribile agli utenti che non le avrebbero fatte girare. Storie dell’orrore come il Rake, un mostro fittizio creato dagli utenti di 4chan nel 2005, sono state considerate retroattivamente creepypasta.

    Altri studiosi del fenomeno considerano la storia del 2001 “Ted the Caver” la prima autentica creepypasta della storia (Ted Hegemann l’ha pubblicata sul suo blog).

    Le storie creepypasta originano da 4chan, e la cultura del sito web è stata certamente influente nel plasmare le caratteristiche del genere. Famosi siti dedicati alle creepypasta hanno cominciato a comparire dalla fine degli anni 2000: Creepypasta.com è stato creato nel 2008, mentre il Creepypasta Wiki e il r/NoSleep di Reddit sono stati creati entrambi nel 2010. Secondo Time magazine, il genere ha avuto il suo picco di pubblico nel 2010 quando è stato coperto dal New York Times. da qualche tempo esistono anche versioni italiane di sitidel genere come Creepypasta Wiki.

    La definizione di creepypasta si è espansa nel tempo per includere la maggior parte delle brevi opere di fiction horror la cui prima pubblicazione è avvenuta online. Nel tempo, l’autorialità è diventata sempre più importante: molte creepypasta sono scritte da autori nominati o, più frequentemente, da autori anonimi.

    SuicideMouse.avi

    Suicidemouse.avi è stato probabilmente il progenitore video di tutti gli episodi di creepypasta. Mostra Topolino che camminava lungo una strada senza fine con note random di piano in sottofondo. Il video diventa sempre più distorto e la musica si trasforma in statico. Guarda con i tuoi occhi.

    In sintesi, la storia narra di un presunto episodio perduto di Topolino degli anni ’30, noto come “Suicidemouse.avi”. Si dice che questo episodio sia stato rimosso dalla pubblicazione e che sia rimasto inedito per decenni. La storia si concentra su un dipendente della Disney, Leonard Maltin, che scopre casualmente una copia digitale del cartone animato. Tuttavia, ciò che scopre è molto più inquietante di quanto avesse previsto.

    Il video inizia come una normale animazione di Topolino che cammina per le strade di una città, ma ben presto assume un tono inquietante. La musica di sottofondo diventa un mormorio angosciante e l’immagine si distorce, mostrando una versione distorta e decomposta di Topolino. La situazione peggiora ulteriormente quando il dipendente di Maltin si suicida dopo aver visto il video fino alla fine, lasciando dietro di sé solo un messaggio criptico.

    La storia si conclude con la scoperta che il video contiene un frammento di testo in cirillico che dice:

    Le viste dell’Inferno riportano dentro chi le vede.

    Si insinua che il video sia maledetto o contenga qualcosa di sovrumano, e che cercare di trovarlo online potrebbe portare a conseguenze fatali.

    La storia è accompagnata da presunti link a “Suicidemouse.avi“, ma l’autore avverte il lettore di non guardarlo mai e di contattarlo immediatamente se mai dovesse trovarne una copia, suggerendo che ci sia qualcosa di molto sinistro dietro a questo cartone animato apparentemente innocuo.

    Sonic.exe

    Ero un grande fan di Sonic, appassionato dei nuovi giochi ma con un debole per i classici. Non avevo mai giocato a giochi hackerati o con glitch, ma tutto è cambiato quel pomeriggio d’estate.

    Stavo giocando a Sonic Unleashed quando il postino ha consegnato un misterioso pacchetto nella mia cassetta delle lettere. Era un gioco, Sonic.exe, accompagnato da una lettera strana di un amico, Kyle, che sembrava spaventato.

    La lettera implorava di distruggere il gioco, avvertendo che se non lo avessi fatto, sarebbe stato posseduto. Ignorando il consiglio di Kyle, ho inserito il CD nel computer. La schermata iniziale era simile al classico gioco di Sonic, ma con un sinistro tocco.

    Quando ho iniziato a giocare, ho notato anomalie: personaggi sbagliati, livelli distorti, e una sensazione di terrore crescente. Il gioco sembrava vivo, e Sonic, il protagonista, mostrava un volto malvagio e demoniaco.

    Man mano che procedevo, la realtà del gioco si confondeva con la mia. Creature morte, musica distorta e apparizioni spaventose facevano parte dell’esperienza. Mi sentivo intrappolato, come se il gioco avesse una presa su di me.

    E poi, Sonic. La sua immagine spaventosa, i suoi occhi bui e il sorriso distorto, mi tormentavano in ogni livello. La sua presenza sembrava pervadere il mio mondo reale, portandomi sempre più vicino al suo dominio oscuro.

    Anche quando spegnevo il gioco, la sua influenza persisteva. Sogni inquietanti, voci sinistre e un peluche di Sonic che mi fissava con occhi vuoti, tutto sembrava collegato al gioco maledetto.

    La paura mi avvolgeva, ma la mia curiosità era più forte. Ho continuato a giocare, sperando di trovare una via d’uscita da questo incubo interminabile. Ma Sonic non aveva intenzione di lasciarmi andare così facilmente.

    Ad ogni turno, il gioco diventava sempre più oscuro, sempre più demoniaco. Sonic si rivelava un dio malvagio, giocando con le anime intrappolate nel suo mondo distorto.

    E ora, sono qui, incapace di liberarmi da questa prigione digitale. Sonic mi osserva, sorridendo con quella faccia distorta, mentre io cerco disperatamente una via d’uscita.

    Ma forse, in fondo, Kyle aveva ragione. Forse distruggere il gioco è l’unica via d’uscita. Ma posso farlo? O sono destinato a rimanere intrappolato nel mondo di Sonic per sempre?

    Teddy the caver di Ted Hegemann

    “Ted the Caver” viene presentato come un diario online di un esploratore amatoriale di grotte. Il narratore si rifiuta, in primis, di rivelare nomi o luoghi effettivi per la presunta sicurezza dei suoi lettori. Racconta del suo amico “B” che avrebbe deciso di fare speleologia assieme a lui, trovano un piccolo buco nella “Caverna del Mistero”. Scopre che il buco porta a un passaggio stretto prima di aprirsi ulteriormente; eccitati all’idea che possa trattarsi di un passaggio inesplorato, i due passano giorni scavando instancabilmente.

    Man mano che gli esploratori si addentrano sempre più nella grotta, incontrano strani geroglifici, mentre venti minacciosi sembrano soffiare all’interno. In un ultimo post sul blog, Ted scrive che lui e i suoi compagni porteranno un’arma da fuoco nella grotta dopo aver vissuto una serie di incubi, allucinazioni e un incontro con ciò che potrebbe essere presumibilmente un essere soprannaturale.

    Il blog non è stato più aggiornato da allora.

    Il telefono

    Estate, tempo di vacanze: ero a casa dei miei genitori, di notte. Forse le 3 del mattina, ancora al PC a sbirciare siti e video improbabili sul web. Squilla il cellulare, era mia sorella. Cosa strana doppiamente perchè, al di là della stanza, mia sorella era in casa con me in quel momento.

    Ho pensato che volesse parlare con me, quindi mi sono alzato e sono andato in camera sua. Non appena ho raggiunto la sua porta, ha iniziato a urlare che qualcuno era nella stanza con lei. Sono entrato e non c’era nessuno. Dopo aver smesso di piangere mi ha detto che si è svegliata e ha visto un’ombra scura a pochi centimetri dal suo viso, ed è allora che ha gridato.

    Quando le ho detto che mi ha chiamato, mi ha detto che era impossibile: il suo telefono non era nella sua stanza, l’aveva dimenticato al piano di sotto, nella borsa, in soggiorno. Sul telefono risulta la chiamata ricevuta da lei a quell’ora, ma sul suo non risulta nulla.

    SlenderMan

    Molto prima che questo personaggio diventasse caratteristico di videogame e serie TV di successo, Slenderman (un ghoul minaccioso e dall’altezza spropositata) ha caratterizzato vari oscuri forum su internet, con i suoi arti innaturalmente lunghi.

    In genere Slenderman colpisce i bambini, e più in generale coloro che diventano ossessionati dalla sua esistenza, anche se nessuno sa esattamente cosa succede ai corpi catturati poiché nessuno è mai sfuggito a un incontro con lui. Slender Man è alto e magro, con una faccia bianca del tutto priva di lineamenti. Indossa un abito nero, e talvolta viene mostrato con tentacoli che fuoriescono dalla schiena. Può causare amnesia, attacchi improvvisi di tosse e comportamento paranoico nelle vittime.

    Nel 2014 è avvenuto un fatto di cronaca nera ispirato a questa leggenda: Payton Leutner è stata portata in una foresta da Anissa Weier e Morgan Geyser, dove è stata pugnalata dalle due per 19 volte. Riuscita a fuggire, è stata salvata da un ciclista, mentre Weier e Geyser sono state mandate in un ospedale psichiatrico. All’epoca dei fatti, avevano solo 12 anni.

    La casa che trema

    Eravamo ragazzini: circa dodici anni di età media, tutti i miei cugini e fratelli erano assieme a noi, mentre i genitori e i nonni erano fuori a cena. Mentre guardavamo un film dell’orrore la casa iniziò a tremare, e abbiamo visto un grande lampo dal cortile sul retro. La sensazione era come se fosse caduta una bomba poco distante, abbiamo avvertito questo: eravamo forse soltanto dei bambini molto impressionabili. Andammo a vedere in giro, fuori e dentro la casa, ma non c’era niente nè nessuno, tantomeno danni alla casa.

    I cugini più grandi del gruppo hanno discusso sulla possibilità di chiamare la polizia, ma poi hanno deciso di chiamare i nostri genitori. Dopo pochi minuti ci siamo fatti coraggio e ci siamo avventurati di nuovo in soggiorno, questa volta con le armi (per ogni evenienza). Dopo mezz’ora senza altri problemi, i genitori sono tornati a casa e hanno pensato che fossimo impazziti. Non c’era niente di sbagliato nel cortile, nessun vicino aveva segnalato nulla.

    Sono passati dieci anni e ne parliamo ancora adesso, ogni tanto, cercando di capire cosa fosse successo. È stata di gran lunga la cosa più spaventosa che mi sia capitata.

    La casa abbandonata

    Ai tempi del liceo, i miei amici e io ci eravamo impegnati a trovare case abbandonate in cui organizzare feste. Finchè non fui io ad individuarne una che vedevo sempre di sfuggita tornando da scuola, ogni giorno. Sembrava una casa abbandonata tipo quelle dei b-movie, diroccata e posta lì, antica, spettrale, quasi avulsa dal contesto. Così convinsi uno dei miei amici ad andare a vederla, in orario notturno, per capire se potessi organizzare il nostro party proprio lì.

    Ci andammo di notte, e mentre la illuminavamo coi fari senza scendere dalla macchina, un camion si stava avvicinando proprio nella nostra direzione. L’istinto ci suggerì di scappare: ma il camion iniziò a seguirci. Continuò a farlo per chilometri, noi sempre più spaventati. Alla fine riuscì a tagliarci la strada costringendoci a fermarci nei pressi di una stazione di servizio. Il mio amico pronto a chiamare la polizia col cellulare in mano, il camionista scese dalla macchina: bussò al finestrino chiedendo di aprire. Ero in preda al panico, non sapevo cosa fare. L’uomo ci chiese cosa ci facessimo lì, e noi blaterammo confusamente che eravamo lì soltanto perchè avevamo sbagliato strada. L’uomo restò in silenzio, poi sorrise, ci salutò e se ne andò.

    Tutte le volte che ripasso da quella strada, per tornare da scuola, non riusciamo più a vedere alcuna casa: era come sparita, scomparsa nel nulla. Tempo dopo scoprimmo che era avvenuto uno spaventoso incidente in quella zona, molti anni prima, che aveva causato la morte di un camionista. Ed è da allora che i party li organizziamo sempre a casa di qualcuno, mai più in case altrui abbandonate.

    Mai dormire in soggiorno

    In quel periodo avevo il permesso dei miei genitori di dormire in soggiorno: c’era questa grande finestra che dava sul giardino, che era scarsamente illuminato la sera perchè c’era un guasto. Guardavo un film e poi dormivo lì, anche perchè era estate e volevo sentirmi in vacanza, entuasista dell’idea di spulciare tra le vecchie videocassette di casa.

    Una notte mi sveglio con la sensazione di essere osservato: dal finestrone mi sembra di scorgere una sagoma, si tratta forse di un uomo, molto piccolo ma un uomo. Alla luce della luna lo vidi, e lui accortosi che l’avevo notato si dileguò. Avvisai subito i miei genitori, e mentre mia mamma mi tranquillizzava mio padre andò a controllare, accompagnato dal nostro cane: ma non aveva trovato nessuno, almeno così disse. Mi rimisi a dormire: la sagoma ricomparve, e mette un dito davanti alla bozza che scorgo nella penombra, sfoggiando anche un colore della pelle che non sembrava per nulla umano. Poi se ne andò, e non lo rividi mai più.

    La bici scomparsa

    Qualche estate fa sono andato a fare un giro in bicicletta intorno a mezzanotte con un amico: ci siamo separati alla fine della serata. Avevo ancora due isolati da percorrere per tornare a casa. Ho camminato per un po’, poi l’imprevisto: c’era quest’uomo che camminava da solo, forse sulla quarantina, un po’ trasandato, forse un vagabondo. Il marciapiede era stretto e non volevo spaventarlo, così quando fui a pochi metri da lui mi disse “stai attento”, guardandomi in malo modo. Corsi via ma lui iniziò a seguirmi, chiedendomi “dove vai, dimmi dove fai”. Mi resi conto che si trattava di una persona instabile, che avrebbe voluto forse abusare di me. Correva fortissimo ed io avevo paura di cadere dalla bici.

    Ero vicino casa, per cui feci un giro più lungo dell’isolato, accertandomi che non mi seguisse più. Poi tornai a casa seguendo un percorso molto contorto, e non lo vidi in giro. Arrivato sotto casa, posai la bicicletta e lui sbucò fuori dall’oscurità, mentre io correvo di nuovo via: non avendo la forza di raggiungermi, iniziò ad infierire sulla mia bici colpendola a martellate. I miei genitori sentirono tutto e come uscirono, l’uomo scappò via. Scoprimmo che era una persona instabile che poi venne curata per molti anni da uno psichiatra.

    Meglio non dormire sul ciglio della strada

    Circa due anni fa, stavo tornando a casa da una riunione di famiglia piuttosto tardi la sera: il viaggio era di circa due ore. La maggior parte del viaggio era su strade con fitti cespugli e alberi su entrambi i lati, quelli veramente raccapriccianti: sapete, di quelli che si vedono frequentemente nei film. Comunque, stavo guidando da circa 45 minuti e stavo cominciando a stancarmi davvero. Sai come a volte diventi improvvisamente davvero stanco, dal nulla? Ebbene sì, è successo a me. Sapevo che non avrei mai resisito, ma non ho incontrato nessun posto in cui sentivo di poter parcheggiare e dormire in sicurezza.

    Ad ogni modo, dopo che mi è diventato chiaro che non avrei trovato un posto dove fermarmi, e la mia stanchezza non stava andando via, ho deciso di fare qualcosa di parecchio discutibile. Mi sono fermato sul ciglio della strada sull’erba, dietro alcuni cespugli, per cercare di nascondere la mia macchina a chiunque altro sarebbe passato (le strade non erano vuote, mi sono imbattuto in un’altra macchina ogni pochi minuti circa ). Ho visto che erano le 11:22, e poi mi sono addormentato. Venni svegliato da un suono molto intenso.

    Guardai subito l’orologio, che segnava appena le 11:50. Il suono si interruppe dopo pochi secondi e, poiché ero ancora estremamente stanco, non mi preoccupai di guardarmi intorno e tornai semplicemente a dormire. Più tardi fui svegliato dallo stesso suono, ed erano le 12:40. Questa volta mi ero davvero spaventato: mi quasi convinsi che fosse solo un animale, ma perché quella regolarità? Ho guardato nello specchietto retrovisore, e sono riuscito a intravedere qualcosa che si nascondeva nella foresta. Un uomo, un assassino, una creatura dei boschi, non saprei dirlo.

    Fanculo, ho pensato tra me e me, quindi me ne sono andato. C’era una curva a non più di un centinaio di metri più avanti, e mentre la aggiravo, c’era una macchina del cazzo, parcheggiata sul lato della strada con la portiera del guidatore aperta. Ho rallentato solo per vedere se c’era qualcuno lì dentro (non c’era). Poi ho guardato nello specchietto retrovisore. Non ho visto niente e all’improvviso questo ragazzo arriva correndo dietro l’angolo. Inizia a urlarmi contro, gridando qualcosa tipo “Ehi! Ehi tu! Esci dalla macchina! Adesso!

    Sono uscito di lì e sono andato via. E non ho mai più visto nessuno. Morale della favola? Non dormire mai e poi mai sul ciglio di una strada deserta.

    Il cadavere ritrovato

    Qualche anno fa stavo camminando un po ‘per i boschi, fuori dai sentieri battuti. D’un tratto mi è capitato di sentire un odore dolciastro davvero molto forte, quasi insopportabile. Mi sono spinto in quella direzione e, alla fine, ho trovato il cadavere di un uomo. Un uomo apparentemente giovane che era chiaramente lì da un po’ di tempo, e non aveva certamente un bell’aspetto :tutto gonfio e nero-verdognolo, con vari pezzi di carne in fase di decomposizione.

    Ho chiamato la polizia, la quale mi ha detto di aspettare in zona fino al loro arrivo. Essendo nel mezzo del nulla, ci è voluto un po ‘prima che arrivassero: minuti interminabili, nel frattempo si è fatto buio e sono rimasto seduto vicino a lui per molto tempo. Poi si è scoperto che si era suicidato. Mi resterà impressa per tutta la vita la sensazione di dolciastro, inaspettatamente dolce legata ad un cadavere in decomposizione. È la risposta a chi si è chiesto (quale mente perversa avrebbe mai potuto!) che odore abbia realmente un cadavere che si decompone.

    La cosa sarebbe finita qui se non fosse che, nei miei sogni, quell’uomo torna a disturbarmi. Mi inquieta anche solo pensarci: lo avevo disturbato nel suo riposo eterno, e voleva vendicarsi di me. Spingendomi al suicidio ancora una volta. Di tanto in tanto compare ancora nei miei sogni, e senza dubbio lo farà anche stanotte, dopo che avrò finito di scrivere queste righe…

    0 Noctis 0, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

  • La torre nera: otto libri nel film di Nicolaj Arcel

    La torre nera, film del 2017 diretto dalla regia di Nicolaj Arcel e animato dalla destrezza dei due protagonisti principali interpretati da Idris Elba e Matthew McConaughey, è stato dichiarato dalla critica uno dei dei film più ambiziosi del 2017. Il film sarà stato all’altezza delle aspettative innalzate? Cerchiamo di scoprirne di più.

    È utile cominciare dall’idea del film e più precisamente dalla sua genesi esatta. Per chi non fosse un lettore incallito di Stephen King chiariamo subito che il film trae ispirazione dall’omonima saga dell’autore, una serie di romanzi, otto nello specifico, che sfiorando lo stile di vari generi dal fantasy, all’horror, al western, rintraccia le gesta del protagonista Roland, ultimo cavaliere vivente alle prese con la ricerca della Torre nera, un mitico edificio rappresentante la principale via d’accesso per l’universo, passaporto per tutti i mondi altri.

    È da qui che Nicolaj Arcel prende le mosse tentando di tradurre per immagini e filmicamente ciò che Stephen King stende e narra in oltre otto libri. Arduo è l’intento di Arcel obbligato a compiere naturalmente scelte registiche ben precise.

    Vari i punti di contatto tra la serie di romanzi e la pellicola, come varie sono le differenze. Accennando ai primi possiamo scovare nella scelta cinematografica di Arcel una linea ben precisa, quella di mettere ossia in contatto la tormentata ricerca di Roland all’interno del Medio-Mondo con le strane visioni manifestatesi nei sogni di Jake, un malinconico ragazzino che vive in una New York contaminata da mostri celati da sembianze umane che si muovono per la città rapendo ragazzi inconsapevoli dei propri poteri per destinarli ad altri mondi.

    Passando alle differenze, potremmo segnalare uno dei tratti maggiormente distanti del film rispetto ai libri. Il personaggio Eddie – assai importante nella serie di libri – che nel film non è stato introdotto, probabilmente per condensare al massimo gli intrichi della trama. Ritroviamo quest’ultimo tra le pagine della saga cimentarsi in indovinelli con Blaine riuscendo ad avere la meglio su di lui, come accade quando si trova in qualche bottega alle prese con i dadi, o quando più in generale giocando a blackjack riesce a vincere con un diciassette. Un numero, il diciassette, di cui secondo la strategia standard del blackjack classico sarebbe meglio non accontentarsi, ma per Eddie sembra rivelarsi piuttosto vincente.

    È quindi Jake il movente del film, il personaggio mediante cui possiamo accedere al Medio-Mondo. Jake è ossessionato da strani sogni al cui interno aleggia spesso una torre nera e un singolare pistolero, Roland Deschain. È grazie a uno dei disegni che Jake fa in seguito alle visioni che riesce a raggiungere un edificio al cui interno è posizionato un dispositivo che una volta attivato trasporrà il ragazzo in uno dei mondi paralleli.

    Da qui in poi il cammino di Jake si unisce e si fonde a quello del solitario pistolero Roland il cui obiettivo – oltre quello di raggiungere la Torre nera – è arrestare il sinistro mago Walter, impersonato da un accattivante Matthew McConaughey, uomo in nero che vuol abbattere la leggendaria torre.

    È in questi termini che il film, ammantato di una copertura fantasy, dispiega il suo potere più decisivo, quello di rinfrescare la manichea lotta tra male e bene, buio e luce, Walter e Roland.

    In questo senso probabilmente La torre nera attende le aspettative di tutti coloro che cercavano nel film non una mera trasposizione del libro. L’ardita operazione di Arcel si propone di rivestire i personaggi della saga di King di un’altra e più profonda luce. Quella che pertiene alla visione del mondo più antica di tutte e che non cesserà mai di esercitare il suo fascino sugli spettatori. Walter è il mago scaltro e efferato che vuole distruggere; Roland con Jake è il vessillo di chi lotta per offrire una possibilità al mondo.

    La torre nera di Arcel è certamente un prodotto che attraversa e si pone al di là di ogni aspettativa. Vedere per credere.

    Photo by cdrummbks / CC BY 2.0

  • meme topolino occhi è uno dei meme che preferisco

    meme topolino occhi (in inglese Mickey Mouse Eyes) è uno dei meme più popolari su internet, in particolare su Reddit, 4chan e X/Twitter.

    Il “meme topolino occhi” si riferisce a un’immagine di Topolino (il famoso personaggio Disney) con gli occhi spalancati, che è diventata popolare su Internet e è stata utilizzata in molti meme. In alcuni casi si prevede che Topolino abbia le mani dentro agli occhi, e in alcuni casi si veda proprio il sangue. Il significato è legato all’infanzia rovinata, ad un mito caduto, ad un qualcosa che è stato e che ci ha deluso, in qualche modo.

    Questa immagine di Topolino con gli occhi spalancati viene spesso associata a situazioni sorprendenti, scioccanti o sconcertanti. Ad esempio, potrebbe essere utilizzata per rappresentare una reazione esagerata a una notizia inaspettata o a una situazione insolita. La versatilità di questa immagine ha portato alla creazione di una vasta gamma di meme che utilizzano Topolino con gli occhi spalancati in modi creativi e (se possibile) divertenti.

  • Le regole del gioco di Curtis Hanson

    Le regole del gioco, titolo originale Lucky You, è un film del 2007 diretto dal regista americano Curtis Hanson, su soggetto e sceneggiatura di Eric Roth. Il gioco è da sempre uno dei temi più amati dall’arte, dalla letteratura e soprattutto dal cinema. Basti pensare a grandi pellicole come Cincinnati Kid di Norman Jewison, o a Casinò di Martin Scorsese. In particolare, il poker negli ultimi anni ha riscosso grandissimo successo, divenendo un fenomeno di costume. Il film è uscito proprio nel periodo in cui il poker ha raggiunto uno dei massimi picchi di popolarità.

    Protagonista della pellicola è Huck Cheever, un giocatore di poker professionista, interpretato da Eric Bana, da tutti conosciuto per il suo carattere difficile e per il suo fare da sbruffone. La passione e il talento per il gioco gli sono stati tramandati dal padre, L.C., ben due volte campione del mondo di Texas Hold’em. Quando siede al tavolo verde gioca sempre il tutto per tutto, osa moltissimo, ma nella vita ha un atteggiamento molto differente. È una persona molto cauta per tutto quello che riguarda il sentimento. Evita ogni coinvolgimento. È distaccato, freddo, scostante. Finché un giorno le cose cambiano radicalmente. Incontra Billie Offer, una ragazza che si è trasferita a Las Vegas sognando una carriera di successo come cantante. Lei è interpretata da Drew Barrymore.

    Fonte: Pixabay Autore: lindsayascott

    L’amore porterà grossi stravolgimenti, ma questa pellicola è molto di più che una semplice storia d’amore. Vediamo che Huck prova un forte rancore nei confronti di suo padre, colpevole di aver abbandonato la madre, morta poi solo dopo un anno dall’abbandono. Questo pensiero è una costante per Huck, che vince moltissimo al poker, ma puntualmente poi perde tutto per le ragioni più varie. Lui ha un’unica grande e potente aspirazione, ovvero quella di battere il genitore. Raccoglie 10.000 dollari e si iscrive al Main Event delle World Series of Poker. Grazie alle sue spiccate qualità di giocatore riesce a farsi strada nel torneo e a conquistare il tavolo finale. Proprio a questo tavolo, tra i suoi avversari incontra il padre. Inizia così una sequenza di fortissima tensione. Dopo aver eliminato i principali avversari, Huck si ritrova a giocare contro il genitore. La partita è molto tesa e dopo varie eliminazioni rimangono in gara solo Huck, un giocatore che aveva incontrato in passato (la prima volta che aveva partecipato a un torneo di poker dal vivo) e il padre. Nella pausa padre e figlio hanno un incontro diretto. L.C. approfitta del momento e racconta al figlio come sono andate veramente le cose tra lui e la madre. La cosa cambia di molto le carte in tavola. La posta in gioco è qualcosa di molto grande per entrambi.

    Il gioco tra i due diventa un simbolo. In un certo senso, le regole del poker diventano a tutti gli effetti una metafora delle regole della vita. È sano applicare strategia e tanta competizione nei rapporti personali? In diversi casi questo è un atteggiamento spontaneo, in altri casi meditare ogni mossa diventa un atteggiamento necessario. A fare da cornice a questa riflessione c’è Las Vegas, una città ritratta in modo piuttosto inedito. Niente sfarzo, niente insegne luminose, la Las Vegas di questo film è quella delle sale da gioco professionali, ben più raccolte delle grandi sale da gioco per turisti.

    La regia di Curtis Hanson è raffinata e ispirata ai grandi classici della tradizione cinematografica americana. I dettagli sono molto curati. Per certi versi la pellicola manca di sorprese e non tutte le sue parti sono sempre coerentissime con l’economia del film. Molto convincente la prova attoriale di Eric Bana, scelto da Eric Roth, che era rimasto molto sorpreso dalla sua interpretazione nel film Munich di Steven Spielberg. Drew Barrymore stupisce per le sue doti canore. Piccola gemma, il cameo di Robert Downey Jr.. Nel film appaiono inoltre dei veri e propri campioni del poker contemporanei, pokeristi riconosciuti a livello globale come Daniel Negreanu, Doyle Brunson, Phil Hellmuth, Sam Fahra, Cyndy Violette e molti altri ancora. Inoltre, il commentatore del torneo World  Series of Poker nella versione italiana del film è doppiato da Fabio Caressa. Questa pellicola, con tutti i suoi dettagli e le sue citazioni, è sicuramente una gioia per gli amanti del poker.

    Fonte: Pixabay – Autore: PixelAnarchy

  • Di che parla Rolling in the deep di Adele

    Il testo della canzone “Rolling in the Deep” di Adele è un’esplorazione intensa delle emozioni che accompagnano una relazione fallita. Vediamo molta rabbia, dolore e un senso di tradimento attraverso le parole della canzone.

    La prima strofa inizia con una metafora ardente, descrivendo il fuoco che inizia nel cuore della cantante. Questo fuoco rappresenta una passione intensa e una determinazione a far fronte alla situazione difficile. La frase “Reaching a fever pitch” suggerisce che la situazione sta diventando sempre più intensa e che la cantante si sente sempre più emotivamente coinvolta.

    La seconda strofa si concentra sul dolore e sul rancore che la cantante prova verso il suo ex partner. Lei rivela la sua intenzione di non essere sottomessa e di non permettere che il suo ex la tradisca impunemente. C’è anche un senso di rivincita, con la cantante determinata a dimostrare di essere più forte di quanto l’ex possa pensare.

    Le successive strofe esplorano i ricordi della relazione passata, con le cicatrici dell’amore che le ricordano ciò che è stato perso. C’è un senso di rimpianto per ciò che avrebbe potuto essere, ma anche una consapevolezza che la relazione era imperfetta e che l’ex partner non è riuscito a mantenere le promesse fatte.

    La sezione del ritornello, “We could have had it all / Rolling in the deep”, riflette su ciò che la coppia avrebbe potuto avere insieme, ma che è sfuggito loro. Il termine “Rolling in the deep” potrebbe suggerire un senso di essere immersi nell’amore e nelle emozioni profonde, ma anche una sensazione di essere sommersi dalla tristezza e dalla delusione.

    Nelle strofe successive, la cantante riconosce il dolore che ha provato, ma anche la sua capacità di trasformare questa sofferenza in qualcosa di prezioso. Ciò suggerisce una sorta di crescita personale attraverso l’esperienza difficile.

    Infine, la canzone si conclude con una ripetizione del ritornello, che enfatizza il senso di perdita e rimpianto per ciò che è stato perso. La ripetizione del verso “And you played it to the beat” suggerisce una sensazione di amarezza verso il comportamento passato dell’ex partner.

    In sintesi, “Rolling in the Deep” è una canzone potente che esplora le complesse emozioni legate alla fine di una relazione e alla lotta per trovare la forza interiore per andare avanti.

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