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  • Archive 81: recensione, trama e cast della serie TV su Netflix

    Archive 81: recensione, trama e cast della serie TV su Netflix

    Da due settimane Archive 81 – Universi alternativi di Rebecca Thomas si trova sulla cresta dell’onda tra gli spettatori di Netflix, anche in Italia – dove è comparsa con tanto di buon doppiaggio (tanto vale scriverlo a chiare lettere). Classe 1984, la Thomas è nota per il film (ispirato a Pasolini, per la cronaca) Electrick Children e per un episodio (il primo ) di Stranger Things, oltre che per questo Archive 81 prodotto e distribuito da Netflix e Atomic Monster, con Paul Harris Boardman e James Wan (Insidious, Saw: L’enigmista) come produttore esecutivo.

    VHS ritrovate, ambientazione da inizio anni 80, tensione e distorsioni temporali ci conducono in una dimensione narrativa complessa, accattivante e che si preannuncia piuttosto lunga. Ma cosa c’era in quelle videocassette?

    Trama

    Dan è un esperto di archivistica in grado di recuperare vecchi nastri di VHS d’epoca, riportandoli in condizione di poter essere visionati. Durante il proprio lavoro si imbatte nella singolare storia del condominio Visser, distrutto da un incendio ed i cui condomini sembrano scomparsi nel nulla. Una multinazionale di cui non si sa nulla nemmeno dal web, nel frattempo – la LMG – lo contatta per proporgli un restauro pagato una cifra spropositata, da svolgersi  in una casa sperduta modello Shining. Inutile sottolineare che durante il proprio lavoro succederanno strane cose: i personaggi dei filmati VHS sembrano quasi rivolgersi a lui, e la figura del padre del protagonista (prematuramente scomparso) apparirà all’interno di uno dei nastri.

    E se la LMG fosse un’enorme multinazionale di giochi da tavolo? […]

    Recensione

    La genesi dell’opera è senza dubbio curiosa perchè, tanto per cominciare, è stata prodotta sulla falsariga narrativa dell’Inferno di Dante Alighieri. Quantomeno, il riferimento è sostanziale: il protagonista si chiama Dan (T.), mentre il suo accompagnatore sarà, come si scoprirà, Virgil. Ma non solo: non mancano i personaggi di Beatrix, il cerchio (riferimento a quello dantesco) e naturalmente, essendo una serie thriller horror, Kharon, il Caron dimonio. Alla base della trama gli aspetti più inquietanti legati alle videocassette VHS (per qualche strano motivo quel formato video induce una specie di paura ancestrale) nonchè alla storia, confermata solo in parte, che alcune di esse fossero state commercializzate come snuff (ovvero filmati in cui si assiste a morti reali, di animali o persone, non sceneggiate o simulate). L’inferno di Archive 81 non sembra dissimile da quello mortifero, inquietante e a suo modo ordinario di Antrum.

    Fosse solo una serie TV modello mockumentary horror, forse, non varrebbe forse neanche la pena approfondirla: certo, i riferimenti ad elementi fondanti di film come V/H/S, The last horror movie The poughkeepsie tapes, S&MAN non sono da poco, e restano sostanziali. Ma c’è dell’altro, e basta vedere i primi trenta minuti dell’episodio pilota (su Netflix, ovviamente) per capacitarsene. Peraltro, gli stessi vengono declinati dentro Archive 81 (dove 81 fa riferimento all’anno 1981, per capirci) nel senso più paranoico possibile. Ed è chiaro che Dan è un archetipo, oltre che letteralmente dantesco, del protagonista medio di serie come Ai confini della realtà, travolto o coinvolto da un gioco più grande di lui, forse manipolato da tante scatole cinesi panottiche, in cui tutti possono spiare tutti. Nulla di diverso dal mondo qualunquista e iperconnesso in cui viviamo, in effetti, e di cui questo Archive 81 si mostra in tutta la propria preoccupazione, tensione e paranoia, per una serie che è (solo per comodità) di genere horror sovrannaturale e che, ad oggi, conta otto episodi in tutto. Molto probabilmente e come da tradizione, non si fermerà neanche a questi ultimi.

    Del resto il buon Dan, difensore della propria privacy dalle incursioni internet (come dice a più riprese lui stesso), a parte essere un personaggio romeriano – un solitario, oppresso dalla società e di etnia afro-americana, come il Duane Jones / Ben de La notte dei morti viventi –  è uno scettico convinto: non crede al sovrannaturale, lo rigetta e nasconde un passato traumatico (aveva pure un padre docente di psicologia, come se non bastasse). Un vero e proprio en plein di stereotipi psico-sociali – e, anche solo per questo, vittima designata delle peggiori sofferenze di qualsiasi opera di questo tipo.

    Opera molto diretta, pertanto, ispirata ad un sottogenere mockumentary preciso e a suo modo archetipica (nonostante l’idea di fondo non sia nuova), diretta brillantemente da una regista con le idee chiare. Girata, peraltro, riportando alla luce le narrazioni classiche di pseudo-snuff exploitativi, paranoici e gran guignoleschi come quelli citati: il mood paranoico e spaventoso non è cambiato, e farlo diventare una serie TV relativamente pop non era cosa banale.

    Tanto più se nel farlo si evitano gli eccessi dei vari filmacci qui citati, rimanendo su un equilibrio visuale e comunicativo di sostanza, che si riflette, soprattutto, in un horror lucido quanto onirico, anche solo nella trovata dei “paralleli comunicanti” mediante nastri VHS. Nastri, questi ultimi, simbolo di un tempo che non c’è più, di un filmato amatoriale che è simbolo quasi implicito di scheletro nell’armadio, filmato amatoriale come locuzione più ambigua che mai (..amatoriale in che senso?). Un cinema ritrovato on the road, parte del vissuto di ognuno di noi,un espediente narrativo in parte abusato ma che qui, nonostante tutto, si rinnova con saggezza nel gioco di ricicli del caso.

    Archive 81 è anche debitore di (ovvi?) echi ottantiani, gli stessi che serie come Stranger Things hanno saputo sfruttare (forse in vaga modalità poser, in quel caso), sulla falsariga del dubbio ancestrale che un qualche parente di qualsiasi famiglia custodisse sempre e comunque VHS atipiche nell’armadio della nonna. Ma anche solo (se preferite) del sano, classico e archetipico effetto nostalgia, lo stesso rievocato periodicamente da radio e TV – nonchè sbeffeggiato da South Park mediante la trovata dell’uva parlante, i ricordàcini.

    Effetto che in questa sede va al di là della semplice evocazione modello “si stava meglio quando si stava negli anni 80″: grazie alla trovata dei mondi paralleli alternativi, di fatto, dentro Archive 81 il sottogenere acquisisce, finalmente, nuova linfa. Suscita, a suo modo, curiosità rinnovata, anche nel pubblico meno propenso o più disilluso da mille mostri e villain considerati poco attuali o poco credibili. Il tutto anche grazie all’idea di un protagonista credibile quanto insolito, affiancato da una sorta di doppelganger femminile con cui ovviamente, si instaurerà fin da subito una sorta di legame psichico. Due protagonisti – forse volutamente, a questo punto – fuori norma, romeriani e carpenteriani a tutti gli effetti perchè multi-etnici, umani e coinvolgenti.

    Ci basta questo per farci amare, una volta tanto, una serie TV: specie noi che difficilmente le apprezziamo, in generale, siamo felici di essere smentiti.

    Cast

    Mamoudou Athie – Dan Turner
    Dina Shihabi – Melody Pendras
    Evan Jonigkeit – Samuel
    Ariana Neal
    Matt McGorry
    Martin Donovan Martin Donovan …
    Daniel Johnson Daniel Johnson …
    Kate Eastman Kate Eastman …
    Charlie Hudson III Charlie Hudson III …
    Kristin Griffith Kristin Griffith …
    Johnna Leary Johnna Leary …
    Eden Marryshow Eden Marryshow …
    Jacqueline Antaramian Jacqueline Antaramian …
    Jaxon Rose Moore Jaxon Rose Moore …
    Trayce Malachi Trayce Malachi …
    Sol Miranda Sol Miranda …
    Hilda Ivette Rodriguez Hilda Ivette Rodriguez …
    Martin Sola Martin Sola …
    Shay Guthrie Shay Guthrie …
    Gameela Wright Gameela Wright …
    Africa Miranda Africa Miranda …
    Allyson R. Hood Allyson R. Hood …
    Penelope Bauer Penelope Bauer …
    Frances Chao Frances Chao …
    Dennis Joseph Dennis Joseph …
    Georgina Haig Georgina Haig …
    Roger Petan Roger Petan …
    Robert Kwiatkowski Robert Kwiatkowski …
    Meg Hennessy Meg Hennessy …
    Nick Podany Nick Podany …
    Gilles Geary Gilles Geary …
    Zach Villa Zach Villa …
    Ellen Adair Ellen Adair …
    Michelle Federer Michelle Federer …
    Emy Coligado Emy Coligado …
    Mitzi Akaha Mitzi Akaha …
    Anaya Farrell Anaya Farrell …
    Ken Bolden Ken Bolden …
    Carla Brandberg Carla Brandberg …
    Curtis Caldwell Curtis Caldwell …
    Ebony Cunningham Ebony Cunningham …
    Jay Klaitz Jay Klaitz …
    Rosie Koster Rosie Koster …
    Angela Nicole Hunt Angela Nicole Hunt …
    Jake Andolina Jake Andolina …
    Ahlam Abbas Ahlam Abbas …
    Kaylin Horgan Kaylin Horgan …
    Teri Clark Teri Clark …
    Joseph Cannon Joseph Cannon …

    Trailer ufficiale

     

     

  • Mission mind control: il documentario della ABC che parlò per primo del progetto MK Ultra

    Farmaci per l’alterazione della personalità. Uso dell’ipnosi per scopo manipolatorio di un soggetto. Sostanze atte ad inibire temporaneamente qualsiasi movimento. Possibilità di produrre sintomi di malattie senza alcuna reale infezione (malattie simulate). Uso di allucinogeni e somministrazione ad alcuni soggetti, al fine testarne la resistenza mentale agli interrogatori e a condizioni di stress. Sono soltanto alcuni degli obiettivi che gli USA provarono a portare a termine, dal 1953 al 1977, relativamente ad uno dei progetti segreti più inquietanti mai venuti alla luce nella storia. Il progetto MKUltra (scritto a volte MK-Ultra), nome in codice di un programma di sperimentazione governativo sugli esseri umani, in seguito sciolto perchè considerato illegale e nato su iniziativa della CIA (Central Intelligence Agency).

    Una storia vera e documentata da numerose prove (più di 2 milioni di pagine di documenti declassified), più che altro a livello di bilancio di spesa (che provano, pertanto, essenzialmente che il governo USA finanziò questo genere di attività), desecretate nel 1977 su iniziativa del Freedom of information act (nonchè disponibili online nel sito TheBlackVault). Tra i film più popolari incidentalmente ispirati a questa vicenda troviamo, ad esempio, The Manchurian candidate (vecchio cult del 1962, rifatto nel 2004 con Denzel Washington protagonista), tratto dal romanzo omonimo di Richard Condon, ed incentrato sul lavaggio del cervello subito da un militare americano, indottrinato al pensiero comunista.

    Sulla falsariga della storia di MKUltra (e dei suoi sotto-progetti specializzati su vari ambiti) sono nate e si sono evolute decine di fantasie di complotto, non a caso, che sembravano ispirarsi proprio a questa storia – una delle rare storie più documentate di questo tipo. Prima di puntare, pertanto, la non falsificabilità delle fantasie complottistiche, ridurre il debunking ad una questione inter nos e minimizzare il problema ad un fatto socio-culturale, trattandolo con snobismo e polarizzando i pareri, sarebbe almeno il caso di conoscere questa storia nel dettaglio, anche perchè gli spunti di interesse sono numeri, tragici, interessanti e soprattutto realmente avvenuti.

    Screenshot tratta da alcuni documenti desecretati, https://www.theblackvault.com/documentarchive/

    Gli esperimenti di MKUltra sono diventati, per quello che vale, anche un “modello” ideale di moltissime teorie del complotto diffuse fino ad oggi. Con la differenza che in questo caso i fatti sono avvenuti sul serio: si indagava ad esempio sull’uso di LSD durante gli interrogatori, su tecniche di lavaggio del cervello e di tortura psicologica. Il programma rimase segreto per molti anni e coinvolse, come nel più inquietante dei film di fantascienza, inconsapevoli cittadini statunitensi e canadesi.Cosa resa ancora più spregevole, peraltro, dalla scelta di somministrarle alla parte debole della società: emarginati, tossicodipendenti, prostitute, in modo tale da ridurre al minimo le possibilità di ritorsioni legali.

    Frank Olson, biologo americano (1910-1953), coinvolto nelle attività di somministrazione di LSD a soggetti inconsapevoli. Morì cadendo da una finestra dell’Hotel Pennsylvania, New York, forse in stato di depressione. La vera causa della sua morte resta uno dei più controversi punti interrogativi sul progetto MK Ultra.

    La sperimentazione prevedeva, da quello che sappiamo, anche l’uso di elettroshock,  abusi sessuali e verbali, ipnosi e deprivazione sensoriale. Gran parte di quello che sappiamo ad oggi su MK Ultra, peraltro, deriva da una documentazione ufficiale estremamente frammentata (che riuscirono, almeno in parte, a far sparire per sempre), ma soprattutto da un documentario prodotto dalla ABC News (emittente TV statunitense) dal titolo “Mission Mind Control“.

    Gli ingredienti di un complotto da manuale ci sono tutti, e fa impressione come collidano con topos classici del mondo delle dietrologie: cittadini usati come cavie, esperimenti segreti per testare il controllo della mente, tecniche di manipolazione da usare per gli interrogatori ed un retaggio inquietante che fu, almeno in parte, trascinato in ambito militare USA fino ai crimini di Abu Graib, giusto per citare un caso molto noto. E soprattutto l’insabbiamento finale, l’occultamento e la distruzione delle prove di quanto era avvenuto, con una freddezza degna di un episodio di X-Files e con la differenza, sostanziale, che questi fatti sono ampiamente documentati. L’uso di LSD venne peraltro incoraggiato da parte dei dipartimenti universitari di ricerca negli USA, tanto più che qualcuno sospetta un collegamento diretto con l’utilizzo, su larga scala, della sostanza psicotropa, giusto negli anni 60 dei primi hippie e della controcultura.

    Grottescamente, a questo punto, proprio con il contributo della CIA.

    Il caso di James Thornwell, scomparso nel 1984 in seguito ad una crisi epilettica mentre era in piscina, è un ex militare USA sottoposto a dosi di LSD all’interno del progetto MK Ultra. Lo scopo ufficiale della sperimentazione era verificare se fosse possibile spingere un prigioniero a confessare a prescindere dalla sua volontà. Gli venne somministrato allucinogeno a sua insaputa durante un interrogatorio, scoprendo in seguito che la cosa si era ripetuta per 16 anni. Intentò causa al governo, chiedendo 10 milioni di dollari di danni, ma ne ottenne solo 625.000 su un fondo fiduciario. Soffrì di disordini mentali e dolori fisici per tutta la vita, e non riuscì a trovare un altro lavoro (fonte)

    Il progetto viene avviato nel 1953 dall’allora direttore della CIA Allen Dulles, con la consulenza scientifica di Gottlieb, cercando di emulare le presunte tecniche di plagio mentale attuate dal blocco sovietico contro alcuni prigionieri americani, “convertiti” alla causa del comunismo, almeno secondo le informazioni dell’epoca. MKUltra ha tentato, senza successo, di produrre una droga della verità per interrogare le spie sovietiche durante la Guerra Fredda, mediante il progetto noto come “Perfect Concussion“, tra cui l’uso di tecniche per cancellare la memoria.

    Uno degli aspetti più impressionanti di MK Ultra fu legato allo studio di tecniche per costringere un soggetto a confessare qualcosa al di là della sua volontà: fu quanto sponsorizzò a più riprese una delle anime scientifiche del progetto, il chimico Sidney Gottlieb , che approvò l’uso di LSD nel progetto, con riferimento alle tecniche controverse di “svuotamento del cervello” promosse da psichiatri come Donald Cameron.

    Un’altra vittima celebre di quel periodo (così pieno di misteri e sotto-storie trafugate in seguito) fu il tennista Harold Blauer, ricoverato in clinica per uno stato depressivo e sottoposto ad un’iniezione di MDA, all’epoca studiato come arma chimica per indurre la schizofrenia nel soggetto. Molti anni dopo, nel 1987, un tribunale condannò il governo a pagare 700 mila dollari alla famiglia di Blauer, a titolo di risarcimento per aver utilizzato l’uomo come cavia umana.

    Lo scopo di sviluppare procedure e identificare droghe psicoattive da usare per indebolire le persone e forzarnee le confessioni attraverso il lavaggio del cervello e la tortura psicologica è suggestiva e racconta una storia segreta di una nazione occidentale realmente incredibile (e non sarà nemmeno la prima volta, a dirla tutta), ma non è purtroppo esente da buchi narrativi e da lacune colmate, in molti casi, senza prove documentali.

    Al di là del tono vagamente psichedelico della ABC News, forzato sul sensazionalismo in mancanza d’altro, non si può fare a meno di notare che molti dei fatti dell’epoca sono dati per assodati per associazione di idee, e sulla base di semplici affermazioni che potrebbero essere lacunose. Come forse è avvenuto, ad esempio, in quella che viene definita la prima intervista pubblica dello psichiatra della CIA John Gittinger (artefice del modello di personalità noto come Personality Assessment System), si riferisca l’uso di LSD da parte dei sovietici da prima che ci pensassero gli USA, per quanto lo scienziato riconosca di non avere vere e proprie prove a riguardo.

    Come in una teoria del complotto della migliore fattura, quanto sappiamo su MK Ultra e sulle sue ambizioni (ambizioni che già renderebbero inquietante il tutto, figurarsi se qualche tentativo è stato realmente fatto su cavie umane, come risulta dai documenti) è comunque solo una parte dell’iceberg, e certi legami e volontà politiche in ballo probabilmente sono state cancellate per sempre dalla storia.

    La maggior parte dei documenti ufficiali su MKUltra sono stati distrutti nel 1973 per ordine del direttore della CIA Richard Helms, per cui molte delle informazioni disponibili sull’argomento è possibile che non siano totalmente esatte. È sicuro che il progetto fu finanziato e che ci furono almeno 150 sotto-progetti di ricerca seguiti direttamente dalla CIA. Il suggerimento generale è quello di vedere il video, di neanche un’ora, ricco di testimonianze dirette, omissioni forse in parte romanzate, cinismo ed autentici imbarazzi dei soggetti interpellati sul tema, che raccontano come andarono le cose. Di seguito trovate il video in questione, in versione integrale, del documentario Mission: Mind Control.

  • Cos’è LuLz: guida pratica al trolling attraverso South Park

    Nel saggio I mille volti di Anonymous l’antropologa Gabriella Coleman approfondisce la psicologia e il comportamentismo associato al gruppo hacker noto come Anonymous, in realtà espressione di gruppi differenti da ogni parte del mondo ed autentico collettivo-comune virtuale di hacker, spesso con pensieri e poliche diverse, se non contrapposte tra di loro.

    Tra le mille incursioni analizzate nel libro con dovizia di dettaglia, spicca la definizione del cosiddetto lulz, una distorsione verbale del più classico acronimo LOL (Laugh Out Loud, utilizzato in alcune chat e traducibile con la frase “rido forte” oppure “mi sto sbellicando”). Molti gruppi hacker che operano per buttare giù siti web istituzionali o provocare disagio o doxxing sui social agiscono, secondo questa idea, puramente per divertimento, in una ideologia non formalizzata che viene ben espressa dal lulz. E quando la Coleman riporta le affermazioni dei veri hacker da lei intervistati (alcuni dei quali in seguito arrestati dalla polizia americana), molti rispondono con una motivazione secca, monolotica ed avulsa ad ulteriori spiegazioni anche per un’antropologa di professione: semplicemente, “l’ho fatto per il lulz“.

    By Lulz Security’s Twitter account: [1], Fair use, https://en.wikipedia.org/w/index.php?curid=32299241
    L’ideologia alla base del lulz è un mix di pensieri di vario genere, che deve molto al pensiero anarchico nelle sue varie sfumature (non ultima quella individualista), e che tende a collocarsi nel più controverso mondo del trolling, ovvero le persone che più o meno consapevolmente concorrono nel creare – usando vari strumenti informatici e tecniche di manipolazione – disagio su internet. Ancora una volta, solo per il gusto di generare il caos, esattamente come viene fatto dal gruppo che è stato noto per anni come LulzSec, un gruppo di hacker attivisti attivo fino al 2011 (e reinventato da molti altri soggetti nel corso degli anni, anche in Italia) che non hanno mai agito per il profitto, ma solo per divertirsi a causare mayhem (ovvero, distruzione casuale) in rete. Si agisce for the lulz e tanto basta, al massimo godendosi coi popcorn in mano l’effetto eventualmente comico della propria azione (imbarazzo dei CEO delle aziende violate, accuse fantasiose o generalizzate dei politici e via dicendo), solo occasionalmente includendo un messaggio politico di protesta al proprio agire.

    Immagine tratta da https://en.wikipedia.org/wiki/LulzSec

    Sono presupposti dai quali è necessario partire per analizzare, o almeno provare a farlo, una delle puntate più epiche in assoluto di South Park, proprio perchè dedicata al mondo dei troll. Articolata in più puntate ad episodi (quasi un nuovo film di South Park, verrebbe da scrivere), parte nel secondo episodio della stagione numero 20 e finisce nell’episodio dieci.

    Il passaggio chiave avviene proprio quando la Danimarca cattura i troll ed interroga il padre di Kyle: in un delirio di onnipotenza, il CEO dell’azienda che ha causato una pesante violazione informatica ammette di “voler trollare il mondo intero“, anche perchè per farlo basterebbe “un leader politico in grado di stuzzicare la gente e farla arrabbiare“. Chiaro che, a quel punto, quel leader se ne starebbe lì a guardare mentre il mondo impazzisce, e tutto questo solo per il lulz, perchè sembra maledettamente divertente farlo.

    La storia raccontata negli episodi della stagione 20, per inciso, è quella del padre di Kyle che coltiva uno strano hobby notturno: trollare sui social VIP di ogni genere, insultando ed esibendo umorismo di cattivo gusto. Il suo comportamento, alla lunga, provoca il suicidio di un’atleta danese che aveva subito una mastectomia, e che si sente attaccata e non capita dalla rete. La conseguente reazione sarà, da parte della Danimarca, di minacciare una terza guerra mondiale, mentre un attacco informatico provocherà ulteriore caos, mettendo online in chiaro tutte le attività compiute da qualsiasi persona su internet.

    Una guerra provocata dal trolling, in effetti, specie in tempi convulsi come quelli che viviamo, assume un aspetto più realistico che sarcastico, ed è per questo che la puntata è particolarmente meritevole di visione (la trovate su Netflix, per inciso).

  • Dostoevskij: 5 film tratti da opere del genio russo a 200 anni dalla sua nascita

    A 200 anni dalla nascita di Fëdor Michajlovič Dostoevskij vale la pena ripercorrere, anche solo per qualche istante, la serie sconfinata dei più importanti film che sono legati alle sue opere letterarie.

    Fëdor Dostoevskij nasce l’11 novembre 1821 a Mosca, e venne introdotto alla letteratura in tenera età attraverso fiabe e leggende di autori russi e stranieri dell’epoca. La madre dello scrittore morì nel 1837 quando aveva 15 anni e, nello stesso periodo, lasciò la scuola per entrare all’Istituto di ingegneria militare Nikolayev. Dopo la laurea, Dostoevskij ha lavorato come ingegnere e per un breve periodo ha goduto di uno stile di vita sontuoso, dove la letteratura gli permise di guadagnare qualche extra mediante traduzioni.

    A metà degli anni Quaranta scrisse il suo primo romanzo, Povera gente, che gli valse l’ingresso nei circoli letterari di San Pietroburgo. Trascorse quattro anni in un campo di prigionia siberiano e fece sei anni di servizio militare obbligatorio, per poi dedicarsi alla carriera di giornalista. Alla fine, sulla falsariga dei suoi autori preferiti (Gogol, Shakespeare, Dickens, Hugo, Poe, Hegel, Hoffmann e Platone, tra gli altri) divenne uno degli scrittori russi più letti e apprezzati.

    Le opere letterarie di Dostoevskij esplorano la psicologia umana nelle travagliate atmosfere politiche, sociali e spirituali della Russia del XIX secolo e si confrontano con una varietà di temi filosofici e religiosi. Ed è anche normale che, nel cinema, la maggioranza delle opere tratte dai suoi libri riflettano esattamente questo spirito.

    Eccovi infine i cinque film che abbiamo scelto di riproporvi.

    Le notti bianche

    Si tratta di è un film drammatico romantico del 1957 diretto da Luchino Visconti, basato sull’omonimo racconto dell’autore russo. È stato sceneggiato per lo schermo da Visconti e Suso Cecchi d’Amico, ed è ricordato per le interpretazioni di Maria Schell, Marcello Mastroianni e Jean Marais. Il film venne osannato incondizionatamente dalla critica e dal pubblico, oltre a vincere un Leone d’argento alla XVIII Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

    Il giocatore

    By Unknown – http://www.unifrance.org/film/2314/le-joueur#&gid=1&pid=1, Fair use, https://en.wikipedia.org/w/index.php?curid=55200387

    Il giocatore è un film drammatico italo-francese dell’anno1958, diretto da Claude Autant-Lara e interpretato da Gérard Philipe, Liselotte Pulver e Françoise Rosay. I set del film sono stati progettati dal direttore artistico Max Douy, mentre il film è stato girato ai Billancourt Studios di Parigi.

    I fratelli Karamazoff

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    I fratelli Karamazov (italiano: I fratelli Karamazoff) è un film drammatico italiano del 1947, diretto da Giacomo Gentilomo e interpretato da Fosco Giachetti, Lamberto Picasso e Mariella Lotti. È basato sul romanzo del 1880 di Fëdor Dostoevskij, ed è uno dei due film tratti dal libro (l’altro è un’opera russa). Il film ha vinto due Nastro d’Argento, per la migliore sceneggiatura e per la migliore colonna sonora, mentre i set del film sono stati progettati da Alberto Boccianti.

    Delitto e castigo

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    Un operaio di un mattatoio, Antti Rahikainen (Markku Toikka), uccide un uomo. Nel frattempo una donna di un servizio di catering che è arrivata per organizzare una festa è l’unica testimone: sceglie di non chiamare la polizia, e gli dice di andarsene. Mentre la polizia gli dà la caccia, Rahikainen salta il lavoro e inizia a vagare per Helsinki, vedendo un articolo sull’omicidio sul giornale.

    Si tratta in questo caso di un film del 1983 diretto da Aki Kaurismäki. È il primo lungometraggio del regista ed è basato sull’omonimo romanzo di Fëdor Dostoevskij del 1866. Nel 1984 ha vinto due Jussi Awards: per il miglior film d’esordio e per la migliore sceneggiatura.

    L’idiota

    L’idiota (白痴, Hakuchi) è una delle tante riedizioni del libro omonimo, diretto nel 1951 da Akira Kurosawa. La versione originale del film durava ben 265 minuti ed è considerata perduta, mentre quella di cui disponiamo ad oggi è di circa 3 ore e dovrebbe essere quella più vicina alla volontà del regista. I personaggi della storia sono coinvolti in una trama complessa che ricorda una rete o un groviglio di relazioni.

    https://www.youtube.com/watch?v=8Sbpys-wk4Y

    Foto di copertina di Vasily Perov – kgHBFHS7SpcayQ at Google Arts & Culture, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=13499483

  • Come migliorare i processi aziendali con la digitalizzazione

    Per le aziende si pongono numerose sfide, soprattutto quando l’obiettivo è migliorare i processi e acquistare un certo margine di vantaggio rispetto ai competitor. Per avere la possibilità di attuare queste operazioni, è importante semplificare, ottimizzare e monitorare costantemente le risorse e i vari processi. Infatti il business può essere soggetto a vari cambiamenti, che devono essere presi come delle occasioni di crescita. È fondamentale dare valore alle richieste dei clienti e soddisfare le loro aspettative, sia nell’interazione che in termini di qualità dei prodotti o dei servizi. Per questo motivo si pone in maniera molto significativa la digitalizzazione, che può rivelarsi di grande aiuto in questo senso.

    Quali sono i processi aziendali da rendere più efficienti

    Le tecnologie innovative hanno permesso di raggiungere obiettivi molto importanti. Consentono di trovare casino online per vincere soldi veri. Danno la possibilità di attuare una gestione delle risorse in maniera più organizzata. Consentono di interagire in maniera diretta anche attraverso i canali social che internet mette a disposizione.

    La trasformazione digitale ha svolto un ruolo molto importante in questo senso, perché è riuscita a far comprendere come meglio sfruttare i cambiamenti per rendere più efficienti i processi.

    Ma quali processi in particolare? Non dobbiamo dimenticare, ad esempio, da questo punto di vista come un’importanza fondamentale è assunta dalle vendite e dal marketing, che possono essere ottimizzati e digitalizzati. E poi, per esempio, un altro settore in cui interviene la trasformazione digitale è quello della gestione dei documenti, che comprende anche la possibilità di stipulare contratti con la firma elettronica.

    Fra i processi interni sicuramente l’area finanziaria può trarre vantaggio dalla digitalizzazione, soprattutto con l’opportunità di mettere a disposizione delle informazioni più precise anche quando si tratta di analizzare e monitorare i vari processi.

    Ma sono davvero tanti i settori dell’organizzazione aziendale che possono trarre beneficio dalla trasformazione digitale. Anche le risorse umane possono trovare delle loro utilità. E poi la capacità di mappare i processi e le loro relazioni in modo da identificare quali siano le piattaforme tecnologiche più adatte alla loro gestione.

    Quali tecnologie utilizzare per l’ottimizzazione

    Da tutto ciò che abbiamo descritto è facile rendersi conto come la digitalizzazione abbia avuto un’influenza fondamentale nell’ottimizzazione di tutti i processi aziendali. Ma in particolare a che cosa si dovrebbe fare riferimento e quali tecnologie sono maggiormente utili?

    In generale possiamo dire che la tecnologia da sfruttare è quella capace di garantire la continuità operativa e di sfruttare tutte le potenzialità interne per il rafforzamento del business. Per esempio possono essere molto utili le tecnologie come AI e ML, le quali, inserite all’interno di sistemi di digital document management, consentono di verificare l’autenticità dei documenti.

    I sistemi AI e ML possono avvalersi anche di altre tecnologie, come RPA e NLP. La prima sigla indica il settore del robotic process automation. La seconda, invece, si riferisce al natural language processing.

    Tutte queste risorse possono essere importanti per venire incontro più alla soddisfazione delle esigenze dei clienti, per intraprendere una comunicazione più diretta e più veloce. Sono d’aiuto poi tutte quelle tecniche di call recording, che possono fornire anche un’interazione personalizzata con i clienti. Non dimentichiamo poi tutte quelle piattaforme che oggi puntano molto sullo smart working, non trascurando tutto ciò che riguarda l’ambito della sicurezza, per garantire trasmissione dei dati e transazioni sicure.

    La digitalizzazione dei processi in molte occasioni si pone come base fondamentale su cui costruire un trampolino di lancio che possa portare non soltanto ad una migliore organizzazione aziendale e alla sua ottimizzazione, ma anche per superare i limiti riscontrati e per lanciarsi alla conquista di nuovi mercati che possono portare a maggiori rendimenti.

    Photo by John Schnobrich on Unsplash

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