Anno 2005. Su internet fa la sua comparsa il personaggio di Pepe The Frog: una rana antropomorfa opera del vignettista Matt Furie. Classe 1979, Furie è un fumettista e illustratore americano noto principalmente per aver creato questo personaggio che – dopo una prima versione realizzata con Microsoft Paint – viene collocato all’interno della serie Boy’s Club. Furie viene dall’ Ohio, e si è laureato alla Ohio Wesleyan University. Oltre alla serie appena citato, ha lavorato su illustrazioni e libri per bambini.
In una delle prime strisce vediamo Pepe mangiare con gusto un sandwich, salvo lamentarsi di avere riflusso gastrico e finendo per vomitare sul coinquilino. Qualche tempo dopo la figura di Pepe la rana viene riadattata, in numerose forme, sulla board anonima 4chan, in modo tale che gli utenti potessero esprimere vari tipi di reaction: feels good man (sto bene), sad frog (sto male), angry pepe (sono arrabbiato), smug frog (faccio lo sbruffone), well meme’d (ottimo lavoro).
Di base, Pepe è un personaggio tranquillo e fondamentalmente pacifico, oggetto al più di un umorismo tipico dei web comic in voga nei primi Duemila.
Pepe The Frog convive con altri personaggi antropomorfi e fa della pacificazione, da quello che leggiamo, uno dei suoi tratti distintivi. All’inizio non c’era nulla di politico che ne accompagnasse l’essenza, per quanto oggi sia noti quasi esclusivamente per l’associazione a movimenti di estrema destra (probabilmente per una forma di trolling antagonista) per via dell’impianto tassonomico che hanno creato gli utenti di internet – mediante parodie, adattamenti, meme e via dicendo.
Credo che per comprendere realmente Pepe come fenomeno culturale dovresti capirlo al di fuori di me stesso come artista. La popolarità di Pepe è cresciuta su Internet grazie al tipo di remix collaborativo da parte di tutti, dalla sua reinterpretazione alla sua ricondivisione su Internet. Come creatore di Pepe, stavo soltanto facendo un po’ di art therapy per me stesso, per provare a dargli pace. […] In definitiva, spero che Pepe vivrà come un simbolo di pace e di essere una rana tranquilla e rilassata che i bambini amano condividere tra loro su Internet” (Matt Furie)
La diffusione di Pepe the Frog segue questo strano iter, per cui diventa popolare in alcune forme memetiche (su tutte, probabilmente, Feels good man), viene condivisa da VIP come Nicki Minaj e Kate Perry e dall’ambasciata russa nel Regno Unito (che ha twittato un’immagine di Smug Pepe come reazione alla notizia dell’imminente incontro tra il primo ministro britannico Theresa May e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, all’epoca eletto per la prima volta).
Le variazioni grafiche di Pepe nei più diffusi stati d’animo da parte di utenti di internet non si contano, e col tempo sono passate ad indicare qualcosa di molto diverso dalle origini.
Nel 2016 la Anti-Defamation League (una organizzazione non governativa con sede a New York, sempre attenta ai fenomeni di antisemitismo e della propaganda, per quanto oggetto a sua volta di controversie) annovera Pepe tra i simboli dell’hate speech, indicando una versione alterata del personaggio che evoca e raffigura Adolf Hitler. Un episodio a cui l’autore Furie reagisce con sgomento, provando ad avviare una campagna di rivendicazione dell’uso del personaggio, provando a diffidarne dall’uso sconsiderato. C’erano stati altri precedenti, peraltro, in quanto il personaggio era stato adottato come mascotte dal movimento alt-right che dai neonazisti white suprematist sempre su 4chan.
A rendere ancora più popolare il meme l’adozione di Pepe The Frog come simbolo politico, questa volta con le fattezze di Donald Trump: nello specifico, Pepe viene reinterpretato sulla board di politica di 4chan nota come /pol/ mentre trattiene oltre la recinzione degli immigrati messicani (all’epoca, uno dei cavalli di battaglia della propaganda trumpiana).
L’effetto di duplicazione incontrollata di massa non è nuovo, e rientra a suo modo tra le “regole” di internet. In ordine sparso:
- Regola 13 – Tutto ciò che dici potrà diventare qualcosa d’altro.
- Mai provare a invertire la tendenza perchè esiste la Regola 15: Più proverai a cambiare le cose su internet, più fallirai.
- Tutto ciò che può essere etichettato, può essere odiato (Regola 18).
- Se desideri veicolare un’idea, dovresti farlo graficamente (Regola 32) Devi avere delle immagini per dimostrare le tue affermazioni. Tutto può essere spiegato con un’immagine.
- Ma soprattutto, ogni post è un repost di un repost (regola 21-24)
Qualche tempo dopo avviene un’altro evento fondamentale: il sito Daily Beast pubblica una sorta di milestone, un’intervista in cui un utente anonimo reclama l’utilizzo politico di Pepe in contrapposizione all’utilizzo neutro fatto in passato.
L’utente dice di avere solo 19 anni, di essere un nazionalista bianco e uno studente, oltre a comunicare l’esistenza di una vera e propria campagna di appropriazione del simbolo da parte del movimento e nei confronti degli utenti normies. Il sempre illuminante Urban Dictionary ne da’ una definizione efficace: dal punto di vista degli utenti di destra il normie è l’utente conformista, che “gravita in direzione dei più comuni standard sociali“, e per il quale “la popolarità sarebbe l’unica misura accettabile del bene e del male“.
La critica è rivolta soprattutto all’idea che le persone afferenti a questa tassonomia (una classificazione arbitraria creata dagli utenti, beninteso) si possano eventualmente sentire superiori rispetto ai vari movimenti controculturali – li snobbino, in qualche modo. Il movimento esalta pertanto su questo nemico, reale o immaginario che sia, una vera e propria reazione mediante l’uso di internet, sfruttando l’anonimato che essa garantisce (originariamente garantita dal fatto che, prima dei social network, era molto più agevole creare account “realmente” anonimi). Movimenti contro-culturali che, per inciso, sono intesi come gruppi di persone che si auto-organizzano su internet, in modo spesso qualunquistico e/o diagonalista.
Di più: secondo la visione di cui sopra, i normie “cercheranno di screditare le nostre culture o scelte che esulano dal loro pensiero maggioritario, sostenendo che quelli di altre disposizioni sono malati di mente o fuori dal contatto con la realtà”. È lecito quindi combatterli e rendere loro la pariglia: questo è il senso. In quelle parole è possibile riassumere, a nostro avviso, gran parte dell’atteggiamento antagonista dei promotori di questo genere di idee (conservatorismo estremo mediante internet, a volte sulla falsariga degli scritti di autori come Nick Land e autori anarco-capitalisti come, a titolo di esempio non esaustivo, Walter Block), in grado di assimilare un (malinteso, riteniamo) spirito critico, comunque derivante da letture e reinterpretazioni selezionate rigorosamenten da internet. Il meme diventa così, ancora una volta, l’espressione esacerbata e politica di un modo di pensare estremistico da parte di nerd e geek, che si associano (e spesso si radicalizzano) mediante 4chan, Telegram e altri social network.
Tornando a Pepe The Frog, è oggi uno dei meme più diffusi e probabilmente più modificati a livello mondiale. Un meme che ha provato, ancora una volta, come il virtuale sia reale, in particolare in occasione dell’Assalto al Campidoglio del 2021 – durante il quale erano presenti vari simboli tratti dalla simbologia di 4chan, tra cui la versione politicizzata in senso destrorso di Pepe The Frog. Dopo aver provato a lanciare l’hashtag #SavePepe in cui rappresentava il personaggio in preda ad incubi per essere diventato – suo malgrado – un simbolo d’odio, nel 2017 in cui Pepe muore e gli viene fatto il funerale, con una valenza e un significato probabilmente simbolici nelle intenzioni dell’autore. Pepe sopravvive anche a questo, e continua ad essere utilizzato come simbolo politico di estrema destra.